venerdì 5 marzo 2021

[Recensione] Il sosia - Fëdor Dostoevskij

 


IL SOSIA || Fëdor Dostoevskij || Feltrinelli || Gennaio 2015 || 240 pagine

A differenza del tradizionale sdoppiamento del protagonista in un personaggio buono e uno cattivo, come in Stevenson, o dello sdoppiamento della personalità in base a contraddittorie proprietà in essa contenute, Dostoevskij crea un sosia, per così dire, mobile, cioè che muta e varia continuamente insieme con lo stesso Goljàdkin. Infatti, quando troviamo per la prima volta Goljàdkin-junior in ufficio, egli ci appare ancora timido e umile, e la sera stessa chiede aiuto a Goljàdkin-senior recitando la parte di chi chiede umilmente compassione, il che risulta molto gradito a Goljàdkin-senior. Ma il giorno seguente, dimentico dei giuramenti di amicizia, egli dà inizio alla sua subdola scalata del mondo impiegatizio, privando in tal modo l'originale di tutto ciò che quello vorrebbe ottenere, e cioè il rispetto dei colleghi, le lodi dei superiori, l'amicizia del suo antico benefattore. È notevole il fatto che Goljàdkin-junior raggiunga il suo successo grazie alla furberia e all'inganno, e cioè proprio quelle qualità che Goljàdkin-senior ama condannare negli altri. Il signor Goljàdkin-junior è allo stesso tempo simile e dissimile dal suo originale: è simile per la sua appartenenza al piccolo e arido mondo impiegatizio, per la sua brama di far carriera, di essere il migliore di tutti; invece è dissimile perché è 'un altro', un 'non io', un rivale... - Oga Belkina.

RECENSIONE

Ammetto che di Dostoevskij ho solo letto Delitto e castigo e questa è la seconda opera che leggo di questo autore russo, che scrisse in età giovanile (aveva 25 anni). Il tema principale di questo romanzo breve è quello del doppio. Un modesto impiegato di San Pietroburgo di nome Goljadkin è goffo e impacciato al lavoro e in breve si vedrà crollare tutto quanto perché, scopriremo presto, soffre di manie di persecuzione (vede nemici ovunque) soprattutto quando viene rifiutato e gettato fuori dalla casa della donna di cui è innamorato perdutamente: da quel momento, da solo in mezzo alla neve, conoscerà il suo sosia, in realtà una sua proiezione immaginaria (diremmo una sua allucinazione), che lo porterà progressivamente a impazzire.

Da una parte abbiamo un Goljadkin timido, insicuro, privo del saper comunicare, dall’altra un Goldjakin spavaldo, irrispettoso, diabolico, ribelle. Il doppio scaturisce dalla psicosi dissociativa di cui soffre il protagonista, quindi nel romanzo è presente anche il tema della malattia mentale che porta l’uomo all’annientamento della sua personalità. Altri temi sono la solitudine e l’emarginazione, infatti il protagonista è povero, misero e solo, e può solo confidare a se stesso le proprie pene.

Nonostante il tema sia affascinante la lettura di questo romanzo breve non è stata scorrevole ma un po' confusa, disordinata, a tratti non riuscivo a comprendere quello che stava accadendo, anche perché lo stesso autore utilizza molto la tecnica dei monologhi interiori, metodo molto efficace per descriverci l'aumentare della confusione mentale del protagonista. L'autore comunque è bravo nel descriverci questa malattia, questa insofferenza che cresce sempre di più nel protagonista fino all'epilogo in cui viene spedito dal suo medico al manicomio. E poi l'ambientazione è cupa, nevica sempre, umida, aiuta a far smarrire ancora di più la follia del povero Goljadkin.