lunedì 29 gennaio 2024

[Recensione] Maigret e l'affittacamere - Georges Simenon

 


MAIGRET E L'AFFITTACAMERE || Georges Simenon || Adelphi || 2002 || 164 pagine

L'ispettore Janvier si è beccato una pallottola in pieno petto mentre sorvegliava la pensione di rue Lhomond dove vive un certo Paulus, che qualche giorno prima ha rapinato con una pistola giocattolo un localino di Montparnasse. Dopo aver escluso quasi subito che sia stato il giovane ladruncolo, il commissario Maigret decide di venire a capo della faccenda: lo ha promesso al povero Janvier e a sua moglie, che aspetta il terzo figlio e ogni giorno va a trovarlo in ospedale con gli occhi pieni di lacrime.

RECENSIONE

Stavolta Maigret si trova con uno dei suoi ispettori preferiti, Janvier, ferito da un proiettile di pistola e decide di trasferirsi in una camera nella pensione a Montparnasse (approfittando anche del fatto che sua moglie era andata ad accudire la sorella malata) dove Janvier stava appostato dove stavano indagando per un furto. E così il commissario si ritrova circondato dalla vita quotidiana dei vari vicini che osserva dalla sua finestra, come nel celebre film La finestra sul cortile di Hitchcock. La pensione è diretta dalla signorina Clement la quale, scopriremo ben presto, anche lei ha qualcosa da nascondere (sotto al letto). Mentre il commissario inizia a conoscere le abitudini dei vari personaggi che abitano nella pensione e nelle case vicine, resta colpito dalla casa di fronte dove abita la signora Françoise Boursicault la quale è costretta a letto.

Simenon rimane un grande narratore, su questo non ci sono dubbi, ma questa indagine non mi ha colpito tanto, anzi l'ho trovata un po' noiosetta.


mercoledì 24 gennaio 2024

[Recensione] La linea d'ombra - Joseph Conrad

 


LA LINEA D'OMBRA || Joseph Conrad || Garzanti || 2008 || 126 pagine

La "linea d'ombra" conradiana non è solo quella che si deve oltrepassare per lasciare indietro la giovinezza e addentrarsi nella maturità. Essa affonda nell'inconoscibile, nel "perturbante", è una sottile linea di demarcazione, sempre presente, mai visibile. Il giovane capitano di mare protagonista di questo romanzo, che è ritenuto tra i migliori di Conrad, la oltrepassa per un istante quando, sedendosi nella poltrona della sua cabina di comando, vede in un lampo la lunga sequela dei volti che vi si sono seduti prima di lui. Di colpo egli coglie la propria immagine nello specchio del regresso infinito, un volto che dal passato s'inabissa nel futuro del proprio invecchiamento e lo induce a intraprendere un viaggio al cuore dell'esperienza della vita.

RECENSIONE

Il protagonista di questo romanzo è un giovane ufficiale che riesce finalmente a realizzare il suo sogno: guidare una nave tutta per sé col grado di capitano. Ma la traversata sarà piena di contrattempi.

La prima cosa che mi ha colpito durante la lettura di questa opera è la conoscenza marinara dell'autore, sia quando ci descrive le varie parti della nave o delle vele sia le varie azioni durante la navigazione. Si vede quando un romanzo è scritto da un vero uomo di mare come nel caso di Conrad. Poi colpisce certamente lo stile di scrittura che è a dir poco spettacolare. Nel romanzo è evidente che il protagonista sta maturando, e si trova nel passaggio di quella linea d'ombra che richiama il titolo, ovvero quel momento della vita che ti porta dalla giovinezza all'età adulta. I problemi che egli dovrà affrontare non riguarda soltanto le tempeste sul mare o la malattia che colpisce l'equipaggio, ma anche l'ostilità del primo ufficiale che si vede arrivare un nuovo capitano quando in realtà avrebbe voluto esserlo lui.

In realtà Conrad ci fa capire che l'avversario, il nemico da superare non è tanto la nave in burrasca, la forza scatenata dagli elementi, ma l'incontro con le proprie debolezze, con i propri limiti. Tutto l'equipaggio è in balia dei propri fantasmi, soprattutto hanno paura del fantasma del precedente capitano che era morto proprio in quel tratto di mare.


lunedì 15 gennaio 2024

[Recensione] Il giocatore - Fedor Dostoevskij

 


IL GIOCATORE || Fedor Dostoevskij || Feltrinelli || 2020 || 230 pagine

Quella che Dostoevskij tratteggia nel Giocatore è una vera e propria radiografia letteraria del vizio del gioco, un'istantanea dei modi in cui il demone dell'azzardo può possedere uomini e donne di ogni età ed estrazione sociale. Un'istantanea così vivida da spingere Sergej Prokofiev a trasporla in musica, dando vita a un caposaldo della lirica novecentesca. Nella fittizia cittadina tedesca di Roulettenburg va in scena, attorno a un totem fatto di fiches e casinò, un vero e proprio carosello di figure, dal giovane precettore Aleksej al vecchio generale, dall'anziana, ricchissima nonnina al cialtronesco marchese des Grieux, dalla graziosa Polina alla misteriosa mademoiselle Blanche. Succede di tutto, eppure nulla cambia e chi, come Aleksej, è posseduto dal gioco potrà guarire e redimersi, sì, ma solo "da domani".

RECENSIONE

La cosa "divertente" di questo libro è già il solo fatto che l'autore, Dostoevskij, l'ha scritto e pubblicato proprio per pagare dei debiti di gioco che aveva accumulato. Insomma egli conosceva molto bene il vizio del gioco che può portarti alla bancarotta!

Il protagonista del romanzo è un giovane precettore russo, Aleksej Ivanovic, che vive in Germania e ama il gioco d'azzardo. Ben ci viene descritta la follia del gioco, il fatto che non riesci più a prendere possesso di te stesso e delle tue decisioni ma, al contrario, è la ludopatia che comanda ogni tua mossa e ti distrugge, ti toglie ogni dignità. Mi ha dato molto fastidio come Aleksej sia così invaghito di Polina (che non se lo fila per nulla) da essere pronto, per lei, a compiere qualunque cosa, anche la più stupida o ridicola. E la stessa rabbia ti viene quando finalmente riesce a vincere tanti soldi e subito arriva chi se ne approfitta, come la madamoiselle Blanche che non ci pensa due volte a mollare il generale e subito irretisce col suo fascino il povero Aleksej che, naturalmente, ci casca come un pollo.

Il personaggio comunque che spicca di più e che mi ha fatto divertire è stata certamente la nonna Antonida Vasil'evna Tarasevičeva la quale, con tanto di servitori, si fa trascinare comodamente sdraiata sul sofà dappertutto e impazzisce anche lei per il gioco alla roulette.

Se cercate una lettura di un classico veloce e scorrevole allora ve lo consiglio.

Non solo alla roulette, ma dappertutto gli uomini non fanno che togliersi o vincersi qualcosa a vicenda.


mercoledì 10 gennaio 2024

[Recensione] Il mistero del treno azzurro - Agatha Christie

 


IL MISTERO DEL TRENO AZZURRO || Agatha Christie || Mondadori || 2017 || 266 pagine

Il lussuoso Treno Azzurro unisce nella notte Londra con la Costa Azzurra, trasportando i protagonisti dell’alta società, miliardari americani, nobili europei, ereditiere e investigatori famosi come Hercule Poirot. Tra di loro anche la giovane e bella Ruth Kettering, figlia del miliardario Van Aldin. Per lei, è l’ultimo viaggio: all’arrivo a Nizza, infatti, viene ritrovata strangolata nel suo scompartimento. Gli indiziati sono numerosi: il marito, l’amante, un’avvenente ballerina, un imprendibile ladro internazionale. La polizia brancola nel buio, ma non Poirot…

RECENSIONE

Sei anni prima di Assassinio sull'Orient Express Agatha Christie aveva già ambientato un omicidio su un treno, in questo caso il Treno Azzurro detto anche il Treno dei Miliardari, un treno notturno per membri dell'alta società che aveva solo carrozze letto e vagone ristorante che partiva la sera da Calais (a beneficio anche dei viaggiatori provenienti dall’Inghilterra) per giungere al mattino a Mentone, dopo aver toccato Parigi, Lione e le famose località della Costa Azzurra. Devo ammettere che nei primi capitoli ci vengono presentati diversi personaggi e la cosa non mi ha incoraggiato molto, fino all'apparizione del nostro Poirot. Nel senso che ho provato un po' di confusione ma da quando avviene il delitto allora si entra nella trama e si cerca di capire chi sia stato (e naturalmente io mi sono sbagliato per l'ennesima volta, è inutile tanto ormai so che non ci azzecco mai!). Come in ogni giallo non posso soffermarmi su quello che succede, ma posso affermare che mi ha intrattenuto ed è questo lo scopo di un buon giallo.

sabato 6 gennaio 2024

[Recensione] Pnin - Vladimir Nabokov

 


PNIN || Vladimir Nabokov || Adelphi || 1998 || 187 pagine

Nella carrozza semideserta di un treno che corre attraverso la campagna siede un uomo dalla grande testa calva, forte di torace e con un paio di gambette sottili su cui ricadono i calzini allentati di lana scarlatta a losanghe lilla. Il passeggero solitario altri non è che il professor Timofej Pavlovic Pnin, esule negli Stati Uniti e titolare di un corso di lingua russa all’Università di Waindell, in viaggio per recarsi a tenere una conferenza presso il circolo femminile di un’altra località della sterminata provincia americana. Ma il professor Pnin – tradito dalla sua passione per gli orari ferroviari, che lo ha indotto a ignorare ogni suggerimento e a elaborare personalmente il proprio itinerario – si trova sul treno sbagliato. Comincia così, in modo emblematico, il ritratto ironico e affettuoso, esilarante e patetico di uno di quei personaggi che Nabokov sa disegnare con arte insuperata: un buffo émigré caparbiamente determinato a ricercare l’impossibile adattamento a un’altra civiltà, in lotta impari con un mondo in cui tutto – lingua, ambiente, gli oggetti stessi – pare rivoltarglisi contro. Perde tutte le sue battaglie, Pnin: con l’ex moglie Liza, ormai inesorabilmente «americana»; con il figlio Victor, nel cui personalissimo e un po’ lunare universo non riesce a far breccia; con le beghe e mene e manovre accademiche del campus, dalle quali uscirà sopraffatto; persino con la piccola comunità dei suoi compatrioti, chiusa nelle proprie diatribe meschine e nel disperato tentativo di reiterare un passato irripetibile. Anche Pnin si rifugia talvolta, oniricamente, in quel passato: e sono pagine mirabili, affidate a una gamma di intonazioni che trascorre dalla pura comicità alla malinconia.

RECENSIONE

Il professor Pnin è un tipo sbadato, distratto, impacciato, inciampa sempre, goffo, ma di animo buono e gentile. A me ha ricordato molto Pippo, l'amico di Topolino (ma anche Mr. Bean) ad esempio quando sbaglia a fare un regalo e butta la palla dalla finestra, o quando sbaglia addirittura treno. Pnin è russo ed è emigrato in Francia e poi in America dove insegna letteratura russa in un'università di provincia, conosce l'inglese ma lo pronuncia a modo suo, e nonostante sua moglie lo ha lasciato per un altro lui continua ad aiutarla economicamente. La storia procede di capitolo in capitolo come se fossero dei racconti a se stanti, di volta in volta presentandoci una scena o una vicenda della vita di questo simpatico professore immigrato. Alla fine comprendiamo che lui resta sempre un incompreso, un emarginato in questa società americana (materialista, individualista e competitiva), e Nabokov riesce maestosamente a rendere questa malinconia che prova questo uomo dall'animo buono.

Devo ammettere che Nabokov scrive in modo raffinato, elegante, piacevole.

P.S.: Pnin ci tiene a sottolineare che Anna Karenina non comincia un giovedì, bensì un venerdì, esattamente venerdì 23 febbraio 1872.