venerdì 19 febbraio 2021

[Recensione] La zattera di pietra - José Saramago

 


LA ZATTERA DI PIETRA || José Saramago || Feltrinelli || 13 ottobre 2010 || 285 pagine

A Cerbère, sui Pirenei Orientali, improvvisamente la terra si spacca, seminando panico e terrore tra gli abitanti. Non si sa per causa di chi o di che cosa, ma ben presto si crea lungo tutto il confine tra Francia e Spagna una frattura così profonda che la Penisola iberica resta disancorata dal continente europeo e, trasformatasi in un'enorme zattera di pietra, inizia a vagare nell'Oceano Atlantico, verso altri orizzonti e un ignoto destino. Sulla zattera, che rischia di speronare le Azzorre, i protagonisti sono costretti a fare i conti con la loro favolosa e fatale condizione di naviganti, in un clima di sospesa magia, tra eventi miracolosi e oscuri presagi. Le antiche rivali, Spagna e Portogallo, da sempre tenute ai margini dell'Europa, ora che non sono più vincolate a essa potrebbero dirigersi verso l'Africa e le Americhe, cui le lega un antico patrimonio comune di lingua e cultura. La zattera di pietra è la storia di questa incredibile e avventurosa navigazione, scritta con divertita fantasia e con una straordinaria invenzione di grandi e piccoli prodigi. In più, nella metafora delle due nazioni alla deriva, si può leggere in filigrana anche la riflessione sul mancato processo di integrazione europea, cui si contrappone un possibile nuovo mondo, il frutto di un'inedita solidarietà atlantica e di una nuova identità dei popoli iberici sganciati finalmente dai vincoli del Vecchio Mondo.

RECENSIONE

Di José Saramago, fino a un mese fa, avevo letto soltanto Cecità, allegoria della incapacità di vedere che domina l’uomo e lo porta a forme estreme di abiezione. Un romanzo distopico e spiazzante, dove tutti i protagonisti, improvvisamente, diventano ciechi e cercano di sopravvivere. Quando, un mese fa, mi è toccato di scegliere la lettura mensile del gruppo di lettura di cui faccio parte, inizialmente non mi era venuto in mente Saramago, ma altri autori. Ma il destino aveva già scelto diversamente, e per motivi tecnici quegli autori che avevo scelto non erano disponibili in libreria. Allora la mia mente andò a lui: scelsi La zattera di pietra ed era reperibile. E così oggi ho terminato la lettura di questo incredibile romanzo. La prima cosa che colpisce di Saramago è il suo stile e la sua genialità: egli sembra basare i suoi romanzi, oltre che su un'ipotesi allucinata e insieme comprensibile, sull'arte del parlare addosso alle cose, quasi seppellendole di frasi non necessarie, di arguzie della sintassi e di sfide alla suscettibilità del lettore. Bisogna esser predisposti a lasciarsi mettere a soqquadro credo e spiritualità (nel senso più ampio e meno catechistico possibile del termine) da un bisturi indiscreto e piuttosto sadico. Ogni situazione diventa un grimaldello nelle mani di un giocoliere abilissimo e molto umano, ma troppo compiaciuto delle sue acrobazie intellettuali e della sua stessa supponenza, fino a farne gioco letterario. Un po’ perché è scritto in una sorta di stream of consciousness interrotto solo da virgole, un po’ perché è talmente corale che si disperde di continuo, questo romanzo di Saramago è più impegnativo di quanto le sue 300 pagine lascino pensare. Il romanzo sull'avaria e sulla solitudine esistenziale della penisola iberica diventa un terreno minato per un lettore stanco o per quello sprovveduto, a danno della stessa visione d'insieme, che offre spunti interessanti: è proprio ne La zattera di pietra che diventa palese come l'anomalia non si risolva tanto nel caso bizzarro e allucinatorio alla base di ciò che chiameremmo "trama". Il grottesco esplode, semmai, nel pulviscolare disperdersi degli altri, dei paesi sani e ben piantati alla loro posizione geopolitica, in un teatrino di frasi dette per tacere e contraddirsi, in un disporsi di cannoni caricati a non-sense e balorda viltà umana e divina. Hai l'impressione di giocare a Risiko su un tavolo che dovresti ricostruire tu con le tessere di un puzzle, mentre il pezzo principale, il paese che devi difendere, va spostandosi e tutto il quadro si deve ricomporre attorno tra le maree del caso. C'è del genio, ce n'è molto, in questa fantasia cosmica, né mi disturba affatto la sua amarezza (tutt'altro che disperata, come certa pubblicistica sintetizza con troppa facilità le prospettive atee). Ma è un genio che si rifiuta di mettersi in discussione, baloccandosi solo nel gusto di farlo e nella sua elaboratissima retorica. I sentimenti e le passioni, le emozioni, perfino, rappresentate qui con sincerità e una maestria meritevole dei suoi riconoscimenti e oltre, meritano ben altra autenticità di quella che si aggrappa a questa zattera di pietra.
In un’estate di un imprecisato passato la penisola iberica è attraversata da strani prodigi: cani privi di corde vocali, solchi sul terreno che non si cancellano… Questi eventi restano conosciuti solo dai pochi diretti interessati finché si verifica un fatto incredibile e sconvolgente: l’intera penisola si stacca dall’Europa all’altezza dei Pirenei e comincia a vagare per l’oceano seguendo rotte del tutto imprevedibili. Le circostanze straordinarie riuniscono cinque personaggi, tre uomini e due donne, che danno inizio ad un viaggio attraverso la “zattera di pietra” alla deriva. Il cammino, cominciato un po’ per gioco e un po’ per caso, finisce per diventare il nuovo senso delle vite di questi uomini e di queste donne tra cui si crea, nei mesi, un legame molto profondo che coinvolge anche un cane e due cavalli.
Come in Cecità vediamo gli uomini e le donne di fronte ad una catastrofe tanto più grande di loro, incomprensibile e ingovernabile, che il più delle volte scatena reazioni egoiste e violente, in qualche raro caso invece produce la compassione e l’affetto.
Leggere Saramago, inutile negarcelo, è molto impegnativo: L’uso insolito della punteggiatura, che per esempio non distingue nettamente le battute dei personaggi, richiede un lettore costantemente vigile; inoltre la narrazione è sempre estremamente densa, poiché l’autore non rinuncia mai ad inserire i propri commenti e giudizi e impegnativi interventi metanarrativi. Tuttavia chi ama Saramago è disposto ad affrontare queste difficoltà e accetta anche qualche virtuosismo linguistico e logico eccessivo, di cui lo scrittore evidentemente si compiace. In cambio il lettore può godere di una storia surreale e avvincente, che parla alla mente più che al cuore eppure è capace di improvvise e toccanti note di sentimento mentre non cessa mai di far riflettere mettendo in discussione tutte le nostre facili certezze morali, religiose, sociali, politiche. E di regalarci qualche saggia massima sul senso della vita.
La zattera di pietra appare la grande metafora della scrittura saramaghiana: una scrittura capace di raffigurare, inventare, mutare e conservare il mondo e le sue eterne configurazioni nel continuo avvicendarsi di nuove separazioni e di nuovi congiungimenti, nel continuo sconvolgimento e superamento di frontiere che delimitano e limitano cose e persone
Oltre a ricordare che Saramago ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1998, egli è stato definito il più autentico rappresentante europeo del realismo fantastico latino-americano.