venerdì 29 luglio 2022

[Recensione] Il senso di Smilla per la neve - Peter Høeg

 


IL SENSO DI SMILLA PER LA NEVE || Peter Høeg || Mondadori || 1996 || 446 pagine

"C’è un freddo straordinario, 18 gradi Celsius sotto zero, e nevica, e nella lingua che non è più la mia la neve è qanik, grossi cristalli quasi senza peso che cadono in grande quantità e coprono la terra con uno strato di bianco gelo polverizzato" - inizia così questo suggestivo e malinconico romanzo, che potrebbe essere un giallo senza esserlo fino in fondo, ma che soprattutto è un lirico omaggio al freddo, alle nevi di territori ostili all’uomo, a una civiltà in via di estinzione. La vicenda ruota intorno a un personaggio femminile, Smilla, avvolto nella solitudine e nello sradicamento; per metà danese e per metà inuit, Smilla conosce almeno dieci modi per dire "neve". Ma non solo: come altri possiedono il senso di Dio, lei possiede uno speciale senso per la neve. Ed è per questo che la tragica caduta del piccolo Esajas da un tetto innevato non può apparire come un banale incidente a chi conosce a fondo l’elemento e come le impronte vi lascino i loro solchi. Mentre Copenhagen si prepara per il Natale, Smilla comincia un’indagine ai confini del mondo, alla ricerca di una verità nascosta forse sotto la calotta polare.

Recensione

Ho trovato il tempo di leggere questo best seller degli anni 90 e ricordo, da bambino, che ne sentivo parlare ma ai tempi non ero ancora un lettore di libri ma di fumetti. Per fortuna adesso sto recuperando pian piano anche questi classici del vicino passato.

Smilla è una 37enne groenlandese che vive a Copenaghen e avviene una cosa davvero terribile: il suo amico e vicino di casa, un bambino, viene trovato morto. Inizialmente viene archiviato come suicidio, ma subito Smilla si accorge che ci sono delle cose che non vanno: in realtà è un omicidio!

Non mi aspettavo di avere tra le mani una sorta di thriller/giallo, e la cosa mi ha sorpreso piacevolmente. Smilla si improvvisa detective pur di smascherare il colpevole, e ci riesce benissimo: lei ha una particolarità: riesce a leggere la neve, e per questo scopre che le impronte lasciate sul tetto dal piccolo Esajas sono di fuga da qualcuno che forse voleva acciuffarlo e lui per spingersi fin sul tetto, che soffriva di vertigini, era una cosa insolita e lo ha fatto per paura, una paura irrazionale. Per lei Esajas era quasi un figlio, veniva sempre a trovarla, dormiva e mangiava da lei, passavano tanto tempo insieme. E nonostante rischierà più volte di essere uccisa non si fermerà nelle indagini per smascherare chi ha osato eliminare quel piccolo innocente bambino e scaverà nel passato del padre, morto anche lui in modo misterioso.

Ripeto, mi è piaciuta la storia, mi ha appassionato, non a caso l'ho divorato in quattro giorni nonostante le oltre 400 pagine. La protagonista è vero che potrebbe risultare antipatica, antisociale, forse anche presuntuosa, ma è proprio questo suo carattere che le permetterà di non fermarsi ai primi ostacoli delle indagini.

Forse qualcuno di voi riterrà le mie 4 stelline su 5 un voto troppo alto, ma da quando recensisco libri qua sui social ho capito una cosa: il voto non è inerente soltanto alla trama e allo stile dell'autore, ma comprende anche quanto una storia ti prende: e quindi chiamiamolo anche un voto di pancia e ci sta tutto.