lunedì 25 marzo 2024

[Recensione] I vigliacchi - Josef Škvorecký

 


I VIGLIACCHI ||  Josef Škvorecký || Rizzoli || 1958 || 345 pagine

Siamo nel maggio del 1945, a Kostalec, una cittadina cecoslovacca. L'esercito tedesco è in rotta e le truppe sovietiche sono ormai vicine. I maggiorenti di Kostalec, che stanno organizzando la "rivoluzione", hanno formato una specie di governo provvisorio e un quasi farsesco esercito nazionale, non tanto per combattere i tedeschi, quanto per mantenere l'ordine (il proprio ordine) contro la minaccia di una rivoluzione vera. Ai momenti di euforia della popolazione, che ha già imbandierato la città e cancellato le scritte naziste, si alternano momenti di panico e anche di sangue, fino all'arrivo dei russi. Tutto ciò nelle otto giornate in cui è suddiviso il libro, che Škvorecký immagina scritto dal protagonista stesso. Questi fa parte di un gruppo di ragazzi e di ragazze i quali sono riusciti a formare un'orchestrina jazz che occupa interamente, insieme con l'amore, la loro esistenza. Soprattutto per il protagonista, Danny, il jazz e Irena sono l'unico ideale concepibile di vita per cui valga la pena di ribellarsi contro il vecchio conformismo. Trascinato anche lui nella "rivoluzione" dal proclama del governo provvisorio, puntualmente registra nel diario i suoi pensieri e le sue imprese, che lo vedono prima come obbediente pattugliatore inquadrato regolarmente nei ranghi, poi "sparatore" irregolare. Tali imprese sono tuttavia compiute non per difendere un ideale (la patria o la rivoluzione), ma semplicemente per far bella figura davanti a Irena.
Intorno ai protagonisti si muove un fitto coro di personaggi: i nobili della città, chiusi nel Castello, indaffarati nei preparativi della fuga; i prigionieri inglesi e mongoli; le SS superstiti; il generale sovietico che si presenta sorridente sulla tribuna del comitato d'onore ove è accolto dalla raffica del mitra di un attentatore sfortunato. Il generale è pronto a freddarlo, sempre sorridendo, con un colpo di pistola.

RECENSIONE

Ci troviamo in una piccola città cecoslovacca, Kostelec, alla fine della Seconda guerra mondiale, esattamente nel mese di maggio del 1945. Questo paesino è nel caos perché i tedeschi non se ne sono andati del tutto, i comunisti sono già presenti e potrebbe nascere una rivoluzione ceca. Se non bastasse, vi sono anche un gran numero di prigionieri di guerra (zingari sfollati e vittime dei campi di concentramento liberati dalla prigionia) i quali si diffondono a sciami per la cittadina alla ricerca di cibo e letti.

Il protagonista che ci narra la sua storia in una sorta di diario giornaliero (otto giorni) è un giovane sassofonista, Danny, che ha solo due pensieri: la sua cotta per Irena (non corrisposta perché lei già è impegnata con un altro) e il jazz, infatti fa parte di una piccola banda jazz. Danny ci guiderà nella sua vita quotidiana fatta di prove musicali, paura che arrivino i russi, pattugliamenti e innamoramenti.

L'autore, Josef Škvorecký, in questo romanzo ci mostra quanto la guerra sia una bestia assurda e difficile da capire e da affrontare dalle persone normali: i capi della città sono dei codardi, parlano di rivoluzione e poi al momento del bisogno hanno paura di attaccare i tedeschi o anche i comunisti (è anche vero che non sono soldati quindi rischierebbero di rimetterci la pelle!).


sabato 9 marzo 2024

[Recensione] Ferito a morte - Raffaele La Capria

 


FERITO A MORTE || Raffaele La Capria || Mondadori || 2016 || 238 pagine

«Testimonianza vibrante di quegli irripetibili anni Cinquanta napoletani e italiani – teneri e sfacciati, avviticchiati e svaniti come i giri di un cavatappi – e fedelissima alle loro sfumature più dolorosamente superficiali ed effimere, Ferito a morte è anche un classico. È un libro straordinario, che fonde perfettamente natura e storia, coerenza strutturale della costruzione narrativa e impalpabile poesia del fluire della vita, percezione sensibile e critica politica, l'istante atemporale dell'epifania esistenziale e la storicità (entrambi incarnati in una Napoli mitica e reale), pessimismo e felicità, compresenti nel cuore come nella seduzione del mare, fisicità immediata e riflessione.» Claudio Magris

RECENSIONE

Ci sono delle letture che ti fanno male, come il titolo ci suggerisce, è questo testo ne è un esempio: ti ferisce a morte. Cosa ti ferisce? La consapevolezza che quando si è giovani tutto è possibile, credi di poter toccare il cielo con un dito, di poter conquistare il mondo, di poter fare qualsiasi cosa. E poi ti accorgi che hai un nemico alle spalle, che ti presenterà il conto prima o poi e di cui non potrai mai sbarazzarti: il tempo. Il tempo scorre, inevitabile, lentamente o velocemente a seconda delle sensazioni, e ti ruba la giovinezza una volta per sempre. Ciò che un tempo ci faceva divertire e volare, quando diventi grande ti porta alla noia. E qual è la migliore occasione che tutti ricordiamo di quando eravamo felici e spensierati? Le estati al mare coi nostri amici, naturalmente.

Personalmente questa lettura mi ha spiazzato, ma credo sia l'intenzione dell'autore: c'è tutto, un mix di flash back, di ricordi, di desideri non realizzati, di flussi di coscienza, al punto che la trama scompare e ti rimangono le sensazioni, perché questa è una tempesta di sensazioni.

Il protagonista è un ragazzino che deciderà di andare via da Napoli e per poi ritornarvi ormai da adulto. Il ferito a morte si riferisce a una cotta, a un colpo di fulmine che Massimo avrà da ragazzino e che lo segnerà per sempre. Ci viene descritta una Napoli ricca di vita, di voci, di caos, una città che è sia un rifugio che un punto di fuga. Sarà lo sguardo di quella ragazza, di quell'amore mai corrisposto a continuare a tornare alla mente di Massimo, a continuare a ferirlo nonostante sia ormai diventato un uomo adulto, e questa malinconia del passato è molto presente. La spigola che il ragazzino prova a prendere nell'incipit ma che gli sfuggirà già ci presenta quella che sarà la delusione di quella cotta, di quella storia che non nascerà.

Purtroppo io non amo molto le narrazioni che sono un unico flusso di coscienza e per questo la storia non mi ha segnato tanto. Ritengo sia davvero difficile descrivere questo libro, ricco di sensazioni, di poesia, di anime alla ricerca (di piacere o di un senso di vita), di ricordi, di luci e di ombre. Sicuramente è un testo che riprenderò in futuro, che comunque ha bisogno di più letture per essere compreso appieno.

Ha vinto il prestigioso Premio Strega nel 1961.


lunedì 4 marzo 2024

[Recensione] Le sabbie di Marte - Arthur C. Clarke

 


LE SABBIE DI MARTE || Arthur C. Clarke || Mondadori || 2014 || 203 pagine

La prima nave di linea regolare fra i pianeti, l'Ares, è al suo viaggio inaugurale. Porta su Marte, tra gli altri, lo scrittore di fantascienza Martin Gibson, che sarà testimone delle dure lotte dei pionieri per colonizzare il pianeta: un mondo quasi privo di vegetazione e poverissimo di ossigeno, sul quale uomini coraggiosi combattono per rendere migliore quella che considerano la loro nuova patria. Pubblicato nel 1951, dieci anni prima del volo di Gagarin, e già l'anno seguente tradotto in Italia per inaugurare la gloriosa collana "Urania", "Le sabbie di Marte" è un romanzo visionario e avvincente che ha saputo anticipare gli sviluppi tecnologici e scientifici dei decenni successivi. Clarke dimostra di essere non solo uno straordinario profeta dei viaggi spaziali, ma anche, e soprattutto, un grande scrittore, capace di restituirci con mirabile immediatezza la suspense e l'emozione del viaggio di esplorazione, la piccolezza delle ambizioni umane trapiantate sul nuovo pianeta e la grandezza d'animo dei pionieri della colonizzazione marziana.

RECENSIONE

Finalmente riesco a leggere il primo romanzo pubblicato dalla collana Urania - che da poco ha spento le 70 candeline e si conferma la collana di fantascienza in Italia più longeva -, ovvero Le sabbie di Marte (The Sands of Mars, 1951) di Arthur C. Clarke.

Uno dei sogni dell'uomo è sempre stato quello di spingersi oltre, di superare l'ignoto, sia geografico che spirituale. In questo caso Clarke ci parla di una spedizione di astronauti che arrivano su Marte, il pianeta che in molti romanzi di fantascienza l'umanità ha tentato di terraformare per poterci anche abitare come una sorta di seconda Terra (che poi non è un'idea tanto campata in aria, visto che ci sono interessanti e seri studi su questa ipotesi). E atterrato sul pianeta Rosso il protagonista, uno scrittore e giornalista, proverà a documentare tutti quei passi in avanti che gli uomini, ormai divenuti marziani, stanno compiendo per appunto rendere abitabile quel misterioso pianeta pieno di sabbie rosse. 

Che dire, leggere questo romanzo, uno dei primi mi pare di Clarke, ti fa emozionare, soprattutto perché traspare il sense of wonder dell'autore che aveva negli anni 50, emerge quell'ottimismo che si aveva nella tecnologia come strumento per migliorare il mondo e l'umanità (oggi, purtroppo, si ritorna a parlare di bombe atomiche e sembra davvero che l'uomo non impari mai dai suoi precedenti "errori"). Clarke è sempre una garanzia, anche se il suo stile ancora risulta acerbo rispetto alle opere che scriverà successivamente, ma godibile ugualmente. 

Se ve lo state chiedendo ve lo dico: sì, ci sono anche i marziani originali.


sabato 17 febbraio 2024

[Recensione] I diamanti sono per sempre - Ian Fleming

 


I DIAMANTI SONO PER SEMPRE || Ian Fleming || Adelphi || 2014 || 247 pagine

Chi conosce i libri di Ian Fleming sa che l'agente 007, in realtà, indaga sempre e soltanto sulle ossessioni private del suo autore. Come, qui, il commercio internazionale di diamanti, che Flem­ing scoprì leggendo un lungo pezzo uscito nel 1954 sul «Sunday Times» a proposito di un traffico di preziosi fra New York e la Sierra Leone (gli stessi set del romanzo), e poi dedicandosi quasi per un anno a ricerche e interviste negli Stati Uniti. A leggerlo bene, I diamanti sono per sempre è quindi una specie di reportage romanzesco, e una delle sorprese che ci riserva sono le maniacali descrizioni di bar, ristoranti, alberghi, motel, autostrade, deserti americani: polaroid estremamente nitide, che messe l'una accanto al­l'altra raccontano un sogno che poco a poco si trasforma in un incubo – ad a­ria condizionata. Poi arrivano le sorprese che in fondo ci aspettiamo, come i crudeli rituali e le infernali macchinazioni della malavita americana, ricostrui­ti con la demoniaca precisione cui Fleming ci ha abituato. Un quadro già complesso, ma quando entra in scena la Bond Girl più spiccia e sentimentale di tutte, Tiffany Case, le cose si complicano quasi troppo – persino per Bond.

RECENSIONE

Stavolta il nostro agente segreto 007 James Bond viene inviato in America, precisamente a Las Vegas, dove indagherà su un commercio di diamanti (sintetizzando molto). 

In questa quarta avventura di Bond (li sto leggendo in ordine cronologico) ritroviamo i nemici, la bond girl di turno, e il cattivo che si è costruito un paese stile western con tanto di stazione e locomotiva personale. E poi l'immancabile casinò, corse di cavalli truccate, sparatorie durante la seduta ai fanghi, ma stavolta ho trovato un Bond sottotono, come se fosse stato costretto a portare a compimento quella missione per ritornarsene subito nella sua amata Londra. 

Direi che stavolta ci serve una licenza non per uccidere, ma per annoiarci di meno.




sabato 10 febbraio 2024

[Segnalazione] Elizabeth Finch - Julian Barnes

Affascinante senza essere manipolatoria, rigorosa ma mai dogmatica, elegante seppure austera, irriducibilmente anticonvenzionale, eternamente sfuggente: così è Elizabeth Finch, docente del corso di «Cultura e civiltà» al college. Il suo carisma e la forza delle sue idee sono destinati a segnare per sempre il modo di pensare dei suoi studenti. O almeno di uno di essi. Questa è la storia che lui ci racconta. Ma, come direbbe Elizabeth Finch, «travisare la propria storia è parte dell'essere una persona». Il «Re dei Progetti Incompiuti», secondo la definizione della figlia adolescente, Neil si porta appresso un bagaglio di insuccessi lungo una vita: un'ambizione attoriale frustrata, due matrimoni falliti. Ma a quella prima lezione del corso di «Cultura e civiltà», tanti anni prima, il giorno in cui fece la conoscenza della docente Elizabeth Finch, Neil ebbe la sensazione di essere arrivato, per una volta, nel posto giusto. Sobria nell'abbigliamento, esatta nel dire e cristallina nel pensare, fumatrice incallita e insofferente del comune sentire, Elizabeth Finch – EF per la classe – incuneò fin da subito il grimaldello del libero pensiero nelle quiete coscienze dei suoi studenti, mai trattati come «oche all'ingrasso» da infarcire di nozioni, ma coinvolti in un continuo processo socratico di collaborazione, spesso caustico ma mai sprezzante, e fatalmente fertilizzato dall'elisir del carisma. Impossibile, per i discenti, non perdersi in congetture sulla sua inespugnabile vita privata e non restare colpiti dalle sue idee sulla Creazione: «Il mondo è male organizzato, perché Dio l'ha creato da solo. Avrebbe dovuto consultare qualche amico: uno il primo giorno, un altro il quinto, un altro il settimo, allora sì che sarebbe stato perfetto», sull'amore: «Esiste una parola più mistificante, abusata, fraintesa, più estensibile a livello di significati e di propositi, più contaminata dagli sputacchi di miliardi di lingue bugiarde, della parola "amore"? E c'è qualcosa di più scontato che lamentarsi di tutto questo?», sul pensiero unico: «Monoteismo. Monomania. Monogamia. Monotonia. Niente di buono inizia con questo prefisso», o su ogni altra area del sapere e del sentire, antico e moderno. Odiarla o amarla, non c'è alternativa. Neil rientra da subito nella seconda categoria, e vi rimane per decenni dopo la fine del corso, sposando il suo metodo critico e infine facendosi carico del suo progetto incompiuto: quello sulla figura di Flavius Claudius Julianus, ovvero Giuliano l'Apostata, l'ultimo imperatore romano non cristiano, la cui sconfitta in battaglia determinò l'instaurarsi a Roma del monoteismo ai danni di tutte le altre religioni e dunque, a detta di EF, la chiusura della mentalità europea e la fine della gioia. Neil ha ormai i capelli grigi quando si addentra nelle carte della sua antica maestra e forse amica, in cerca di verità mai svelate. Eppure Elizabeth Finch l'aveva avvertito fin dall'inizio: «Artificio, rigore, verità. Artificio non come opposto della verità ma spesso come sua manifestazione, ciò che lo rende irresistibile».

Dal 9 gennaio 2024 in libreria.

L'AUTORE

Julian Barnes è nato a Leicester. Vincitore del Somerset Maugham Award, il Prix Médicis, lo Shakespeare Prize, l'Ordre des Arts et des Lettres, il David Cohen Prize for Literature e il Premio Malaparte, con Il senso di una fine ha vinto il Man Booker Prize 2011. Fra le sue opere, tutte in corso di pubblicazione per Einaudi, sono a catalogo: Una storia del mondo in 10 capitoli e 1/2, Oltremanica, Amore, ecc., England, England, Amore, dieci anni dopo, Arthur e George, Il senso di una fine, Evermore, Livelli di vita, Il pappagallo di Flaubert, Metroland, Il rumore del tempo, Il porcospino, Prima di me, L'unica storia, Guardando il sole, Con un occhio aperto, Il pedante in cucina, L'uomo con la vestaglia rossa, Niente paura e Elizabeth Finch.

venerdì 9 febbraio 2024

[Segnalazione] Alma - Federica Manzon

Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”.A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere.I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà.Federica Manzon scrive un romanzo dove l’identità, la memoria e la Storia – personale, familiare, dei Paesi – si cercano e si sfuggono continuamente, facendo di Trieste un punto di vista da cui guardare i nostri difficili tentativi di capire chi siamo e dov’è la nostra casa.Lei non saprebbe dire dove sta la sua appartenenza, neanche la sua città lo si è pensata sempre parte di una nazione che non era la sua, immaginava l’Austria, sognava il regno degli slavi, e perfino la nazione garibaldina, ma poi è rimasta estranea a tutto e soprattutto a se stessa.

Dal 16 gennaio 2024 in libreria.

L'AUTRICE


Federica Manzon (Pordenone, 1981) ha pubblicato i romanzi Come si dice addio (2008) e Di fama e di sventura (premio Rapallo Carige 2011 e premio Selezione Campiello 2011). Nel 2015 ha curato il volume I mari di Trieste (Bompiani). Con Feltrinelli ha pubblicato La nostalgia degli altri (2017).

giovedì 8 febbraio 2024

[Segnalazione] Le piccole storie della locanda Kamogawa - Kashiwai Hisashi

Nelle stradine di Kyoto si alternano rivenditori di tonache buddiste, botteghe di souvenir, palazzi di uffici. Poi, in un vicolo di Shomen-dori, c'è il ristorante un luogo caldo, appartato. Un posto dove riassaporare i propri ricordi. Dopo Le ricette perdute del ristorante Kamogawa, il secondo, stupefacente capitolo dei detective del Kamogawa Nagare e sua figlia Koishi. Onodera aprí la porta e, facendosi piccino, si rivolse a una ragazza.- Mi scusi, è questo il ristorante Kamogawa?- Sí, vuole pranzare?- Volentieri, ma sarei qui per un'indagine, - replicò Onodera, porgendole il suo biglietto da visita.- Si accomodi, signor Onodera. Mi chiamo Kamogawa Koishi e sono a capo dell'ufficio investigativo, - si presentò la giovane con un lieve inchino. - Del pranzo se ne occuperà mio padre.

A gestire il ristorante Kamogawa, ormai da anni, ci sono un padre e una figlia, conosciuti a Kyoto come gli investigatori degli enigmi culinari, poiché abilissimi nel rintracciare gli ingredienti perfetti per i piatti del cuore di ogni come Kitano Kyosuke, nuotatore olimpionico ossessionato dal bento all'alga nori preparatogli dal padre ogni giorno; o Takeda Kana, giornalista gastronomica che vorrebbe scoprire il segreto del cibo preferito di suo figlio, all'apparenza un semplice hamburger; oppure Onodera Katsuji, che sogna di mangiare ancora una volta la soba cinese che ordinava a una bancarella e rivivere cosí certi istanti della sua giovinezza. Tra tofu, germogli di bambú, tè matcha, alga wakame e decine di altri sapori, sarà lo chef Nagare ad aiutarli, scovando le ricette che cercavano e gettando una luce tutta diversa sui momenti piú significativi delle loro vite.

Dal 16 gennaio 2024 in libreria.

L'AUTORE

Kashiwai Hisashi è nato nel 1952 ed è cresciuto a Kyoto. Ha lavorato come giornalista e consulente televisivo. È autore della serie sul Ristorante Kamogawa, composta da sette libri e da cui è stata tratta una serie tv. Per Einaudi ha pubblicato Le ricette perdute del ristorante Kamogawa (2023) e Le piccole storie della locanda Kamogawa (2024).

mercoledì 7 febbraio 2024

[Recensione] La prima indagine di Montalbano - Andrea Camilleri

 


LA PRIMA INDAGINE DI MONTALBANO || Andrea Camilleri || Mondadori || 2004 || 340 pagine

Montalbano ha trentacinque anni, è un uomo adulto, ma nella professione sconta ancora qualche ingenuità, non è così astuto, smaliziato come siamo abituati a conoscerlo. E c'è chi è pronto ad approfittarne... L'archeologia di Montalbano e le sue prime esperienze nel mondo del crimine narrate in tre lunghi racconti.

RECENSIONE

Montalbano ha trentacinque anni, è un uomo adulto, ma nella professione sconta ancora qualche ingenuità, non è così astuto, smaliziato come siamo abituati a conoscerlo. E c'è chi è pronto ad approfittarne... L'archeologia di Montalbano e le sue prime esperienze nel mondo del crimine narrate in tre lunghi racconti, dal titolo Sette lunedì, La prima indagine di Montalbano e Ritorno alle origini. Qui troveremo Montalbano all'inizio della sua carriera, che intreccia una relazione non con la ben nota Livia, ma con una certa Mery; e il teatro delle sue indagini non è la solita Vigàta, ma uno sperduto paesino di montagna della Sicilia più segreta dal buffo nome di Mascalippa... Tra misteriose uccisioni di animali, ragazze troppo silenziose e troppo intriganti e il finto rapimento di una bambina, quello che risulta sempre familiare è l'incorruttibile carattere di Montalbano, con qualche intemperanza giovanile in più...

Non avevo mai letto nulla di Andrea Camilleri. E di questo un po' me ne vergogno. Ma un giorno, mentre ero nel mio solito giro in libreria (giro che diventa sempre più raro vista la mancanza di piccioli e visto anche che la mia lista di libri acquistati cresce sempre di più ed è giunta l'ora di ridurla) mi sono soffermato su questo libro: La prima indagine di Montalbano di Andrea Camilleri. Folgorazione. Il mio sesto senso mi dice che è arrivato il momento di leggere qualcosa di Camilleri e mica una cosa qualsiasi, bensì proprio la prima indagine del celebre Commissario Montalbano. Detto fatto, l'ho acquistato. Povere le mie tasche... E così, dopo aver gustato questi tre racconti lunghi, non posso dire altro che Camilleri è uno scrittore straordinario: ironico (ridevo da solo come un matto), pieno di trovate divertenti, appassionante come i migliori romanzi gialli, ti fa usare il cervello e ti senti accompagnare lo stesso commissario Montalbano nelle sue particolari indagini. Dalla lettura di Camilleri traspare il suo grande amore per la Sicilia (lui è originiario di Porto Empedocle nell'agrigentino) e ti fa vedere il lato buono della Sicilia stessa, che nella realtà non è tutta mafia e omertà ma invece un popolo di gente onesta che combatte per affermare la propria libertà e legalità. Grande Camilleri, non vedo l'ora di assaporare altre sue appetitose opere come, ad esempio, La scomparsa di Patò.


martedì 6 febbraio 2024

[Segnalazione] Cani di paglia nell'universo - Ye Chun

Sixiang ha dieci anni, eppure sa bene quanto possa essere capricciosa – e letale – l’acqua. L’anno prima un tifone ha colpito il suo villaggio, nelle campagne cinesi, e lei, la mamma e la nonna si sono dovute rannicchiare in tinozze galleggianti, le pance sempre più vuote, schivando rami, detriti, mobili, cadaveri bluastri. Ora, pigiata in una stiva insieme a una donna che l’ha comprata per un sacchetto di riso, Sixiang non sa cosa aspettarsi dal futuro e dal luogo in cui approderà, Montagna d’Oro, dove l’attende una nuova famiglia, o almeno così dice la madam. Sopra, sotto e in tutte le direzioni, c’è solo acqua. Montagna d’Oro: la terra dell’abbondanza, della ricchezza. La terra in cui nessuno muore di fame. La terra che anni prima il padre di Sixiang ha sognato e raggiunto, senza riuscire più a tornare. L’unica cosa che la bambina possiede di lui è una foto, arrivata da oltreoceano proprio il giorno della sua nascita. La stessa foto, avvolta in un fazzoletto di seta, che adesso Sixiang spera la guidi nel viaggio alla ricerca di quel che resta della sua famiglia. Perché Sixiang sa che Montagna d’Oro è ben diversa da quello che tutti raccontano. È il luogo in cui scompare la gente. Il luogo delle persone dai mille colori e dalle strade di ferro, che i cinesi come suo padre stanno aiutando a costruire. Ma anche un luogo dove ai cinesi come suo padre i bianchi tagliano le trecce, e gliele avvolgono attorno al collo. Come un cappio.

In libreria dal 6 febbraio 2024.

L'AUTRICE

Ye Chun è una scrittrice e traduttrice bilingue sinoamericana. La raccolta di racconti con cui ha esordito, Hao, è stata nella longlist dell’Andrew Carnegie Medal for excellence in Fiction nel 2022. È anche autrice di due raccolte poetiche, Travel over Water e Lantern Puzzle. Nel 2024 esce per Neri Pozza Cani di paglia nell'universo.

lunedì 5 febbraio 2024

[Recensione] L'estate incantata - Ray Bradbury

 


L'ESTATE INCANTATA || Ray Bradbury || Mondadori || 2019 || 267 pagine

Cosa può succedere nel breve arco di una estate? Niente che valga la pena di essere raccontato se è una estate come tante! Ma se si tratta di una estate magica possono accadere molte cose, e meravigliose. Così è per Douglas Spaulding, ragazzino di 12 anni: a partire dal giugno 1928 conoscerà molte cose sul significato del mondo che lo circonda, sui desideri che nascono e muoiono, sul senso dei sentimenti, sulla piccole gioie quotidiane e sulle emozioni irripetibili.
Il ragazzo che si congederà dall’estate 1928 non sarà più il bambino che l’accolse.

RECENSIONE

Ray racconta la sua infanzia, esattamente nell'estate del 1928. Tra zie che comprano una macchina elettrica, tram incantati, vini di denti di leone, pranzi della nonna, scoperte di vita e di morte, l'autore ci fa viaggiare in un universo che appartiene ad ognuno di noi: l'infanzia piena di sensazioni nuove, scoperte inattese e gioiose, che portano a crescere e che non si ripeteranno più. Un libro molto poetico, che consiglio ai romantici e ai nostalgici di un tempo che fu.


domenica 4 febbraio 2024

[Segnalazione] Fili d'ombra - Christian Guay-Poliquin

In una magnifica foresta canadese, tra felci lussureggianti e cespugli minacciosi, un uomo solo cammina verso il capanno dove la sua famiglia si è rifugiata dopo un blackout generalizzato. Dimenticati i rigori dell’inverno, in una terra diventata di nessuno, la natura si sta riprendendo lo spazio che le compete e muoversi diventa via via più difficile, anche perché sui sentieri battuti imperversano bande di disperati pronti a tutto. In preda alla paura, alla fame e alla sete, l’uomo sta per arrendersi a questa selva oscura quando incontra un ragazzino. Dimostra dodici anni, sembra non avere paura di niente, e si unisce a lui come se lo conoscesse da sempre. Insieme proseguiranno il cammino e, nell’abbraccio di un paesaggio sontuoso e malevolo, sperimenteranno modi inediti per sopravvivere, sperare, e perfino per amare. Nella prosa esatta, minuziosa, ferocemente asciutta di Guay-Poliquin, prende vita un romanzo palpitante e attualissimo, che rivisita i classici della sopravvivenza nella natura e, attraverso una storia avventurosa e commovente, si interroga sul significato più profondo– e non convenzionale – dell’essere famiglia.

In libreria dal 6 febbraio 2024.

L'AUTORE

Nato in Québec nel 1982, Christian Guay-Poliquin è considerato uno degli autori più promettenti della letteratura canadese contemporanea. Con Il peso della neve (Marsilio 2019), tradotto in oltre quindici lingue, ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il prestigioso Gouverneur général.



 

sabato 3 febbraio 2024

[Recensione] Un tramonto a Parigi - Jenny Colgan

 


UN TRAMONTO A PARIGI || Jenny Colgan || Piemme || 2014 || 412 pagine

Nell'ora in cui il sole sorge su Pont Neuf - il ponte dei lucchetti - e le stradine di Parigi cominciano pian piano a risvegliarsi, Anna Trent è già al lavoro: immersa nel profumo di zucchero e cacao, inventa e prepara le sue creazioni di cioccolato finissimo. Deliziose prelibatezze che abbelliranno la vetrina dell'antica bottega dove ha cominciato da poco a lavorare, per poi finire sulle tavole imbandite delle più belle case di Parigi. Ma questa passione, per Anna, è cominciata molto prima - a casa sua, nel Nord dell'Inghilterra, e nella fabbrica di cioccolato industriale dove un brutto incidente ha imposto una fermata obbligatoria alla sua vita, facendole perdere il lavoro e l'allegria. Ma quando tutto sembra perduto, c'è sempre Parigi. E così, grazie all'aiuto della cara, vecchia professoressa di francese - l'unica materia in cui Anna aveva qualche voto decente - addio pioggerella fine e insistente dei sobborghi inglesi, addio cioccolato industriale... Nella bottega del maestro cioccolataio Thierry la vita ha un altro sapore, e i sogni anche. Riuscirà Anna a realizzarli tutti, compreso quello di trovare il grande amore? La sola cosa che sa per certo, mentre al tramonto passeggia per le viuzze della città, è che quando Parigi chiama, l'amore risponde.

RECENSIONE

La storia di due ragazze inglesi che, in tempi diversi, hanno conosciuto l'amore a Parigi. Unico comun denominatore: la prima (nel passato) si innamora di un bravo pasticcere cioccolataio, la seconda (contemporanea) si innamora di suo figlio. Il tutto ambientato a Parigi. E alla fine ci sono pure alcune ricette dell'autrice.

Che dire, una storia che facilmente si dimentica, banale, a tratti noiosa, personaggi poco caratterizzati, anzi direi per niente, molte parti inutili, la stessa Parigi appare come una città normale, anzi, quasi fantasma. Se consigliarlo? Se amate gli harmony non vi piacerà tanto, anche le parti (poche) in cui si fa sesso o non sono scritte o sono scritte male.


venerdì 2 febbraio 2024

[Segnalazione] Misterioso omicidio a Tokyo - Tetsuya Honda

Chi era Kenichi Takaoka? Tutto ciò che resta di lui è la piccola impresa edile che gestiva nei sobborghi di Tokyo, il suo minivan, abbandonato sulla sponda del fiume Tama, e una mano. Mozzata e ritrovata per caso in un parcheggio. È la detective Reiko Himekawa della polizia di Tokyo a occuparsi del macabro ritrovamento, e della probabile indagine per omicidio che ne conseguirà, insieme all'ispettore Kusaka, suo nemico giurato. Le cose non sono facilissime per Reiko: troppo giovane e bella per non subire fastidiose discriminazioni in polizia, troppo talentuosa per non attirarsi le antipatie dei colleghi. Il mistero di Kenichi Takaoka sembra destinato a rimanere tale, finché dal fiume affiora quello che ha tutte le sembianze di un torso umano. Ma quando dalle indagini emerge che il corpo non è di Takaoka, e che quest'ultimo, a sua volta, aveva delle lontane ma certe connessioni con la Yakuza, le cose si complicano. E per la detective Himekawa la posta in gioco diventa pian piano sempre più alta...

Dal 6 febbraio in libreria.

L'AUTORE

Tetsuya Honda è uno dei maggiori autori giapponesi. Pluripremiato e con quasi cinque milioni di copie vendute solo in patria, è celebre per i gialli della serie con protagonista la detective della Omicidi di Tokyo Reiko Himekawa. In Italia è pubblicato da Piemme.


giovedì 1 febbraio 2024

[Recensione] L'arte di correre - Haruki Murakami

 


L'ARTE DI CORRERE || Haruki Murakami || Einaudi || 2011 || 157 pagine

Quando, nel 1981, Murakami chiuse Peter Cat, il jazz bar che aveva gestito nei precedenti sette anni, per dedicarsi solo alla scrittura, ritenne che fosse anche giunto il momento di cambiare radicalmente abitudini di vita: decise di smettere di fumare sessanta sigarette al giorno, e - poiché scrivere è notoriamente un lavoro sedentario e Murakami per natura tenderebbe verso una certa pinguedine - di mettersi a correre. Da allora, di solito scrive quattro ore al mattino, poi il pomeriggio corre dieci o più chilometri. Qualche anno più tardi si recò in Grecia dove per la prima volta percorse tutto il tragitto classico della maratona. L'esperienza lo convinse: da allora ha partecipato a ventiquattro di queste competizioni, ma anche a una ultramaratona e a diverse gare di triathlon. Scritto nell'arco di tre anni, "L'arte di correre" è una riflessione sulle motivazioni che ancora oggi spingono l'ormai sessantenne Murakami a sottoporsi a questa intensa attività fisica che assume il valore di una vera e propria strategia di sopravvivenza. Perché scrivere - sostiene Murakami - è un'attività pericolosa, una perenne lotta con i lati oscuri del proprio essere ed è indispensabile eliminare le tossine che, nell'atto creativo, si determinano nell'animo di uno scrittore. Al tempo stesso, questo insolito libro propone però anche illuminanti squarci sulla corsa in sé, sulle fatiche che essa comporta, sui momenti di debolezza e di esaltazione che chiunque abbia partecipato a una maratona avrà indubbiamente provato.

RECENSIONE

Vi sembrerà strano ma invece di comprare 1Q84 di Murakami ho preso L'arte di correre. Perché? Prima di tutto perché mi attirava il titolo, in secundis perché non volevo iniziare un suo romanzo ma una sua opera diciamo meno impegnativa come questa che è una sorta di diario di viaggio. Qui l'autore giapponese ci narra la sua personalissima esperienza di corridore e anche di scrittore, cose che entrambe lo affascinano e che nella sua vita combaciano in maniera perfetta. Mi è piaciuto. E molto. Murakami scrive senza censura, come se parlasse con se stesso, e in effetti ci rivela nella prima pagina "la regola vuole che un vero gentiluomo non parli delle sue ex fidanzate, né delle tasse che paga [...] Io, però, non sono un gentiluomo, quindi del galateo me ne infischio. Tuttavia provo un leggero imbarazzo a scrivere questo libro, benché non si tratti di un manuale di igiene fisico-mentale, ma di un testo sulla corsa a piedi [...] Voglio solo fare alcune riflessioni, o forse un soliloquio, su ciò che ha significato per me, per la mia persona, praticare la corsa per tutto questo tempo". Intanto scopriamo che Murakami, quando corre, ascolta la musica. Soprattutto i Lovin' Spoonful, Carla Thomas, Otis Redding, Eric Clapton, Rolling Stones, Vernon Duke, Brian Adams e molti altri.

Il testo di Murakami fissa il periodo di tempo che va dall'estate del 2005 fino all'autunno del 2006. L'autore ci parlerà come un compagno di corsa, svelandoci la sua vita privata, i suoi gusti letterari, come sono nati i suoi primi romanzi, le fatiche e le gioie che gli ha riservato la vita. Ed è bello come ci descrive proprio il suo primo approccio alla scrittura: "Stavo per compiere trent'anni. Ero arrivato a un'età in cui non potevo più definirmi "un giovane". Così ho concepito il proposito di scrivere dei romanzi - una cosa che non mi era mai passata per la mente prima di allora. [...] Era il 1° aprile 1978, verso l'una e mezzo del pomeriggio. Quel giorno, seduto sulla gradinata dello stadio di Jingu, guardavo una partita di baseball bevendo una birra. [...] Hilton fece una battuta a terra lungo la linea sinistra del campo - il suono secco della palla contro la mazza risuonò nello stadio - poi a velocità pazzesca girò la prima base e si fermò sulla seconda. Ecco, fu in quel momento che mi colpì il pensiero 'voglio scrivere un romanzo'. [...] Mi recai in una cartoleria di Shinjuku, comprai una risma di fogli e una stilografica da circa mille yen. Un piccolo investimento di capitale. Questo succedeva in primavera, in autunno avevo finito di scrivere un'opera di duecento fogli da quattrocento caratteri. Mi sentivo molto soddisfatto. [...] E' il romanzo che venne poi pubblicato con il titolo Ascolta la canzone nel vento. Ciò che mi interessava era la scrittura in sé, non tanto che il libro vedesse o meno la luce".

Adesso cito alcune frasi del libro che a me sono molto piaciute: "Ciò che mi interessa è se riesco o meno a raggiungere gli obiettivi che io stesso mi sono prefisso. [...] Scrivere un libro è un po' come correre una maratona, la motivazione in sostanza è della stessa natura: uno stimolo interiore silenzioso e preciso, che non cerca conferma in un giudizio esterno. [...] L'essenziale è superare anche di poco il livello raggiunto in precedenza. [...] Una persona riesce a costruire la propria personalità e a preservare la propria autonomia proprio perché è differente da tutte le altre. [...] Quando faccio qualcosa, qualunque essa sia, se non mi ci dedico anima e corpo non concludo nulla, sono fatto così. [...] Bene o male sono arrivato alla laurea, ma non rammento di aver mai trovato, nemmeno una volta, qualche attrattiva nello studio. [...] Non si può essere simpatici a tutti, la verità è questa".


lunedì 29 gennaio 2024

[Recensione] Maigret e l'affittacamere - Georges Simenon

 


MAIGRET E L'AFFITTACAMERE || Georges Simenon || Adelphi || 2002 || 164 pagine

L'ispettore Janvier si è beccato una pallottola in pieno petto mentre sorvegliava la pensione di rue Lhomond dove vive un certo Paulus, che qualche giorno prima ha rapinato con una pistola giocattolo un localino di Montparnasse. Dopo aver escluso quasi subito che sia stato il giovane ladruncolo, il commissario Maigret decide di venire a capo della faccenda: lo ha promesso al povero Janvier e a sua moglie, che aspetta il terzo figlio e ogni giorno va a trovarlo in ospedale con gli occhi pieni di lacrime.

RECENSIONE

Stavolta Maigret si trova con uno dei suoi ispettori preferiti, Janvier, ferito da un proiettile di pistola e decide di trasferirsi in una camera nella pensione a Montparnasse (approfittando anche del fatto che sua moglie era andata ad accudire la sorella malata) dove Janvier stava appostato dove stavano indagando per un furto. E così il commissario si ritrova circondato dalla vita quotidiana dei vari vicini che osserva dalla sua finestra, come nel celebre film La finestra sul cortile di Hitchcock. La pensione è diretta dalla signorina Clement la quale, scopriremo ben presto, anche lei ha qualcosa da nascondere (sotto al letto). Mentre il commissario inizia a conoscere le abitudini dei vari personaggi che abitano nella pensione e nelle case vicine, resta colpito dalla casa di fronte dove abita la signora Françoise Boursicault la quale è costretta a letto.

Simenon rimane un grande narratore, su questo non ci sono dubbi, ma questa indagine non mi ha colpito tanto, anzi l'ho trovata un po' noiosetta.


mercoledì 24 gennaio 2024

[Recensione] La linea d'ombra - Joseph Conrad

 


LA LINEA D'OMBRA || Joseph Conrad || Garzanti || 2008 || 126 pagine

La "linea d'ombra" conradiana non è solo quella che si deve oltrepassare per lasciare indietro la giovinezza e addentrarsi nella maturità. Essa affonda nell'inconoscibile, nel "perturbante", è una sottile linea di demarcazione, sempre presente, mai visibile. Il giovane capitano di mare protagonista di questo romanzo, che è ritenuto tra i migliori di Conrad, la oltrepassa per un istante quando, sedendosi nella poltrona della sua cabina di comando, vede in un lampo la lunga sequela dei volti che vi si sono seduti prima di lui. Di colpo egli coglie la propria immagine nello specchio del regresso infinito, un volto che dal passato s'inabissa nel futuro del proprio invecchiamento e lo induce a intraprendere un viaggio al cuore dell'esperienza della vita.

RECENSIONE

Il protagonista di questo romanzo è un giovane ufficiale che riesce finalmente a realizzare il suo sogno: guidare una nave tutta per sé col grado di capitano. Ma la traversata sarà piena di contrattempi.

La prima cosa che mi ha colpito durante la lettura di questa opera è la conoscenza marinara dell'autore, sia quando ci descrive le varie parti della nave o delle vele sia le varie azioni durante la navigazione. Si vede quando un romanzo è scritto da un vero uomo di mare come nel caso di Conrad. Poi colpisce certamente lo stile di scrittura che è a dir poco spettacolare. Nel romanzo è evidente che il protagonista sta maturando, e si trova nel passaggio di quella linea d'ombra che richiama il titolo, ovvero quel momento della vita che ti porta dalla giovinezza all'età adulta. I problemi che egli dovrà affrontare non riguarda soltanto le tempeste sul mare o la malattia che colpisce l'equipaggio, ma anche l'ostilità del primo ufficiale che si vede arrivare un nuovo capitano quando in realtà avrebbe voluto esserlo lui.

In realtà Conrad ci fa capire che l'avversario, il nemico da superare non è tanto la nave in burrasca, la forza scatenata dagli elementi, ma l'incontro con le proprie debolezze, con i propri limiti. Tutto l'equipaggio è in balia dei propri fantasmi, soprattutto hanno paura del fantasma del precedente capitano che era morto proprio in quel tratto di mare.


lunedì 15 gennaio 2024

[Recensione] Il giocatore - Fedor Dostoevskij

 


IL GIOCATORE || Fedor Dostoevskij || Feltrinelli || 2020 || 230 pagine

Quella che Dostoevskij tratteggia nel Giocatore è una vera e propria radiografia letteraria del vizio del gioco, un'istantanea dei modi in cui il demone dell'azzardo può possedere uomini e donne di ogni età ed estrazione sociale. Un'istantanea così vivida da spingere Sergej Prokofiev a trasporla in musica, dando vita a un caposaldo della lirica novecentesca. Nella fittizia cittadina tedesca di Roulettenburg va in scena, attorno a un totem fatto di fiches e casinò, un vero e proprio carosello di figure, dal giovane precettore Aleksej al vecchio generale, dall'anziana, ricchissima nonnina al cialtronesco marchese des Grieux, dalla graziosa Polina alla misteriosa mademoiselle Blanche. Succede di tutto, eppure nulla cambia e chi, come Aleksej, è posseduto dal gioco potrà guarire e redimersi, sì, ma solo "da domani".

RECENSIONE

La cosa "divertente" di questo libro è già il solo fatto che l'autore, Dostoevskij, l'ha scritto e pubblicato proprio per pagare dei debiti di gioco che aveva accumulato. Insomma egli conosceva molto bene il vizio del gioco che può portarti alla bancarotta!

Il protagonista del romanzo è un giovane precettore russo, Aleksej Ivanovic, che vive in Germania e ama il gioco d'azzardo. Ben ci viene descritta la follia del gioco, il fatto che non riesci più a prendere possesso di te stesso e delle tue decisioni ma, al contrario, è la ludopatia che comanda ogni tua mossa e ti distrugge, ti toglie ogni dignità. Mi ha dato molto fastidio come Aleksej sia così invaghito di Polina (che non se lo fila per nulla) da essere pronto, per lei, a compiere qualunque cosa, anche la più stupida o ridicola. E la stessa rabbia ti viene quando finalmente riesce a vincere tanti soldi e subito arriva chi se ne approfitta, come la madamoiselle Blanche che non ci pensa due volte a mollare il generale e subito irretisce col suo fascino il povero Aleksej che, naturalmente, ci casca come un pollo.

Il personaggio comunque che spicca di più e che mi ha fatto divertire è stata certamente la nonna Antonida Vasil'evna Tarasevičeva la quale, con tanto di servitori, si fa trascinare comodamente sdraiata sul sofà dappertutto e impazzisce anche lei per il gioco alla roulette.

Se cercate una lettura di un classico veloce e scorrevole allora ve lo consiglio.

Non solo alla roulette, ma dappertutto gli uomini non fanno che togliersi o vincersi qualcosa a vicenda.


mercoledì 10 gennaio 2024

[Recensione] Il mistero del treno azzurro - Agatha Christie

 


IL MISTERO DEL TRENO AZZURRO || Agatha Christie || Mondadori || 2017 || 266 pagine

Il lussuoso Treno Azzurro unisce nella notte Londra con la Costa Azzurra, trasportando i protagonisti dell’alta società, miliardari americani, nobili europei, ereditiere e investigatori famosi come Hercule Poirot. Tra di loro anche la giovane e bella Ruth Kettering, figlia del miliardario Van Aldin. Per lei, è l’ultimo viaggio: all’arrivo a Nizza, infatti, viene ritrovata strangolata nel suo scompartimento. Gli indiziati sono numerosi: il marito, l’amante, un’avvenente ballerina, un imprendibile ladro internazionale. La polizia brancola nel buio, ma non Poirot…

RECENSIONE

Sei anni prima di Assassinio sull'Orient Express Agatha Christie aveva già ambientato un omicidio su un treno, in questo caso il Treno Azzurro detto anche il Treno dei Miliardari, un treno notturno per membri dell'alta società che aveva solo carrozze letto e vagone ristorante che partiva la sera da Calais (a beneficio anche dei viaggiatori provenienti dall’Inghilterra) per giungere al mattino a Mentone, dopo aver toccato Parigi, Lione e le famose località della Costa Azzurra. Devo ammettere che nei primi capitoli ci vengono presentati diversi personaggi e la cosa non mi ha incoraggiato molto, fino all'apparizione del nostro Poirot. Nel senso che ho provato un po' di confusione ma da quando avviene il delitto allora si entra nella trama e si cerca di capire chi sia stato (e naturalmente io mi sono sbagliato per l'ennesima volta, è inutile tanto ormai so che non ci azzecco mai!). Come in ogni giallo non posso soffermarmi su quello che succede, ma posso affermare che mi ha intrattenuto ed è questo lo scopo di un buon giallo.

sabato 6 gennaio 2024

[Recensione] Pnin - Vladimir Nabokov

 


PNIN || Vladimir Nabokov || Adelphi || 1998 || 187 pagine

Nella carrozza semideserta di un treno che corre attraverso la campagna siede un uomo dalla grande testa calva, forte di torace e con un paio di gambette sottili su cui ricadono i calzini allentati di lana scarlatta a losanghe lilla. Il passeggero solitario altri non è che il professor Timofej Pavlovic Pnin, esule negli Stati Uniti e titolare di un corso di lingua russa all’Università di Waindell, in viaggio per recarsi a tenere una conferenza presso il circolo femminile di un’altra località della sterminata provincia americana. Ma il professor Pnin – tradito dalla sua passione per gli orari ferroviari, che lo ha indotto a ignorare ogni suggerimento e a elaborare personalmente il proprio itinerario – si trova sul treno sbagliato. Comincia così, in modo emblematico, il ritratto ironico e affettuoso, esilarante e patetico di uno di quei personaggi che Nabokov sa disegnare con arte insuperata: un buffo émigré caparbiamente determinato a ricercare l’impossibile adattamento a un’altra civiltà, in lotta impari con un mondo in cui tutto – lingua, ambiente, gli oggetti stessi – pare rivoltarglisi contro. Perde tutte le sue battaglie, Pnin: con l’ex moglie Liza, ormai inesorabilmente «americana»; con il figlio Victor, nel cui personalissimo e un po’ lunare universo non riesce a far breccia; con le beghe e mene e manovre accademiche del campus, dalle quali uscirà sopraffatto; persino con la piccola comunità dei suoi compatrioti, chiusa nelle proprie diatribe meschine e nel disperato tentativo di reiterare un passato irripetibile. Anche Pnin si rifugia talvolta, oniricamente, in quel passato: e sono pagine mirabili, affidate a una gamma di intonazioni che trascorre dalla pura comicità alla malinconia.

RECENSIONE

Il professor Pnin è un tipo sbadato, distratto, impacciato, inciampa sempre, goffo, ma di animo buono e gentile. A me ha ricordato molto Pippo, l'amico di Topolino (ma anche Mr. Bean) ad esempio quando sbaglia a fare un regalo e butta la palla dalla finestra, o quando sbaglia addirittura treno. Pnin è russo ed è emigrato in Francia e poi in America dove insegna letteratura russa in un'università di provincia, conosce l'inglese ma lo pronuncia a modo suo, e nonostante sua moglie lo ha lasciato per un altro lui continua ad aiutarla economicamente. La storia procede di capitolo in capitolo come se fossero dei racconti a se stanti, di volta in volta presentandoci una scena o una vicenda della vita di questo simpatico professore immigrato. Alla fine comprendiamo che lui resta sempre un incompreso, un emarginato in questa società americana (materialista, individualista e competitiva), e Nabokov riesce maestosamente a rendere questa malinconia che prova questo uomo dall'animo buono.

Devo ammettere che Nabokov scrive in modo raffinato, elegante, piacevole.

P.S.: Pnin ci tiene a sottolineare che Anna Karenina non comincia un giovedì, bensì un venerdì, esattamente venerdì 23 febbraio 1872.