sabato 10 luglio 2021

[Recensione] La donna del fango - Joyce Carol Oates

 


LA DONNA DEL FANGO || Joyce Carol Oates || Mondadori || 26 febbraio 2013 || 432 pagine

"Devi essere preparata" dice la donna con voce calma, e nel silenzio della notte lungo una strada tortuosa estrae dalla borsa di tela delle forbici. Preparata a cosa? Le sue parole risultano incomprensibili alla bambina che tra poco verrà abbandonata sulle rive melmose del Black Snake River, sotto un cielo cupo dove i corvi volano alti.
Preparata lo è sempre, Meredith "M.R." Neukirchen.
La prima donna rettore di un'università della Ivy League non è tipo da lasciarsi cogliere alla sprovvista.
La sua dedizione alla carriera e il fervore morale con cui vi si dedica sono esemplari, e finora le hanno fatto affrontare ogni ostacolo, ogni nemico senza timori, uscendo trionfante da tutti i conflitti. Adesso però i molti fili, più o meno segreti, della sua vita rischiano di intrecciarsi in un groviglio che potrebbe mettere a dura prova la sua sicurezza: un amore da tenere nascosto, il clima politico negli Stati Uniti che stanno per scendere in guerra contro l'Iraq, le insinuazioni imprevedibili di uno studente. E poi c'è un incauto viaggio in macchina che la spinge in luoghi remoti, al contempo intimamente familiari e irriconoscibili: quella strada tortuosa lungo il fiume melmoso, la bimba del fango, il Re dei Corvi, un'intera vita che M.R. Neukirchen crede di essersi lasciata alle spalle...
Joyce Carol Oates dà vita a un mondo dove il passato bussa implacabile alle porte del presente, pronto a mettere in questione ogni divisione pacificata tra il mondo dell'infanzia e quello dell'età adulta, tra il presente di successo costruito con fatica e i demoni di un passato tenuto a distanza, tra la perfetta apparenza pubblica e una tumultuosa vita interiore.
E ci pone di fronte a domande cruciali: quanto è labile, nelle nostre vite, il confine tra realtà e immaginazione? Può una donna perdersi nel proprio passato e trovare nei suoi fantasmi la forza per nascere un'altra volta? 

RECENSIONE

Prima opera della Oates che leggo, un'autrice americana scoperta per caso in tv su Rai 5. In questo romanzo le tematiche che ricorrono, che si inseguono, sono: il passato, la memoria, la ricerca di sé, la violenza e l'incomunicabilità. Inizialmente mi sono smarrito fra le sue pagine, ero completamente frastornato, soprattutto dopo aver letto i primi capitoli, visto quello che accade alla povera piccola bambina abbandonata da sua madre. Onnipresente la morte, l'oppressione, il sentirsi rifiutati, il trovare un senso a una vita che era stata gettata via come un rifiuto. Il difficile rapporto di questa donna, ormai matura e rettrice di un importante università, che non riesce ad avere un rapporto stabile con gli uomini, che si chiude in se stessa, che prova ad avere compassione degli altri, ma che invece continua a ricevere violenze su violenze. Il suo passato triste e oscuro, pieno di dolore e di trauma, continua a bussare al cuore di M. R. fino ad arrivare ad un punto in cui sarà lei, in automatico, a ribellarsi (ma non posso dire cosa fa altrimenti spoilerizzo troppo). La capacità dell'autrice consiste nel riuscire a farti sentire, dentro la pelle, il dolore di questa povera donna, e tifi per lei affinché si possa riprendere, e perché possa finalmente rinascere e rispolverare il proprio passato per migliorare il suo presente.
Ci sentiamo incompleti come la Meredith, anzi, direi fatti in mille pezzi, incapaci di giudicarla, o comunque capaci di schierarci a suo favore. Ma l'importante è che la protagonista, dal passato che può portare ad un vortice di follia, riesca lentamente a risalire alla vita e riesce a ritrovare suo padre (e non solo), ormai vedovo, e così prova a riconciliarsi col suo tenebroso passato.

Quella che ci presenta, senza censure, la Oates, è una storia sulla nostra identità: La nostra verità più profonda sta nel nostro sé originario e la ri-creazione di noi stessi è solo un carapace? O l’autenticità sta in una nuova ed evoluta identità e la nostra storia passata è inutile come la vecchia pelle di un serpente?
La bellezza dello stile di questa autrice è che riesce a passare dal mito e dalla favola ad emozioni e brividi del noir macabro e dell’horror psicologico. È un romanzo fiume, lessicalmente ricco, sintatticamente complesso. Per il traduttore Costigliola, una delle maggiori difficoltà nel tradurla, «è la scansione della prosa che si allarga per cerchi concentrici. Bisogna fare molta attenzione a non perdere il filo».