venerdì 14 agosto 2020

[Recensione] Noi - Evgenij Zamjatin

 


NOI ||  Evgenij Zamjatin || Voland || 26 aprile 2016 || 229 pagine

Scritto fra il 1920 e il 1922 il romanzo - considerato come il precursore del più noto 1984 orwelliano - è ambientato nel futuro e descrive un'organizzazione statale che individua nel libero arbitrio la causa dell'infelicità umana e pretende di controllare le vite dei cittadini attraverso un sistema di efficienza e precisione industriale. Una aperta denuncia della soppressione della libertà di pensare e di immaginare dell'essere umano e della conseguente sua riduzione a numero.

RECENSIONE

Ambientata in un non meglio precisato futuro, la storia descrive una società governata dal “Benefattore”, dove le persone si comportano tutte allo stesso modo all’interno di giornate scandite da un ferreo e rigoroso orario da rispettare che regola le azioni di ciascuno. Uomini e donne, ormai senza nome ed identificati da sigle alfanumeriche, possono incontrarsi privatamente solo per due ore al giorno attraverso un sistema di prenotazioni con tagliandi rosa che permettono a ciascuno di accoppiarsi con la persona prenotata. La famiglia non esiste più, i figli appartengono allo stato, la libertà di pensiero e di comportamento è scomparsa. La città è inoltre cinta da un Muro oltre il quale dovrebbe esistere solo il nulla, generato dalla disastrosa “Guerra dei duecento anni”. Tuttavia, come si scopre ben presto, oltre al muro esistono dei sopravvissuti al conflitto che cercheranno, attraverso alcune persone a conoscenza del fatto, di rovesciare il governo del Benefattore e rivoluzionare la società.

Se dovessi riassumere quest'opera in una sola frase, direi che è un'aperta denuncia - tramite la metafora fantascientifica - della soppressione, da parte della dittatura comunista, della libertà di pensare e di immaginare dell'essere umano e della conseguente sua riduzione a numero. L'autore russo, difatti, fu sottoposto, da parte della cultura ufficiale, ad una persecuzione - com'egli scrive nella lettera rivolta, nel 1931, a Stalin - "quale non s'è mai avuta fino a ora nella letteratura sovietica" e chiese la pena di lasciare l'URSS come commutazione della condanna a morte come scrittore, decretatagli dai Circoli letterari del suo paese.
Ma tutto lo sdegno dell'autore si rivela in questo stralcio: "Liberazione?" Sbalorditivo: fino a che punto nel genere umano sono vivi gli istinti della delinquenza. Io dico coscientemente "della delinquenza". La libertà e la delinquenza sono così inseparabilmente legate tra loro come... mettiamo, il movimento dell'aereo e la sua velocità: la velocità dell'aereo - o, l'aereo non si muove; la libertà dell'uomo - o, ed egli non commette delitti. E' chiaro. L'unico mezzo per affrancare l'uomo dalla sua tendenza alla delinquenza è togliergli la libertà.
Il critico francese Jean Gattégno ha scritto: con Zamjàtin emerge il legame, ormai inseparabile dall'anti-utopia, fra il regno della scienza e la dittatura politica. La tecnica vi è presentata come inevitabilmente destinata a condurre all'oppressione". Il pensiero dell'autore di Noi, invece, è del tutto opposto: la scienza e, nel caso specifico, la matematica sono nemiche delle dittature, come si evince dal seguente dialogo tra D-503 e I-330:
- Questo è insensato! E' assurdo! Non capisci che ciò che voi tramate è la rivoluzione?
- Sì, la rivoluzione! Ma perché è assurdo?
- Assurdo perché la rivoluzione non può essere. Perché la nostra rivoluzione - non lo dici tu, ma lo dico io - è stata l'ultima. E non ci può essere nessun'altra rivoluzione. Lo sanno tutti.
L'aguzzo, ironico triangolo delle sopracciglia:
- Mio caro: tu sei un matematico. E in più sei un filosofo matematico: dimmi l'ultimo numero.
- Cioè? Io... io non capisco: quale ultimo numero? [...] Ma, I-330, questo è assurdo. Dal momento che il numero dei numeri è infinito, quale ultimo numero vuoi da me?
- E tu quale ultima rivoluzione vuoi? Non c'è un'ultima rivoluzione, le rivoluzioni sono senza fine.
Ecco la radice del romanzo: l'autore utilizza le scienze matematiche per costruire questo mondo fantascientifico, per immaginare questo Stato Unico completamente regolate dalle leggi matematiche. E lo stile di scrittura è davvero straniante: fatto di frasi spezzate, di puntini di sospensione, di trattini e due punti - teso insomma più a suggerire che a descrivere -, è in perfetta sintonia con la vicenda che vuole narrare.

Questo romanzo fu pubblicato nel 1924 e non si può non riconoscere che ha ispirato il capolavoro di
George Orwell 1984. Quello che pensavo spesso, nella lettura del diario dell'anonimo matematico D-503, era la somiglianza del tizio col protagonista di 1984, ovvero Winston Smith. Entrambi schiavi del lavoro, entrambi vivono senza un'anima, entrambi adorano un unico capo (D-503 il Benefattore, Smith il Grande Fratello). Entrambi si innamorano e provano istinti di ribellione alla società di cui fanno parte, entrambi sognano di fuggire via, entrambi scoprono di essere degli umani. D-503, l’autore del diario segreto, è il costruttore dell’Integrale, la navicella che deve esportare negli altri pianeti “il benefico giogo della ragione”. Sarà la conturbante I-330 a far nascere in lui per la prima volta una coscienza individuale, diversa da quella collettiva dello Stato Unico. Entrambi tornano ad essere delle marionette nelle mani del potere, alla fine del romanzo.