sabato 6 gennaio 2024

[Recensione] Pnin - Vladimir Nabokov

 


PNIN || Vladimir Nabokov || Adelphi || 1998 || 187 pagine

Nella carrozza semideserta di un treno che corre attraverso la campagna siede un uomo dalla grande testa calva, forte di torace e con un paio di gambette sottili su cui ricadono i calzini allentati di lana scarlatta a losanghe lilla. Il passeggero solitario altri non è che il professor Timofej Pavlovic Pnin, esule negli Stati Uniti e titolare di un corso di lingua russa all’Università di Waindell, in viaggio per recarsi a tenere una conferenza presso il circolo femminile di un’altra località della sterminata provincia americana. Ma il professor Pnin – tradito dalla sua passione per gli orari ferroviari, che lo ha indotto a ignorare ogni suggerimento e a elaborare personalmente il proprio itinerario – si trova sul treno sbagliato. Comincia così, in modo emblematico, il ritratto ironico e affettuoso, esilarante e patetico di uno di quei personaggi che Nabokov sa disegnare con arte insuperata: un buffo émigré caparbiamente determinato a ricercare l’impossibile adattamento a un’altra civiltà, in lotta impari con un mondo in cui tutto – lingua, ambiente, gli oggetti stessi – pare rivoltarglisi contro. Perde tutte le sue battaglie, Pnin: con l’ex moglie Liza, ormai inesorabilmente «americana»; con il figlio Victor, nel cui personalissimo e un po’ lunare universo non riesce a far breccia; con le beghe e mene e manovre accademiche del campus, dalle quali uscirà sopraffatto; persino con la piccola comunità dei suoi compatrioti, chiusa nelle proprie diatribe meschine e nel disperato tentativo di reiterare un passato irripetibile. Anche Pnin si rifugia talvolta, oniricamente, in quel passato: e sono pagine mirabili, affidate a una gamma di intonazioni che trascorre dalla pura comicità alla malinconia.

RECENSIONE

Il professor Pnin è un tipo sbadato, distratto, impacciato, inciampa sempre, goffo, ma di animo buono e gentile. A me ha ricordato molto Pippo, l'amico di Topolino (ma anche Mr. Bean) ad esempio quando sbaglia a fare un regalo e butta la palla dalla finestra, o quando sbaglia addirittura treno. Pnin è russo ed è emigrato in Francia e poi in America dove insegna letteratura russa in un'università di provincia, conosce l'inglese ma lo pronuncia a modo suo, e nonostante sua moglie lo ha lasciato per un altro lui continua ad aiutarla economicamente. La storia procede di capitolo in capitolo come se fossero dei racconti a se stanti, di volta in volta presentandoci una scena o una vicenda della vita di questo simpatico professore immigrato. Alla fine comprendiamo che lui resta sempre un incompreso, un emarginato in questa società americana (materialista, individualista e competitiva), e Nabokov riesce maestosamente a rendere questa malinconia che prova questo uomo dall'animo buono.

Devo ammettere che Nabokov scrive in modo raffinato, elegante, piacevole.

P.S.: Pnin ci tiene a sottolineare che Anna Karenina non comincia un giovedì, bensì un venerdì, esattamente venerdì 23 febbraio 1872.