sabato 9 maggio 2020

[Recensione] Il cane giallo - Georges Simenon

Titolo: Il cane giallo
Titolo originale: Le Chien jaune
Autore: Georges Simenon
Traduttrice: Marina Verna
Editore: Adelphi
Serie: Commissario Maigret #6
Pubblicazione: 27 febbraio 2012
Prima pubblicazione: 1931
Genere: giallo
Pagine: 144
Prezzo: 10 euro

Quarta di copertina
C’era in lei un’umiltà esagerata. I suoi occhi cerchiati, il suo modo di muoversi senza far rumore, senza sfiorare le cose, quel suo fremere d’inquietudine alla minima parola, corrispondevano abbastanza all’idea che ci si fa della serva abituata a ogni durezza. Sotto quelle apparenze si sentivano però come dei sussulti di orgoglio, che lei si sforzava di non lasciar trasparire. «Era anemica. Il suo seno piatto non era fatto per risvegliare i sensi. Eppure c’era qualcosa di attraente in lei, qualcosa di torbido, di avvilito, di vagamente morboso».

Recensione
La prima cosa che mi ha colpito di questa inchiesta di Maigret è stata l'atmosfera che Simenon è riuscito a descriverci: un clima sempre uggioso, personaggi che sembrano apparire e sparire improvvisamente, un continuo punto di riferimento, la locanda, dove si intrecciano i misteri di questo giallo e dove lo stesso giallo si incarna in un cane, appunto, giallo.
Quinta inchiesta del commissario di Maigret che divoro (letteralmente) e continuerò a divorare tutto quello che riesco a trovare di lui, perché credo che Simenon sia uno dei migliori scrittori di gialli. Maigret è il detective più umano che conosca, egli studia i comportamenti dei vari protagonisti, si cala nei panni delle persone, nei loro vizi o nel loro quotidiano, come un bravo psicologo dell'animo umano riesce pian piano, con la calma che lo contraddistingue, e fumando incessantemente la sua cara pipa, a sbrogliare la matassa e spesso, alza le spalle e lascia andare le cose. Ma a lui difficilmente la si fa: arriva al punto che ti mette spalle al muro, e da lì non puoi scappare.
A Maigret non interessa tanto il male quanto la umana fallibilità, i cristiani direbbero senz'altro il peccato, che può portare al crimine anche gli individui più miti e normali. Perciò Maigret ha bisogno di scrutarli, osservarli, prima che interrogarli. Essenziale, per lui, è ambientarsi nel luogo del delitto, percepirne l’atmosfera e impregnarsene. Comprendere, in senso etimologico, è la sua parola-chiave, la sinestesia è la sua figura retorica.
- Cosa ne pensa, commissario?
- Pensare? Io non penso niente!