giovedì 31 dicembre 2020

[Recensione] Concupiscenza libraria - Giorgio Manganelli

 


CONCUPISCENZA LIBRARIA | Giorgio Manganelli | Adelphi | 12 marzo 2020 | 454 pagine

Lettore accanito e onnivoro, Manganelli comincia assai presto a scrivere di libri, nel 1946, e nel giro di qualche anno la recensione si trasforma nelle sue mani in un vero e proprio genere letterario che esige uno scrittore, capace non tanto di giudizio – compito «da professore o da irto pedagogo» – quanto di un «gesto critico, esatto, lucido, veloce e non precipitoso, felicemente prensile». I presupposti di tale nuovo genere li ritroveremo tutti in questa raccolta, dove Manganelli rivela una prodigiosa capacità di aprire i suoi pezzi con un ‘presentimento di racconto’ («Se sono in preda ad un rissoso malumore, tre pagine di Singer mi “stigrano”, come si dice in certi dialetti emiliani»); di cogliere le peculiarità di un autore come si infilza una farfalla in una bacheca (L’Iguana è un libro che «sembra non avere autore, ma solo essere un perfetto “apporto”, come dicono gli spiritisti»); di dare sfogo a una «concupiscenza libraria» che lo trascina da Omero a Chaucer, all’amato Seicento, a Vincenzo Monti, Keats, Ivy Compton-Burnett sino a Oliver Sacks e Anna Maria Ortese; di brandire irresistibilmente ironia e sarcasmo («Stretto nella teca dei suoi calzoni accanitamente abbottonati, il ritroso Cassola ha della letteratura un’idea che fa apparire “La famiglia cristiana” l’organo dell’Ente per lo Scambio delle Mogli»); di officiare fastose cerimonie stilistiche e verbali; ma soprattutto di farci intravedere, dietro lo «spazio di indifferenza emotiva» che pone fra sé e ciò che scrive, quella passione della letteratura che «produce matrimoni, fughe a due, notti insonni, poesie, serenate, omicidi, ma in nessun caso cose ragionevoli e sensate ».

RECENSIONE

"Non v'è nulla di più futile della recensione; gesto miserabile, irresponsabile, ritaglio di chiacchiera, gomitolo di inutili aggettivi, di frivoli avverbi, di risibili sentenze. Ma appunto questa fatuità insolente può fare della recensione un "genere" letterario più infimo che minore, una ciancia da angiporti, un berlingare senile; e dunque anche alla recensione può spettare una qualche accoglienza nella disordinata, chiassosa piazza dei mestieri letterari, tra il poema epico e l'epigramma, il sonetto caudato e il capitolo in rima. Diverte pensare l'articolo letterario come imparentato all'Elogio dell'anguilla - pesce nobilmente lubrico - o dell'orinale - oggetto intimo, tristo e irrinunciabile, materia di riso e cruccio. Appunto, un che di ambiguo, di esiguo, di esile ed elusivo, e insieme di futile e povero, e tuttavia costante, una cosa sciocca e inquietante come l'ombra. Se la letteratura è un sogno caotico e sfrenato, una città frequentata da cantafavole, buffoni, prèfiche a pagamento, ciarlatani virtuosi e predicatori di elaborati vizi, ecco che il recensore sarà il buffone del buffone, la spalla del grande tragico, la claque del meditabondo, il parassita del pedante. Ecco, il parassita, nobile, arcaica, odiosa e petulante figura che appartiene alle più antiche tradizioni dell'urbanistica della suburra letteraria. il parassita è un impasto di smorfie, di fraintendimenti, parole storpiate, echi equivoci, rumori sconci, lazzi pensosi e concetti sbracati; che chiedere di più pertinente a un discorso letterario, ornata, splendida orazione funebre in onore dell'unico eroe attendibile, l'eroe negativo? Indulgenti, preoccupati, gettate il vostro obolo al furbo parassita." Ho riportato le parole scritte dall'autore di questa raccolta antologica di sue recensioni letterarie, Giorgio Manganelli, per farvi capire il suo stile di scrittura dotto e articolato.

Manganelli era un lettore appassionato prima ancora che un critico letterario preparato, egli divorava un libro in poco tempo, e questa sua concupiscenza libraia ci viene trasmessa in ogni sua recensione: egli stesso ce lo confida: "L'amore per i libri parte da un innamoramento, è una passione, è una mania, è una frenesia, è una dolcezza, è uno strazio. " E ancora: "Per un lettore accanito, lievemente maniacale, come so di essere, come un fumatore di tre pacchetti al giorno, un bevitore di whisky all'alba, per un lettore coatto ci sono scrittori affascinanti, prediletti, che hanno il potere di cambiargli l'umore, raddrizzargli una giornata andata storta, renderlo blandamente filantropo." Manganelli stesso ci dice che non si è mai considerato un recensore, ma uno scrittore di recensioni.

Questa raccolta di sue recensioni accoglie delle recensioni mai inserite in volumi che sono già usciti dello stesso autore.

Consigliato: a chi ama leggere, a chi non può fare a meno di incuriosirsi dei consigli letterari, a chi non resiste e sbircia il titolo che il signore sta leggendo in metropolitana seduto davanti a noi.


[Recensione] Ho una tresca con la tipa nella vasca - Andrea G. Pinketts

 


HO UNA TRESCA CON LA TIPA NELLA VASCA | Andrea G. Pinketts | Mondadori | 29 aprile 2014 | 192 pagine

Torna il genio irriverente di Andrea G. Pinketts con una collezione di storie che hanno un filo conduttore chiaro: le donne, l'amore, la morte. Ma tra le righe di tutti gli amori più o meno infelici che popolano le pagine del libro, si delinea il ritratto di una storia d'amore che va avanti da anni: la relazione tra Pinketts e le Muse. Anzi, forse relazione è eccessivo. Una tresca. La tresca fra Pinketts e le Muse. Ogni racconto è preceduto da un'invocazione, in rima baciata, come usava una volta. Un'invocazione a cui le Muse hanno evidentemente risposto, perché è impossibile non innamorarsi dei protagonisti del libro di Pinketts, del suo umorismo surreale, delle sue mirabolanti invenzioni linguistiche, battute fulminanti, situazioni paradossali. Per scoprirci, tra una risata e l'altra, improvvisamente commossi. Il lettore troverà molti personaggi indimenticabili. Da Gennaro, camorrista in Scandinavia, che si innamora della Sirenetta di Copenaghen. A Pedro, il comunista che, invece di mangiare i bambini, ballava i balli latini. Agli sfortunati eroi della Caduta di Casa Pusher. E ancora: il povero Pungo De Funghis, affetto dalla sindrome di "Lalalalala". O Giorgia, meravigliosa e infelice hostess del "Salone di Bruttezza". Come un pianista che sa creare melodie usando tutti i tasti a sua disposizione, da quelli più bassi fino alle note più acute, Pinketts si lascia possedere dall'ispirazione e scrive un libro che è una sinfonia capace di spaziare da citazioni elevatissime a riferimenti popolari, generando irresistibili e funamboliche armonie.

RECENSIONE

Prima opera che leggo di Andrea G. Pinketts e credo di non aver scelto la migliore, purtroppo.

Non è un romanzo, ma una raccolta di racconti. La cosa che colpisce dell'autore è il suo stile pieno di humor, giochi di parole, piccole poesie, climax ironici e tanti eventi e situazioni surreali. Tra i protagonisti di questi racconti incontriamo Gennaro, camorrista in Scandinavia, che si innamora della Sirenetta di Copenaghen (forse il racconto che mi è piaciuto di più, anche se piaciuto non è il sostantivo adatto). A Pedro, il comunista che, invece di mangiare i bambini, ballava i balli latini. Gli sfortunati eroi della “Caduta di Casa Pusher”. E ancora: il povero Pungo De Funghis, affetto dalla sindrome di “Lalalalala”. O Giorgia, meravigliosa e infelice hostess del “Salone di Bruttezza”.
A me questa lettura ha annoiato molto, più volte avevo quasi provato ad abbandonare il libro per sempre. Sicuramente leggerò un suo romanzo, forse lì capirò meglio il suo stile particolare.