martedì 27 giugno 2023

[Recensione] Infinite Jest - David Foster Wallace

 


INFINITE JEST || David Foster Wallace || Einaudi || 2006 || 1281 pagine

In un futuro non troppo remoto e che somiglia in modo preoccupante al nostro presente, la merce, l’intrattenimento e la pubblicità hanno ormai occupato anche gli interstizi della vita quotidiana. Le droghe sono diffuse ovunque, come una panacea alla noia e alla disperazione. Finché sul mercato irrompe un film misterioso, Infinite Jest, così appassionante e ipnotico da cancellare in un istante ogni desiderio se non quello di guardarne le immagini all’infinito, fino alla morte. Nella caccia che si scatena attorno a questa che è la droga perfetta finiscono coinvolti i residenti di una casa di recupero per tossicodipendenti e gli studenti di un’Accademia del Tennis; e ancora imbroglioni, travestiti, artisti falliti, giocatori di football professionistico, medici, bibliofili, studiosi di cinema, cospiratori. DFW costruisce una vera e propria enciclopedia dei nostri tempi, e ci regala un’opera insieme universale e profondamente generazionale, un’autentica nuova commedia umana.

RECENSIONE

Siamo tutti dipendenti da qualcosa

"Volevo fare qualcosa di triste. E non volevo avere un solo personaggio principale. Volevo fare qualcosa di veramente americano a proposito di cosa voglia dire America all'approssimarsi del millennio."

Questa è la risposta che diede Wallace all'intervistatrice Laura Miller che gli aveva chiesto perché aveva scritto Infinite Jest.

Ci troviamo in un'America distopica che non si chiama più Stati Uniti ma ONAN (Organization of North Atlantic Nation). Noi lettori veniamo catapultati in una lettura spiazzante: il testo non è suddiviso in capitoli ne ci sono indicazioni cronologiche (gli anni sono stati comprati dai brand e ogni anno ha un proprio sponsor, si chiama infatti tempo sponsorizzato). Sostanzialmente in Infinite Jest troviamo tre storie parallele: quello che accade alla Ennet House, una casa di recupero per alcolizzati e tossicodipendenti; quello che accade all'Accademia di tennis Enfield; tutte le vicende in cui si trama il rovesciamento politico, in diversi luoghi, si complotta per rovesciare questa organizzazione delle nazioni riunite nord atlantiche tramite la disseminazione di una cartuccia filmica, che si chiama Infinite Jest, che contiene un intrattenimento così irresistibile da diventare mortale. Si tratta di un filmato che un gruppo di rivoluzionari in sedia a rotelle vorrebbe diffondere in tutta l'America appunto per eliminare o minare le basi dell'intera organizzazione che ha preso il potere, proprio perché le persone sono ormai dipendenti dall'intrattenimento.

Nell'Accademia di tennis il protagonista sarà Hal Incandenza, un vero e proprio prodigio del tennis, mentre alla Ennet House, la casa di recupero, sarà Don Gatley, un ex tossicodipendente che adesso aiuta gli altri ad uscirne.

Infinite Jest fa parte di quei romanzi chiamati massimalisti, ovvero che provocano al lettore un'immersione totale. Un difetto che potremmo dire su questo romanzo fiume, ma che è la caratteristica di Wallace, è il fatto che nessuna delle storie che conosceremo e leggeremo avrà un finale, ma sarà come aver vissuto le loro vite e poi, ad un certo punto, li lasceremo andare e loro continueranno a vivere. Un'altra caratteristica dell'autore americano è questo modo di mettersi nei panni dei personaggi, ad esempio l'unico personaggio che verrà narrato in prima persona (tutti gli altri in terza) sarà proprio il genio Hal Incandenza, figlio del regista di Infinite Jest, del quale leggeremo letteralmente tutti i suoi pensieri, sapremo tutto quello che gli passa per la testa.

Non tutti hanno il coraggio di leggere e soprattutto portare a termine una lettura così lunga e impegnativa e li capisco anche, ma il mio consiglio, qualora vi dovesse venire la voglia di farlo, è quella di non interromperlo ma di leggerlo anche poche pagine al giorno.

Quello che mi ha colpito di più è sicuramente la forte descrizione che ci fa l'autore sul tema della dipendenza: che può essere la droga, il sesso o l'intrattenimento, è stato di un'attualità pazzesca. Se ci pensiamo oggi siamo tutti dipendenti da qualcosa, ad esempio dal nostro smartphone: nessuno di noi può più farne a meno, abbiamo sempre il pensiero sulle notifiche, su chi ha visitato il mio profilo, insomma, è come se ormai quel telefonino facesse parte del nostro corpo.

Ne esce un ritratto impietoso riguardo agli americani, descritti come dei bambini capricciosi che non si assumono le proprie responsabilità ma le scaricano sugli altri.

Per me non è stato un capolavoro questo Infinite Jest, ho avuto un rapporto difficile e travagliato con questo libro: l'ho dovuto interrompere e riprendere tante volte, e questo non è mai un buon segno per me lettore appassionato. Lo so, lui lo ha scritto apposta in modo da spiazzarti, ne sono consapevole, ma non è stato solo questo: ho trovato molti pezzi noiosi, ripetitivi, alcuni senza senso, per non parlare di tutte le imprecazioni presenti (davvero fastidiose). E poi sinceramente mi è rimasto poco, pochissimo dopo aver terminato questa infinita lettura.

sabato 10 giugno 2023

[Recensione] La portalettere - Francesca Giannone

 


LA PORTALETTERE || Francesca Giannone || Nord || 2023 || 416 pagine

Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta?
Persino a trent’anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell’istante in cui l’ha vista.
Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno.
E invece, per oltre vent’anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo – ma soprattutto senza che il paese lo voglia – la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello.
Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni ’30 fino agli anni ’50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe.
Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.

RECENSIONE

Come dice il titolo, questa è la storia di una portalettere, Anna, la quale da Genova decide di seguire il marito nel suo paese al Sud nel Salento, Lizzanello, dove farà la postina per ben 20 anni (la prima postina donna del paese). Il cognato, il fratello del marito, si innamorerà subito di lei. Seguiremo le vicende familiari dei protagonisti dal fascismo fino ai movimenti sociali di fine anni 50.

Anna è una donna controcorrente: femminista, atea, si spende per i diritti delle donne (e ne salva anche una, definita "la pazza"). L'autrice ha tratto ispirazione per questa storia dalla sua bisnonna e verrai sommerso dagli eventi di quegli anni (inclusa la guerra che stravolgerà molte vite). Conosceremo le vicende della famiglia Greco e dei loro figli. Il pregio di questa opera è il fatto che pian piano ti affezionerai ad Anna, ma anche agli altri protagonisti come il cognato Antonio (bello il rapporto che hanno Anna e Antonio, fatto di scambio di idee e di libri sottolineati, entrambi grandi e appassionati lettori). L'autrice ci descrive queste storie come in un film, è molto precisa e descrittiva, appunto come se stessimo guardando una pellicola cinematografica.

“…pure io sogno un principe che venga a salvarmi”

“C’è solo una persona che può salvarti. E sai chi è? Sei tu. Solo tu puoi salvare te stessa. Non c’è principe che tenga, credimi”


venerdì 2 giugno 2023

[Recensione] Canne al vento - Grazia Deledda

 


CANNE AL VENTO || Grazia Deledda || Crescere Edizioni || 2017 || 192 pagine

Nubili e sole, le tre dame Pintor conducono un'esistenza grigiamente passiva, chiuse nella decrepita casa di famiglia, al centro di un paese sardo quasi fuori dalla storia. Veglia su di loro il vecchio servo Efix, che custodisce dentro di sé un drammatico doppio segreto: è il solo a sapere la verità sulla fuga della quarta sorella e sulla morte improvvisa del padre. Quando poi giunge dal continente il giovane nipote Giacinto, Efix si sente chiamato a una nuova lotta per proteggere le sue padrone. Ma la crisi provocata dalla venuta del "libero" Giacinto coinvolge anche lui. E la soluzione verrà non dal complesso dei fatti, ma da quello della coscienza. Alla base dei libri di Grazia Deledda c'è sempre un urto tra il vecchio e il nuovo, tra l'avanzante civiltà moderna e la sopravvivenza dell'antico mondo pre-borghese. La legge dei padri, le consuetudini e i tabù di un tempo sono ancora saldamente inseriti negli animi: perciò chi li contravviene si sente tutto pervaso di orrore per la colpa che sa di commettere e alla quale non può né vuole resistere. Come nei grandi romanzieri russi, così nella Deledda il peccato rappresenta una prova che, impegnando tutte le energie morali dell'uomo, ne esalta al più alto grado l'umanità.

RECENSIONE

Dopo Bartleby lo scrivano questo è il secondo libro che invece di leggere l'ho ascoltato (trovato in Rai Play). Confermo che preferisco leggere i libri (in cartaceo o ebook) piuttosto che ascoltarli anche se chi leggeva era molto brava. E confermo che Canne al vento è un capolavoro che dovrebbero leggere tutti.

Prima della trama, quello che incanta è lo stile descrittivo che la Deledda utilizza quando ci presenta i paesaggi: che sia un tramonto, un canneto, uno stagno o il volo di uccelli è di una poesia incredibile.

La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertivano l'uomo che la sua giornata era finita. Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d'uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa; sì, la giornata dell'uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti.

Perché questo titolo particolare, Canne al vento? A risponderci sarà il protagonista della storia, l'anziano servo Efix: siamo come le canne che vengono mosse dal vento, ovvero la vita, quello che ci accade, il destino, nessuno lo può costruire, le cose accadono, ci piegano, le subiamo. Efix lavora per tre sorelle, le dame Pintor, di origini forse nobiliari ma ormai decadute, e la vita sembra scorrere tranquilla come sempre in questo piccolo paesino di campagna sardo fino a quando non irrompe nella storia don Giacinto, che scopriremo essere il nipote delle sorelle avuto da una di loro fuggita via (grazie soprattutto all'aiuto di Efix stesso) il quale scopriremo presto ama il gioco d'azzardo e indebiterà le sue zie per poi scappare via. Per rimediare a questa improvvisa povertà si sacrificherà la povera donna Noemi che dovrà sposare suo cugino. Ma un segreto ancora più brutto si nasconde in questa famiglia: ovvero la morte del padre di loro.

La scrittura della Deledda ti incanta, è qualcosa di indescrivibile:

Nei tempi di carestia, cioè nelle settimane che precedevano la raccolta dell’orzo, e la gente, terminata la provvista del grano, ricorre all’usura, la vecchia Pottoi andava a pescare sanguisughe. Il suo posto favorito era una insenatura del fiume sotto la Collina dei colombi presso il poderetto delle dame Pintor. Stava là ore ed ore immobile, seduta all’ombra di un ontano, con le gambe nude nell’acqua trasparente verdognola venata d’oro; e mentre con una mano teneva ferma sulla sabbia una bottiglia, con l’altra si toccava la collana. Di tanto in tanto si curvava un poco, vedeva i suoi piedi ondulare grandi e giallastri entro l’acqua, ne traeva uno, staccava dalla gamba bagnata un acino nero lucente che vi si era attaccato, e lo introduceva nella bottiglia spingendovelo giù con un giunco. L’acino si allungava, si restringeva, prendeva la forma di un anello nero: era la sanguisuga.

Le sue descrizioni sono intrise di materialità, si sente il respiro della Natura, si viene avvolti dalla vita contadina e piena di solitudine di queste anime perdute nel nulla, intrise di magia e religiosità, di miseria e dolore silenzioso, di occasioni perdute per sempre. La sorella che è riuscita a scappare con l'uomo che amava ha distrutto la famiglia di origine ma nello stesso tempo le tre sorelle la invidiavano perché lei era riuscita a realizzarsi in un certo qual modo, dando alla luce il loro unico nipote.

È la figura della Maddalena, che dicono dipinta dal vero: l’amore, la tristezza, il rimorso e la speranza le ridono e le piangon negli occhi profondi e nella bocca amara… Efix la guarda e sente, come sempre davanti a questa figura che s’affaccia dall’oscurità di un passato senza limiti, un capogiro come se fosse egli stesso sospeso in un vuoto nero misterioso… Gli sembra di ricordare una vita anteriore, remotissima.

Come le canne sono gli uomini e le donne di questa storia, vengono piegati ma continuano a lottare, fino alla fine senza arrendersi.

Sentiva di lasciar lassù la parte migliore di se stesso, la forza che dà la solitudine, il distacco dal mondo; e andando su per lo stradone attraverso la brughiera, i giuncheti, i bassi ontani lungo il fiume, gli sembrava di essere un pellegrino, con la piccola bisaccia di lana sulle spalle e un bastone di sambuco in mano, diretto verso un luogo di penitenza: il mondo.

Anche la preghiera aveva una risonanza lenta e monotona che pareva vibrasse lontano, al di là del tempo, mentre la fisarmonica riempiva coi suoi gridi lamentosi il cortile illuminato da un fuoco d’alaterni... e anche le stelle oscillavano nel cortile come scosse dal ritmo della danza.

Credo che un capolavoro del genere debba assolutamente essere riletto, cosa che farò certamente.