IL ROGO DI BERLINO || Helga Schneider || Adelphi || 1998 || 229 pag.
Vienna, 1971. In un appartamento nel cuore della città una giovane donna sta per incontrare sua madre. Non si vedono da trent’anni. Helga era bambina quando, in una Berlino già sventrata dalle bombe, la madre aveva abbandonato il marito e i figli per entrare volontaria nelle SS. Ora, dopo pochi formali abbracci, la conduce verso un armadio dentro al quale è riposta una perfetta uniforme nazista. Sospira, nostalgica. E Helga scappa, corre per le scale, si allontana per sempre da lei e da quella implacabile fedeltà.Passeranno altri vent’anni prima che Helga Schneider si decida a ripercorrere la sua infanzia. Ne è nato un libro diversamente implacabile, dove la memoria, anziché stendere un velo di pietà o di perdono, sembra liberare una rabbia troppo a lungo taciuta; un libro che ci fa rivivere i morsi della fame, la solitudine dei collegi, le angherie di una matrigna, la paura dei bombardamenti, la voce del Führer che echeggia nel bunker della Cancelleria, la lunga reclusione in una cantina: fino al giorno in cui i primi soldati russi avanzano in una Berlino ormai completamente distrutta.
RECENSIONE
Era da tempo che sentivo consigliarmi questo libro e finalmente sono giunto a poterlo leggere anche io (prima o poi ci arrivo anche io, abbiate pazienza ma ho solo una vita!).
Ci troviamo di fronte a un libro autobiografico e la scrittrice, Helga, ci narra della sua infanzia, purtroppo non molto felice visto che si trova a fuggire e a nascondersi da una Berlino bombardata. Del suo difficile rapporto con la matrigna (sua madre ha abbandonato lei e il suo fratellino più piccolo e il padre era in guerra) la quale, non sopportandola la manda in un collegio psichiatrico e poi in un altro istituto. Alla fine ritorna da lei a Berlino ma vivrà in una situazione drammatica: la città è continuamente sotto attacco e sotto bombardamento e tutti gli abitanti si rifugiano nella cantina umida, patendo la fame e la sete.
Morte, fame, tristezza, bombardamenti sono all'ordine del giorno, tanto è vero che i cadaveri che restano sulle strade e in mezzo alle macerie iniziano a puzzare. Un racconto crudo e reale, sincero e forte della vita che facevano i sopravvissuti di Berlino che rischiavano tutti i giorni di morire, perché bisognava andare alla fontana a prendere l'acqua o si cercava del cibo per non morire di fame. Drammatico l'episodio dello stupro da parte di alcuni soldati russi nei confronti di due ragazzine che si trovavano nel rifugio, una delle quali, traumatizzata dalla violenza subita, perde sangue e morirà.
Ci sarà anche un incontro della protagonista con Hitler in persona, che ci descrive come incurvato e stanco, a differenza di come si vedeva nei quadri dove era più giovane.
Credo che libri di questo genere dovrebbero essere letti, soprattutto per far capire a certi asini che comandano che le guerre portano solo distruzione, orrore, traumi, povertà, perdite, insomma, chi fa le guerre è un pezzo di m.

