martedì 31 dicembre 2024

[Recensione] Una granita di caffè con panna - Alessandra Lavagnino

 


UNA GRANITA DI CAFFÈ CON PANNA || Alessandra Lavagnino || Sellerio || 2001 || 164 pag.

Dell'impossibilità, in Sicilia, di esistenza della verità abbiamo due versioni. Una è quella amata dalla letteratura del Novecento, da Pirandello a Sciascia, che non si interroga sulle cause, ma coglie in questa difficoltà della Sicilia a convivere con la verità come uno stato naturalmente filosofico, inclinante verso lo scetticismo, che obbliga chi racconta cose di Sicilia a interrogarsi sulla condizione umana in quanto tale. Quello che Sciascia chiamava «la Sicilia come metafora». Vi è una seconda versione, quella storica, per così dire, che con minor pessimismo ma conclusioni forse più desolate riconosce in questa secolare impossibilità cause di vario genere, ma precise, ascrivibili a quell'universo di significati che prende il nome di «omertà». Una granita di caffè con panna fu pubblicato una trentina di anni fa, prima a puntate su un rotocalco, poi in volume. Sciascia apprezzò questo libro, ne fece una recensione, che è un piccolo saggio sulla verità e le donne e la Sicilia, qui ripubblicata. Il libro racconta una storia strana, tra la fiaba e il poliziesco: di una donna di condizione privilegiata, Agata, che per un trauma cranico diventa irresistibilmente sincera; e dice di tutto sulle fortune della sua famiglia, su certi traffici in paese, su piccole e grandi menzogne che la trama del tempo ha inestricabilmente impastato con la crosta della vita: ma la singolarità della sua situazione è che Agata stessa, persona colta e civile, eticamente impegnata sul lavoro e nella vita, non riesce ad aderire moralmente e conoscitivamente alla sua sincerità. Il racconto ha un finale dolceamaro. Ma si capisce perché a Sciascia piacque tanto: per il suo collocarsi, tra le due versioni della questione Sicilia e verità, esattamente, ambiguamente in mezzo. Con esiti deliziosamente elusivi, cioè letterari.

RECENSIONE

La protagonista Agata è una entomologa che vive in Sicilia, sposata e madre di un bambino. In seguito ad un incidente riporta un trauma cranico il cui effetto è una nuova, sconcertante sincerità; sicché Agata esprime le sue opinioni senza filtri e soprattutto rivela informazioni preziose sul patrimonio della sua famiglia, su alcuni traffici illeciti in paese e su altre piccole e grandi menzogne che la circondano. Isolata da tutti, vede aumentare la distanza tra sé e gli altri.

Prima opera che leggo di Alessandra Lavagnino, scienziata e scrittrice. Sinceramente non saprei come descrivere questo romanzo, da un lato la scrittrice ha uno stile davvero elevato e raffinato, dall'altro non mi ha soddisfatto più di tanto.

Ma quando fui sul vasto marciapiede polveroso della grande piazza, mi dispiacque di essere libera. Sempre così. Avevo richiuso il portoncino pesante sotto la lunetta a vetri, avevo lasciato il bambino. Me ne andavo, per quattro ore. All’odore dei pini, che avevano già perso verde nel pulviscolo estivo, si mescolavano gli odori che maggio non dimentica. La grande chiesa dei rimedi restituiva solo d’oro dal tufo opaco. Camminavo lungo la casa – persiane ancora chiuse – che dall’altra parte si affaccia, oltre l’immensa chioma del ficus, sui lecci e, in fronte, le araucarie altissime e preistoriche della Villa. Lì portavo il bambino. «Con tanto sole in casa, che bisogno c’e di portarlo fuori io non capisco», diceva lei. Uscivo lo stesso, ma furtiva e silenziosa, attenta a movimenti e rumori superflui – come in cucina – e finché non ero lontana dalla casa non sapevo parlare al bambino. Molte volte non ero uscita. Altre, che lei aveva detto: con questo vento! ero tornata precipitosa e colpevole, con il bambino in braccio.


[Recensione] La malora - Beppe Fenoglio

 


LA MALORA || Beppe Fenoglio || Einaudi || 2005 || 85 pag.

Secondo libro di Fenoglio, La malora apparve nel 1954, due anni dopo il fulminante esordio dei Ventitré giorni della città di Alba. Vi si racconta, con un tono ruvido che nulla concede alla retorica e al sentimento, la vicenda carica di destino del giovane Agostino che, morto il padre, va a servizio in un'altra cascina. Fenoglio conosceva bene la realtà umana delle colline di casa. Le vite elementari dei suoi personaggi, scandite dalla fatica e dal silenzio, dalla dignità e da speranze impossibili, sono come scolpite nella pietra di un linguaggio essenziale, e tuttavia profondamente partecipe che ha fatto dello scrittore albese uno dei "grandi" del Novecento.

RECENSIONE

Prima opera di Beppe Fenoglio che leggo. La malora è la narrazione in prima persona dell'ormai adulto contadino Agostino Braida il quale ricorda un tratto della sua giovinezza nelle langhe piemontesi, precisamente di quando suo padre aveva tanti possedimenti ma il caso, il destino, sconvolse tutto quanto e mandò tutto alla malora fino alla morte, in un incidente al pozzo, del padre, costringendo Agostino ad andare a lavorare "a servizio" in un'altra cascina. Suo fratello Emilio entrerà in seminario dove soffrirà la fame e Stefano, il fratello più grande, dopo essere stato nell'esercito ritornerà in famiglia.

Questo tipo di narrazione risulta avere delle caratteristiche del romanzo verista (come ad esempio La roba di Verga) dove i dialoghi spesso vengono riportati nel dialetto locale e dove si narra la situazione di povertà dei ceti più bassi. E dove c'è fame e povertà, purtroppo, facilmente esce fuori anche la violenza. Fenoglio descrive benissimo la "vita grama" che facevano questi poveri diavoli, sempre sfruttati dai più ricchi e potenti.

La parte in cui lo stesso Agostino si innamora di una serva che prestava servizio alla cascina dove lavorava e alla quale si dichiara abbastanza impacciatamente e lei risponde positivamente alla sua corte e poi viene portata via dai suoi perché le avevano trovato un buon partito per farla maritare mi ha lasciato davvero rattristato, ho provato, come si suol dire, lo stesso dolore del cuore infranto di Agostino, impotente di fronte alle decisioni degli altri.


domenica 29 dicembre 2024

[Recensione] Il più grande uomo scimmia del Pleistocene - Roy Lewis

 


IL PIÙ GRANDE UOMO SCIMMIA DEL PLEISTOCENE || Roy Lewis || Adelphi || 2015 || 184 pag.

«Il libro che avete fra le mani è uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni» ha scritto Terry Pratchett. È vero, tanto tempo è passato, da quando vissero Ernest, il narratore di questo libro, con la sua ingegnosa famiglia, dal padre Edward, che fu senza dubbio «il più grande uomo scimmia del Pleistocene», a quell’amabile reazionario di zio Vania, che tornava sempre a vivere sugli alberi, a quel viaggiatore incallito dello zio Ian, per non parlare delle ragazze. Un curioso gruppetto, che si trovò, sotto la guida del grande Edward, nella delicata situazione di chi dà all’evoluzione una spinta che non si riequilibrerà mai: la spinta da cui siamo nati tutti noi. Ragionando con impeccabile acume scientifico, nonché un delizioso humour freddo, Edward e i suoi scoprirono «alcune delle cose più potenti e spaventose su cui la razza umana abbia mai messo le mani: il fuoco, la lancia, il matrimonio e così via», sempre sulla base di una elementare esigenza: quella di «cucinare senza essere cucinati e mangiare senza essere mangiati». E naturalmente non mancarono le dispute e i crucci, perché ogni volta si poteva discutere se quelle nuove invenzioni erano davvero buone o cattive, se non rischiavano di sfuggire al controllo e soprattutto se non andavano un po’ troppo contro la natura. Mah...
Pubblicato per la prima volta nel 1960, e poi ripreso più volte sotto vari titoli, questo libro si è fatto strada silenziosamente fra i classici della fantascienza a ritroso. Ma in realtà è un libro inclassificabile: una riflessione romanzesca, acutissima e leggera, su tutta la storia dell’umanità, contrassegnata in ogni dettaglio da quella limpidezza e da quell’ironia che appartengono alla migliore tradizione letteraria e scientifica inglese. Quando Théodore Monod lesse questo libro, segnalò all’autore uno o due errori tecnici, subito aggiungendo «che non importavano un accidente, perché la lettura del libro l’aveva fatto ridere tanto che era caduto da un cammello nel bel mezzo del Sahara».

RECENSIONE

Non è facile parlare di questo libro, ma potrei dire che è il libro che ironizza sull'uomo delle caverne, di quando ancora si viveva nella grotte e si cacciavano, con coraggio, prede venti volte più grandi di noi. La scoperta del fuoco diventa un evento eccezionale: si scopre che la carne cotta è molto più digeribile e gustosa di quella consumata cruda. Anche a quei tempi vi erano i litigi tra coniugi, si dovevano educare i figli, si doveva pensare a cosa mangiare e soprattutto, si doveva stare attenti a non essere mangiati, a non diventare prede.

Non è un libro divertente, ma credo il contrario: fa riflettere sulla nostra condizione umana attuale, ci fa comprendere che gli stereotipi che c'erano prima dell'invenzione della scrittura e delle città, esistono tutt'oggi. Ci fa capire che l'uomo, anche quando ancora era più una scimmia che un umano, sbagliava ed era anche cattivo, egoista, e che secoli di storia non ci hanno cambiati, anzi, spesso ci hanno peggiorati.

Ma un messaggio, forte, esce fuori da questa lettura: l'essere umano tenta di migliorarsi, pur sapendo di essere una carogna, ma anche quando ci sforziamo di farlo combiniamo spesso solo guai.

E poi zio Vania, come dimenticare zio Vania!


venerdì 27 dicembre 2024

[Recensione] I turbamenti del giovane Törless - Robert Musil

 


I TURBAMENTI DEL GIOVANE TÖRLESS || Robert Musil || Mondadori || 2019 || 228 pag.

Scritto nel 1906 e considerato il romanzo di esordio di Musil, la storia, di ispirazione autobiografica, narra attraverso crudi episodi sadomasochistici e avventure intellettuali, il momento di passaggio dall'adolescenza alla virilità nella crisi della società mitteleuropea. Come scrisse lo stesso Musil, in quest'opera risiede la chiave dell'"Uomo senza qualità": l'assenza di sentimento, di morale e di "esperienze" di Törless, lo rende nostalgico, vuoto. Parabola di profonda attualità, nei tratti psicologici del giovane protagonista si delinea il fiero e consapevole rifiuto di un patrimonio di valori svalutato, paragonabile al vuoto "ideologico" e alla noia esistenziale di molti giovani di oggi.

RECENSIONE

L'esordio letterario dello scrittore austriaco Robert Musil, pubblicato per la prima volta nel 1906: si tratta di un romanzo di formazione, che racconta la storia di un giovane cadetto militare disorientato, alla ricerca di valori morali sicuri all'interno del sistema sociale in cui si trova a vivere ed il significato che questi assumono per lui.

Vivere in un severo collegio militare non è facile, e il protagonista del romanzo sente subito la mancanza della sua famiglia. Törless ben presto sentirà una repulsione ma anche un'attrazione verso il compagno Basini, il quale verrà seviziato dai suoi due compagni Beineberg e Reiting. Gli abusi, da psicologici che erano all'inizio, si fanno un po' alla volta fisici e finanche ferocemente sessuali (seppur mai esplicitamente descritti, ma sempre solo allusi). Inoltre il giovane protagonista prova attrazione per una prostituta, Božena, che gli risveglia sentimenti edipici.
Törless sembra esprimere inizialmente il giudizio più duro nei confronti dell'effeminato, privo di forza di volontà e vizioso Basini (si sente difatti interiormente attratto ma anche respinto da lui); ciò lo porta presto ad unirsi ai due persecutori: egli osserva i fatti quasi fosse uno scienziato alle prese con un esperimento che tenta di comprendere, cercando di capire dentro di sé la differenza sussistente tra il suo esteriore "io razionale" che vuole giudicare con impassibilità e la parte più oscura e nascosta della sua anima, quella che intimamente partecipa allo stupro. Ma questo crescente disgusto provato dal ragazzo di fronte alla passività fisica e morale di Basini lo rende infine incapace di proseguire oltre in questo gioco tra schiavo e carnefici: quando il tormento diviene per lui insopportabile arriva a consigliare segretamente a Basini di andare presto a costituirsi dal preside, uscendo così dalla situazione di vicolo cieco in cui s'è cacciato. Törless ad un certo punto capisce che non vuole più farsi complice di tali atti e giunge ad accusare gli altri due aguzzini di comportarsi inutilmente in modo brutale.

La cosa che mi ha infastidito è stato l'atteggiamento del protagonista che assiste a quegli atti di bullismo verso Basini senza intervenire, se non raramente. Spesso i suoi pensieri prendono forma in prima persona, assumendo la voce stessa del narratore, ad esempio nelle lettere regolari inviate ai genitori. Il suo carattere in principio fortemente realistico assume poi sempre più connotazioni mistiche, fino a diventar "un giovane di spirito molto fine e delicato", di natura "estetica ed intellettuale".

Il suo compagno Beineberg basa le proprie azioni su una personale interpretazione dell'induismo e della sua dottrina di distacco dalla realtà mondana in quanto tutto ciò ch'è materiale si rivela illusione-Māyā: ciò lo giustifica davanti a se stesso per tutti gli 'esperimenti ipnotici' e torture inflitti a Basini. La sua fredda tirannia, da perfetto padrone, lo porta a provare quanto lontano possa riuscire a giungere la vittima nella sopportazione prima che il suo carattere debole ed anti-virile si rompa definitivamente. Agisce come un nichilista nemico della morale cristiana e riflette, anche se in forma piuttosto confusa, in pensieri ed azioni l'ideale del superuomo propugnato da Nietzsche.

Reiting, fortemente interessato alla carriera militare, vorrebbe il prima possibile diventare un ufficiale. Per lui Basini rappresenta nient'altro che un subalterno, sopra cui si può scaricare tutta la rabbia e le frustrazioni; esercita la sua sete di potere sul compagno come esercitazione, al fine d'acquisire esperienza per la propria futura carriera: questa la giustificazione che si dà.

Il romanzo, forse in modo un po' riduttivo, potrebbe essere definito come la lotta di un adolescente per capire cosa è bene e cosa è male. Törless conosce il male e capisce come evitarlo. Infatti, dopo essere stato ammaliato dagli istinti animali e primordiali insiti in ogni uomo, riconosce che diventare un vero uomo significa proprio saper convivere con tali istinti tenendoli a freno.


lunedì 23 dicembre 2024

[Recensione] Tutta la stanchezza del mondo - Enrica Tesio

 


TUTTA LA STANCHEZZA DEL MONDO || Enrica Tesio || Bompiani || 2022 || 192 pag.

L’11 febbraio 2013, nel cuore di una serata di ordinario delirio tra figli piccoli, lavoro arretrato e incombenze domestiche, dalla tv arriva una notizia stupefacente: il papa si è dimesso. Non è malato, non è in crisi spirituale, è afflitto dalla patologia del secolo, la stanchezza. In quel momento Enrica Tesio si sente “parte di qualcosa di grande e insieme sola in modo assoluto”. Perché no, noi non possiamo dimetterci. Noi siamo il popolo del multitasking che diventa multistanching. Siamo quelli che in ogni istante libero “scrollano” pagine social per misurare le vite degli altri, quelli che riempiono di impegni il tempo dei figli per il terrore di non stimolarli abbastanza, quelli che di giorno si portano il computer in salotto per lavorare e la sera in camera da letto per guardare una serie ma intanto rispondere all’ultima mail... quelli che, per riposarsi, si devono concentrare. Con il suo sguardo acuto e pieno di humour Enrica Tesio ci apre un diario privato di fatiche collettive, dodici per la precisione, come quelle di Ercole. Con un’unica raccomandazione: stasera, quando tornate a casa, date una carezza a un adulto stanco e ditegli “questa è la carezza dell’ex papa”.

RECENSIONE

In dodici capitoli (proprio come le dodici fatiche di Ercole) l'autrice, con molta ironia, ci presenta le sue disavventure quotidiane al lavoro, a casa coi figli, di una madre single. Non è semplicemente un libro che ci descrive la fatica di essere madre (e per giunta single) ma una riflessione semiseria sulla difficoltà del vivere nella società di oggi, dove non si fa che correre, essere multitasking, essere ipnotizzati dalle tante notizie che circolano nel web.

Un saggio-confessione senza censure di una donna che con spontaneità e cuore aperto ironizza sulle fatiche quotidiane.


sabato 21 dicembre 2024

[Recensione] Jane va a nord - Joe R. Lansdale

 


JANE VA A NORD || Joe R. Lansdale || Mondadori || 2020 || 204 pag.

Jane ha perso il lavoro in lavanderia a causa di una bustina di ketchup che ha dimenticato di togliere dalle tasche di un capo prezioso e le sue prospettive per il futuro sono decisamente scarse. Come ciliegina sulla torta, la sorella minore, che vive a nord e con cui non va d'accordo, l'ha invitata al suo matrimonio, anche se Jane sospetta che l'abbia fatto sicura che lei non avrebbe partecipato. Questo la rende ancora più determinata ad andarci, ma la sua macchina è un rottame che cade a pezzi, impossibile da utilizzare per un tragitto così lungo. Inaspettatamente Jane trova una compagna di viaggio particolare, una donna scontrosa e con un occhio fuori uso di nome Henry, che vuole andare a nord per consultare un'oculista in grado di risolverle il problema e che mette a disposizione la sua auto. Il rapporto tra le due non inizia certo nel migliore dei modi, tra lanci di biscotti duri come il cemento e cespugli di rose distrutti. Se si aggiungono i ricordi di un rapporto sessuale con un predicatore ubriaco nel retro di una chiesa, una corsa nuda lungo la sponda di un torrente, matrimoni falliti e una scarpa dove nascondere i soldi, Jane e Henry sono assolutamente pronte a partire, come due bizzarre Thelma e Louise. Lungo la strada incontrano schiavisti, rapitori, ladri di mutandine, una cantante country di scarso successo di nome Cheryle e si dedicano anche alla ricerca del Super Toaster, uno speciale tostapane a quattro fette. È un viaggio incredibile che, tra furgoncini per il bestiame, un'auto rubata e una decappottabile, segnerà l'inizio di un'amicizia unica. In un divertissement ironico e irriverente con due protagoniste strampalate e sopra le righe, Joe Lansdale dimostra ancora una volta il suo insuperabile "black humour".

RECENSIONE

Ritornare a leggere un libro di Joe R. Lansdale è sempre una garanzia perché sei sicuro che non ti deluderà.

La protagonista, la trentenne Jane Gardner, non se la passa bene dopo essere stata licenziata e vive in una roulette in Texas. Deve dirigersi al nord per essere presente al matrimonio di sua sorella. Purtroppo c'è un problema: la sua auto non sopravvivrebbe a tutti quei km (sta cadendo a pezzi) e deve cercare un modo per arrivarci visto che non può permettersi il prezzo del biglietto dell'aereo. Così, tramite un annuncio, conosce la burbera Henry, la quale deve dirigersi a Boston per effettuare un'operazione sul suo occhio. Da quando si forma questa insolita coppia, che ricorda Thelma & Louise, inizia un'avventura on the road ricca di disavventure, dove tra l'altro vengono pure rapite da una banda di trafficanti di esseri umani. E ben presto il duo diventerà un trio quando conosceranno la cantante rock Cheryle.

Il black Humour è assicurato come in tutte le storie di Lansdale.



venerdì 20 dicembre 2024

[Recensione] L'isola misteriosa - Jules Verne

 


L'ISOLA MISTERIOSA || Jules Verne || Feltrinelli || 2022 || 672 pag.

“Prevedo che ci sia qualche mistero che sicuramente un giorno o l’altro arriveremo a svelare. Osserviamo, dunque.”
Durante la Guerra di secessione cinque uomini fuggono da una prigione sudista a bordo di una mongolfiera, ma una tempesta li porta molto fuori rotta, facendoli precipitare su un’isola all’apparenza selvaggia e disabitata. Grazie alle competenze scientifiche dell’ingegnere Cyrus Smithe e alle conoscenze botaniche del giovane Harbert Browne, il gruppo, di cui fanno parte anche il giornalista Spilett, il marinaio Pencroff e l’ex schiavo Nab, riesce a trovare il modo di sopravvivere e a ricostruire un ambiente favorevole alla sua esistenza. Parrebbe andare tutto per il meglio, ma alcuni strani accadimenti fanno pensare ai naufraghi che l’isola non sia così solitaria. Mentre cercano di investigare, la natura dimostra di non essere una mera spettatrice di quanto accade, ma un personaggio che sembra dotato di volontà essa si manifesta infatti con interventi che spesso giungono in aiuto della piccola squadra, suscitando nei cinque uomini profondi interrogativi e striscianti inquietudini.
Famoso in tutto il mondo per le storie avventurose, Jules Verne compone con L’isola misteriosa uno dei suoi libri più famosi e amati, capace di trasportare il lettore in una meravigliosa e coinvolgente avventura in una terra remota e selvaggia.

RECENSIONE

Devo essere sincero: sono giunto alla lettura di questo celebre romanzo di avventura di Jules Verne grazie alla visione della serie tv Lost, dove appunto in un episodio viene citato questo libro.

I protagonisti di questo romanzo precipitano, con la loro mongolfiera, in un'isola misteriosa dopo una brutta tempesta. L'isola a prima vista sembrerebbe disabitata, ma durante la loro permanenza scopriranno che forse c'è qualcuno che li aiuta in segreto, senza farsi vedere. La storia ricorda molto da vicino quella del naufrago Robinson Crusoe, ma stavolta i naufraghi sono 5: l'ingegnere Cyrus Smithe, il giovane Harbert Browne esperto botanico, il giornalista Spilett, il marinaio Pencroff e l’ex schiavo Nab. e proprio come Robinson anche loro costruiscono un rifugio, coltivano un orto, allevano degli animali, costruiscono addirittura una barca. Ma la montagna sembra risvegliarsi dal suo sonno millenario.

Ritornare a leggere un romanzo di Verne mi mette sempre tanta gioia, visto che è stato uno degli autori che ho amato fin da giovanissimo. E poi scoprire la presenza di un personaggio che avevo già amato in Ventimila leghe sotto i mari rende tutto ancora più bello.

Il messaggio che voleva dare Verne credo fosse che l'uomo, quando collabora coi suoi simili e non si scoraggia della sorte avversa, riesce a sopravvivere e ad addomesticare un mondo selvaggio.

lunedì 16 dicembre 2024

[Recensione] Scacco al tempo - Fritz Leiber

 


SCACCO AL TEMPO || Fritz Leiber || Mondadori || 1986 || 159 pag.

Carr Mackay ha un lavoro tranquillo, una fidanzata che lo spinge a far carriera e una vita tutto sommato ben pianificata. Ma ecco che un giorno conosce una strana ragazza, bella e alquanto terrorizzata, e da quel momento la sua vita scivola lungo binari diversi. Scopre di possedere un oscuro potere che il mondo attorno a lui sembra aver perduto, e soprattutto si rende conto che il tempo non è uguale per tutti. O meglio, che non tutti sono obbligati a rispettare la sceneggiatura cosmica imposta silenziosamente al genere umano dall'ordine delle cose. Da quel giorno la vita cambia per Carr Mackay, in modo radicale e spaventoso, poiché fra i pupazzi che tutt'intorno continuano la loro recita si nascondono altri ribelli niente affatto amichevoli...

RECENSIONE

Prima opera che leggo di Fritz Leiber.

Il protagonista è un impiegato a cui, un giorno, la sua vita verrà completamente sconvolta dall'incontro con una bella ragazza terrorizzata da nemici che la inseguono: da quel momento il nostro amico scoprirà che la sua vita era tutta una farsa.

Sinceramente a me questa storia ha ricordato subito il film Matrix, anche se questo romanzo è uscito molto anni prima del film quindi sono stati quelli di Matrix ad ispirarsi a questo libro e non il contrario. Il tema di questa storia è una semplice domanda: e se gli esseri umani in realtà non sono altro che dei burattini o delle rotelle che vengono guidati o mossi dall'universo che è una macchina? La vicenda narrataci da Leiber mette al centro la solitudine e l'alienazione dell'uomo moderno.

Peccato per le forzature che l'autore ha aggiunto di tipo sessuale per poter vendere meglio, visto che questo suo romanzo è stato parecchio sfortunato (lo afferma lo stesso autore nella postfazione), forzature che hanno reso la storia sicuramente più hot (oggi si direbbe spicy) ma anche più ridicola e spesso disturbante. Un'altra cosa che ho ravvisato è che i personaggi sembrano freddi, senza anima, vivono come se fossero già morti. La stessa trama non è avvincente ma semplicemente i personaggi si spostano da un luogo all'altro a caso.

Ecco la mia video recensione:



martedì 10 dicembre 2024

[Recensione] Una rosa per Emily - William Faulkner

 


UNA ROSA PER EMILY || William Faulkner || Adelphi || 1997 || 99 pag.

L’arte di Faulkner fu grandissima non solo in vasti e dilaganti romanzi come Luce d’agosto o Assalonne, Assalonne!, ma anche in certi racconti brevi e asciutti, di memorabile intensità. Storie di donne del profondo Sud, oscillanti fra la nostalgia, la follia e il noir – ritratti in cui è incisa la cifra di uno scrittore di prodigiosa potenza. Questo libro ne raduna tre, Una rosa per Emily, Miss Zilphia Gant e Adolescenza, assumendo come titolo quello del più celebre di essi, che per molti è diventato il simbolo della narrativa di Faulkner, ossessivamente legata all’evocazione di un mondo svanito, quale appare a uno sguardo solitario, celato dietro la scena: «Di tanto in tanto la vedevamo a una delle finestre del pianterreno – aveva evidentemente chiuso il piano superiore della casa –, simile al busto scolpito di un idolo in una nicchia, che ci guardava oppure non ci guardava, era impossibile dirlo. Così passò da una generazione all’altra, amabile, ineluttabile, impervia, tranquilla e perversa».

RECENSIONE

Primo libro che leggo di William Faulkner. In questo caso ci troviamo al cospetto di una raccolta di racconti e sono esattamente tre:
1. Una rosa per Emily;
2. Miss Zilphia Gant;
3. Adolescenza.

Le protagoniste di questi racconti sono tutte donne del Sud degli Stati Uniti che vivono come imprigionate le loro vite. Miss Zilphia è condizionata dalla madre che la segrega a casa e le impedisce di conoscere un futuro marito, mentre Emily è succube di un padre autoritario e anche lui la ostacolerà nel crearsi un futuro, infine Juliet, la più giovane protagonista, fa amicizia con un altro ragazzino ma verrà anche lei ostacolata dalla nonna (che la considera una poco di buono perché nuota e gioca nuda).

Non amo particolarmente questo tipo di storie ma devo ammettere che lo stile di scrittura di Faulkner è davvero alto e godibile.


[Recensione] Il Cammino di Santiago - Fabrizio Ardito

  IL CAMMINO DI SANTIAGO || Fabrizio Ardito || Touring Editore || 2012 || 328 pag. Esperienza spirituale che si colora d’avventura, la marci...