martedì 31 dicembre 2024

[Recensione] La malora - Beppe Fenoglio

 


LA MALORA || Beppe Fenoglio || Einaudi || 2005 || 85 pag.

Secondo libro di Fenoglio, La malora apparve nel 1954, due anni dopo il fulminante esordio dei Ventitré giorni della città di Alba. Vi si racconta, con un tono ruvido che nulla concede alla retorica e al sentimento, la vicenda carica di destino del giovane Agostino che, morto il padre, va a servizio in un'altra cascina. Fenoglio conosceva bene la realtà umana delle colline di casa. Le vite elementari dei suoi personaggi, scandite dalla fatica e dal silenzio, dalla dignità e da speranze impossibili, sono come scolpite nella pietra di un linguaggio essenziale, e tuttavia profondamente partecipe che ha fatto dello scrittore albese uno dei "grandi" del Novecento.

RECENSIONE

Prima opera di Beppe Fenoglio che leggo. La malora è la narrazione in prima persona dell'ormai adulto contadino Agostino Braida il quale ricorda un tratto della sua giovinezza nelle langhe piemontesi, precisamente di quando suo padre aveva tanti possedimenti ma il caso, il destino, sconvolse tutto quanto e mandò tutto alla malora fino alla morte, in un incidente al pozzo, del padre, costringendo Agostino ad andare a lavorare "a servizio" in un'altra cascina. Suo fratello Emilio entrerà in seminario dove soffrirà la fame e Stefano, il fratello più grande, dopo essere stato nell'esercito ritornerà in famiglia.

Questo tipo di narrazione risulta avere delle caratteristiche del romanzo verista (come ad esempio La roba di Verga) dove i dialoghi spesso vengono riportati nel dialetto locale e dove si narra la situazione di povertà dei ceti più bassi. E dove c'è fame e povertà, purtroppo, facilmente esce fuori anche la violenza. Fenoglio descrive benissimo la "vita grama" che facevano questi poveri diavoli, sempre sfruttati dai più ricchi e potenti.

La parte in cui lo stesso Agostino si innamora di una serva che prestava servizio alla cascina dove lavorava e alla quale si dichiara abbastanza impacciatamente e lei risponde positivamente alla sua corte e poi viene portata via dai suoi perché le avevano trovato un buon partito per farla maritare mi ha lasciato davvero rattristato, ho provato, come si suol dire, lo stesso dolore del cuore infranto di Agostino, impotente di fronte alle decisioni degli altri.


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