mercoledì 28 aprile 2021

[Recensione] Fiabe irlandesi - W. B. Yeats

 


FIABE IRLANDESI || W. B. Yeats || Newton Compton || 5 gennaio 2012 || 384 pagine

Poco più di un secolo fa Yeats, la maggiore voce poetica di lingua inglese del Novecento, riuniva per la prima volta nelle raccolte Fiabe e racconti delle campagne irlandesi (1888) e Fiabe irlandesi (1892) le favole e i racconti dei più grandi scrittori del suo Paese, tra cui Thomas Crofton Crocker, Lady Wilde (madre di Oscar), William Carleton, Douglas Hyde.
Grazie agli scritti di questi autori, che seppero ben interpretare e rivendicare la validità di una tradizione narrativa popolare autonoma e vivace, Yeats realizzò una splendida panoramica del folclore irlandese, popolato da spettri, folletti, diavoli, giganti, streghe, druidi...

RECENSIONE

William Butler Yeats nacque a Dublino nel 1865 e faceva parte di quel gruppo di scrittori del Rinascimento Celtico ma proveniva anche da quelle famiglie la cui storia era molto legata alla cultura della chiesa irlandese ed è evidente la sua grande sensibilità di stampo cristiano nei racconti che ha raccolto in questo volume. Questa opera racchiude e raccoglie due sue raccolte, ovvero Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry e Irish Fairy Tales, pubblicate assieme la prima volta col titolo Fairy and Folk Tales of Ireland nel 1973 dall'editore irlandese Colin Smithe, edizione che verrà aggiornata nel 1977 e corredata da un elenco delle fonti di Yeats. In questo volume vi troviamo, data la varietà degli autori dei racconti, una grande disparità di stili narrativi. Ci sono rielaborazioni letterarie di racconti tradizionali, traduzioni dall'irlandese, trascrizioni di fiabe raccolte dalla viva voce dei narratori. Grazie a questo straordinario lavoro di raccolta dell'autore possiamo, ai giorni nostri, leggere le fiabe che hanno da sempre caratterizzato la cultura irlandese come: folletti, sirene, spettri, streghe, diavoli, giganti, re e regine, ballate e leggende.


martedì 27 aprile 2021

[Recensione] La quinta onda - Rick Yancey

 


LA QUINTA ONDA || Rick Yancey || Mondadori || 18 marzo 2014 || 520 pagine

Di notte, Cassie non può più guardare il cielo stellato con gli stessi occhi di prima; ora sa che loro arrivano da lì, da quegli astri luminosi e distanti, e arrivano per distruggere il suo mondo. Cassie è tra gli ultimi superstiti, sola, in fuga da loro, esseri mandati sulla Terra per sterminare la specie umana: l'unica speranza che le resta è ritrovare Sammy, il fratellino che le è stato strappato dalle braccia. Quando il misterioso Evan Walker si offre di aiutarla, Cassie capisce che deve prendere una decisione: fidarsi o rinunciare alla sua missione, arrendersi o continuare a lottare. 

RECENSIONE

Ho voluto leggere un ennesimo Young Adult fantascientifico che potrebbe ricordare The Maze Runner, Divergent e The Hunger Games per prendermi una pausa dalla lettura di un prossimo libro giallo (questo anno mi sto ingolosendo di quel genere).

Cassie è un'adolescente che si ritrova da sola a dover sopravvivere a un'invasione aliena: gli hanno ucciso i genitori, gli hanno rapito il fratellino piccolo e lei adesso è alla sua ricerca, cercando di non farsi uccidere dagli invasori. Ma per fortuna troverà un bel ragazzo a darle una mano.

Sarò franco: questa storia era partita bene, al cardiopalmo, poi purtroppo è diventata una telenovela di basso livello, con pruriti adolescenziali e trama che si perde in una monotonia quasi insopportabile. Odio dovermi ripetere: le idee c'erano, erano ottime, il problema è stato che non le hanno sviluppate a dovere, anzi quasi per niente. Poi tutta la parte militare non ha contribuito ad alleggerire la storia.


lunedì 26 aprile 2021

[Recensione] Dieci piccoli indiani - Agatha Christie

 


DIECI PICCOLI INDIANI || Agatha Christie || Mondadori || Maggio 2002 || 182 pagine

Dieci persone estranee l’una all’altra sono state invitate a soggiornare in una splendida villa a Nigger Island senza sapere il nome del generoso ospite. Eppure, chi per curiosità , chi per bisogno, chi per opportunità , hanno accettato l’invito. E ora sono lì su quell’isola che sorge dal mare simile a una gigantesca testa di negro che fa rabbrividire soltanto a vederla. Non hanno trovato il padrone di casa ad aspettarli; hanno trovato invece una poesia incorniciata e appesa sopra il caminetto della loro camera. E una voce inumana e penetrante che li accusa di essere tutti assassini. Per gli ospiti intrappolati è l’inizio di un interminabile incubo.

RECENSIONE

E brava la Christie! Mi hai fregato. Fino alla fine ho fatto mille congetture per riuscire a capire chi fosse l'assassino del romanzo, ma niente, è riuscita nel suo intento: mi ha distratto e non ho capito una ciofega. Brava. Anche se sono rimasto deluso quando viene svelato chi è e come ha agito l'assassino, una spiegazione assurda e improbabile, ma realistica, non posso negarlo. Peccato che si può leggere solo una volta. Se ancora vi manca, recuperate questo bel giallo e mettete alla prova il vostro fiuto investigativo latente.

sabato 24 aprile 2021

[Recensione] Espiazione - Ian McEwan

 


ESPIAZIONE || Ian McEwan || Einaudi || 1 maggio 2005 || 381 pagine

All'età di tredici anni, in un caldo giorno d'estate del 1935, Briony Tallis sente di essere diventata una scrittrice. La sera stessa, accusando di un crimine odioso un innocente, commette l'errore che la segnerà per tutta la vita. Eppure la giornata era iniziata sotto i migliori auspici. C'era la commedia da mettere in scena, i cugini arrivati dal nord per trascorrere qualche tempo in casa Tallis, e da Londra era atteso l'amatissimo fratello Leon con un amico, industriale della cioccolata. Soltanto la sorella maggiore Cecilia impensieriva Briony, con quel suo misterioso rapporto che la legava a Robbie Turner, il figlio della loro donna di servizio.
Tutti i personaggi entrano in scena ma, nella commedia della vita, non ci sono prove prima della recita e ogni gesto assume un carattere definitivo. Presto, sarà troppo tardi per fermare la macchina dell'ingiustizia e la guerra arriverà a spazzare via il vecchio mondo con le sue raffinate ipocrisie. 

RECENSIONE

A tredici anni un amore che sboccia può sembrare un plagio. Una ragazzina che assiste a una violenza può convincersi di aver riconosciuto il responsabile e far condannare un innocente, rovinandolo e rovinandosi. Perché tutta la vita sarà segnata dalle conseguenze. La ragazzina crescerà, diventerà una scrittrice, ma non si libererà del peso dell'ingiustizia inferta a un innocente, alla propria sorella innamorata e in fin dei conti anche a se stessa.
Questa, in breve, la storia narrataci da McEwan in questo bellissimo (e drammatico) romanzo, dove i veri protagonisti, più che quelli in carne ed ossa, sono i sensi di colpa. Il romanzo è diviso in tre parti: la prima, dedicata all'accusa di Briony, frutto di una serie di coincidenze e di incomprensioni, un'accusa pesante che distruggerà la vita di due persone. La seconda è l'espiazione della "colpa" di Robbie, una colpa che in realtà non ha mai commesso. La terza è l'espiazione di Briony, cresciuta, che espia la sua colpa in un ospedale di Londra, consapevole degli errori commessi. Ancora espiazione per Briony nell'ultima parte del romanzo quando, ormai anziana, ha appena terminato l'ultima versione del romanzo che narra quella tragica storia.
Il romanzo ci offre anche dei racconti di guerra, soprattutto nella seconda parte che vede Robbie come protagonista a Dunkerque, e delle pagine piene di pathos in cui Briony, ormai famosa scrittrice si chiede se sia possibile l'espiazione di chi ha il potere di decidere dei suoi personaggi.
E McEwan scrive da Dio.


venerdì 23 aprile 2021

[Recensione] Colazione da Tiffany - Truman Capote

 


COLAZIONE DA TIFFANY || Truman Capote || Garzanti || 128 pagine

Holly Golightly, la protagonista di questo estroso romanzo breve, è una cover-girl di New York, attrice cinematografica mancata, generosa di sé con tutti, consolatrice di carcerati, eterna bambina chiassosa e scanzonata. È un personaggio incantevole, dotato di una sorprendente grazia poetica. Intorno a lei ruotano tipi bizzarri come Sally Tomato, paterno gangster ospite del penitenziario di Sing Sing, O.J. Berman, il potente agente dei produttori di Hollywood, il "vecchio ragazzo" Rusty Trawler, Joe Bell, proprietario di bar e timido innamorato...

RECENSIONE

Colazione da Tiffany è un romanzo breve di Truman Capote pubblicato nel 1958. Holly Golightly (che verrà interpretata nel film omonimo tratto da questo romanzo nel 1961 dalla bellissima Audrey Hepburn) è la giovane protagonista alla ricerca di una temuta stabilità che non deve toglierle la libertà. Una creatura affascinante, dirompente, ingenua e sfuggente, accompagnata da un coro di voci che caratterizzano personalità ed episodi differenti. Ingenuità, freschezza, follia, amicizia, denaro, compromessi, scelte e casualità sono gli ingredienti di questo spaccato newyorkese. Non mi ha colpito più di tanto.

giovedì 22 aprile 2021

[Recensione] La Certosa di Parma - Stendhal

 


LA CERTOSA DI PARMA || Stendhal || 484 pagine

Un giovane sensibile e bello, Fabrizio del Dongo, compie il tragitto stendhaliano della felicità, che si adempie sia oggettivamente attraverso l'impegno nella storia sia soggettivamente attraverso il compimento pieno delle passioni della vita privata. Pubblico e privato, Waterloo e Napoleone, s’intrecciano alla passione per la Sanseverina, e nel romanzo premono con la stessa cogenza.
Figlio del tenente Robert, arruolato nella Grande Armée napoleonica che aveva varcato le Alpi il 15 maggio 1796, destando l’Italia dai secoli bui in cui era caduta dalla Controriforma, Fabrizio è figlio illegittimo del militare francese e della marchesa del Dongo.

Prima opera di Stendhal che leggo e, scopro, essere l'ultima che lui scrisse. Si percepisce la sua sensibilità romantica e la precisa analisi delle passioni dei suoi personaggi, gli intrighi politici e i comportamenti sociali delle classi che ci descrive. Stendhal era uno scrittore francese che amava l'Italia, e ciò si desume dalla lettura della sua opera. Si narra che La Certosa di Parma fu dettata e scritta in soli 52 giorni (tra il 4 novembre ed il 26 dicembre 1838) dall'autore per fuggire dall'opprimente noia e che si ispirò, nel comporla, a un manoscritto sulla storia dei Farnese, nel periodo del Rinascimento italiano (periodo che lui amava immensamente).

Trama
Protagonista è il giovane nobiluomo milanese Fabrizio del Dongo. Suo padre è un soldato napoleonico, sua madre una nobildonna milanese. Fabrizio cresce vivace e sano nel castello di Grianta, viene educato in un collegio di gesuiti a Milano, e il suo interesse si concentra sulle gesta eroiche dei suoi antenati. Circondato dalle attenzioni della madre e della zia, attira su di sé la gelosia del fratello Ascanio.
Ammiratore di Napoleone, decide di combattere nel suo esercito in Belgio all’insaputa del padre, conservatore e filo-austriaco. Al suo arrivo i soldati francesi lo scambiano per una spia e lo arrestano. Riuscito a fuggire, cerca un altro battaglione napoleonico cui unirsi, ma le delusioni si sommano una dopo l’altra. Alla fine riuscirà a unirsi all’esercito e si troverà spettatore confuso, impaurito e deluso della famosa battaglia di Waterloo. Sconfitto Napoleone, Fabrizio si trova a girovagare senza meta. A Parigi scopre che deve far ritorno in Italia ma anche che Ascanio lo ha denunciato accusandolo di essere una spia napoleonica. Ricercato dalla polizia, dopo mille peripezie Fabrizio riesce a tornare al castello di Grianta, ma è costretto a fuggire di nuovo, fino a quando la zia, la duchessa di Sanseverina, segretamente innamorata di lui, non lo prende sotto la sua ala protettiva facendogli ottenere l’immunità. A Fabrizio viene consigliato di farsi monsignore, e dopo aver ricevuto la nomina raggiunge la zia alla corte del principato di Parma. Ma anche qui Fabrizio è vittima di raggiri, finisce in prigione e sarà condannato a morte. Proprio in prigione trova finalmente l’amore in Clelia Conti, figlia del governatore del carcere. Riuscito a fuggire grazie all’aiuto della zia, Fabrizio avrà un figlio da Clelia.

Recensione
In poche parole è la storia della vita avventurosa di un giovane aristocratico milanese cadetto, dei suoi ardori giovanili, e del suo rapporto, a tratti ambiguo, con l' affascinante e bellissima zia, la duchessa Sanseverina. Il tema di fondo è politico e si sviluppa nei primi decenni del XIX secolo, dunque quasi di attualità, dopo la sbornia della rivoluzione francese e l'epopea napoleonica, cui Fabrizio partecipa da adolescente avventurandosi in modo picaresco (e donchisciottesco) fino a Waterloo, per assistere alla fine di un'era. Spontaneo, incosciente, coraggioso, animato da eroici furori e in contrasto con un padre e un fratello maggiore che sono alfieri della repressione restauratrice, il marchese del Dongo incarna la figura del nobile decaduto, che da un lato si fa prendere dalla passione per il liberalismo e dall'altro però vive e agisce secondo i privilegi di una casta che si avvia a perdere il suo ruolo sociale nel confronto con la realtà. Privo di qualunque qualità che non sia l'avventata sincerità della giovinezza, Fabrizio è vittima delle sue passioni, non ha una propensione e neppure un'educazione approfondita e nel corso delle sue avventure il narratore onnisciente, che guarda alla sua sprovvedutezza con occhio bonario e divertito insieme, lo dipinge sempre sul punto di perdersi, se non fosse per i continui interventi e interesse della zia. La duchessa, vedova di un generale napoleonico, decide di spostarsi da Milano nella piccola corte di Parma, più provinciale e governata da un occhiuto e gretto despota con grandi ambizioni politiche, dove gode dell'amore del ministro del ducato farnesiano e diviene epicentro di intrighi e maneggi tra le fazioni del ministro stesso, conservatore, e avversa, i liberali guidati dalla marchesa Raversi. Questa parte del romanzo non è del tutto storica perché dopo i regni napoleonici il ducato di Parma era governato da un ramo della famiglia Borbone, essendo quella originaria dei Farnese da tempo estinta. Probabilmente l'opportunità politica consigliava a Stendhal un'ambientazione non del tutto realistica, visto che siamo negli anni tra 1831-48, destinati a cambiare la fisionomia geopolitica dell'Europa e dell'Italia. Attorno a questi due personaggi, Fabrizio e la duchessa, ruotano una serie di comparse e caratteri minori, come il conte, amante ufficiale della Sanseverina, insieme geloso e affezionato al primo, che intuisce come il legame tra zia e nipote potrebbe anche trasformarsi in qualcosa di più intenso e vive sospeso sotto la minaccia continua di perdere la donna che ama e il posto di ministro che gliela garantisce, come il principe Ernesto V, fautore di uno stato poliziesco ma ambizioso al punto di promuoversi negli ambienti liberali come riferimento per i circoli antiasburgici per i nascenti progetti di unificazione italiana; o ancora la viscida figura dell'adulatore, il fiscale Rassi, animato dalla sola ambizione di raggiungere, lui funzionario borghese, la posizione di nobile e pronto a essere messo in ridicolo in ogni modo dai suoi superiori e a prestarsi a qualunque inganno per i suoi fini; infine l'irrinunciabile eroina, Clelia, figlia di un ex generale napoleonico, divenuto poi il carceriere di Fabrizio, icona di bellezza e dei tormenti spirituali e sentimentali di ogni figura femminile romantica, pronta a ogni sacrificio per una visione dell'amore che sa di idealismo adolescenziale più che di vera passione e di coraggio. Attraverso le complicate vite dei due personaggi principali l'autore tratteggia il ritratto di una società e di un ceto, la nobiltà decadente, completamente e inconsapevolmente travolta dai tempi e dalle contraddizioni, che sembra non rendersi conto che il turbine rivoluzionario ha spazzato via le condizioni di vita dell'ancien regime.
Le tre figure centrali rappresentano tre atteggiamenti possibili nei riguardi del potere e tre diversi modi di distanziarsi da esso. Mosca lo domina e lo manovra, pur considerandolo, in privato, una farsa; la Sanseverina lo tollera ma è sempre pronta a contrastano con tutta la forza dei suoi appetiti; Fabrizio si piega davanti ad esso con l’inchino del cortigiano e del chierico ma rimane fondamentalmente indifferente alle sue istanze. Stendhal partecipa di tutt’e tre questi atteggiamenti ma di nessuno dei tre esclusivamente.

Numerosi critici hanno detto che nella figura di Mosca Stendhal impersonava una sua visione machiavellica della politica; Arnold Hauser, uno dei migliori critici di tendenza sociologica della nostra epoca, afferma che i romanzi di Stendhal sono « corsi di lezioni di amoralismo politico » e cita sottoscrivendola l’osservazione di Balzac, secondo cui La Certosa è il romanzo che avrebbe scritto il Machiavelli se fosse vissuto nell’Italia del XIX secolo e ne fosse stato messo al bando. [...]
La Sanseverina è una romantica che incarna nei rapporti personali l’ideale napoleonico o, per lo meno, quel principio come viene inteso e sublimato da Stendhal. La grande passione della sua vita è il suo sentimento per Fabrizio, che è più di un amore incestuoso, pur essendo certamente anche questo, in quanto implica il desiderio di trovare un sostegno spirituale in un’altra persona e in tal modo ricostruirsi un’esistenza. In virtù della forza di un altro essere essa vorrebbe tornare alla condizione della sua giovinezza, non per dominare Fabrizio ma per entrare in comunità spirituale con lui.
Fabrizio è un giovane in cui si cela, sopito, un germe di aspirazione morale che un’epoca diversa potrebbe far crescere e fruttificare; egli si fa prete, trasformando la sua vita in una parodia della fede, e non a caso, poiché ha la vocazione religiosa, sia pure in una forma distorta. Sebbene non sia un sognatore, Fabrizio è dedito ai sogni - ha l’abitudine di sprofondarsi dentro se stesso fino a raggiungere il bozzolo della fanciullezza e dell’innocenza. Forse la scena in cui più la sua figura si impone, (certo una delle più belle del romanzo) è quella in cui egli torna all’albero di noce sotto il quale giocava da bambino ed ora compie un rito per riacquistare le forze vitali, esprimendo così il suo bisogno non solo di affermare la propria virilità della quale, come del resto lo stesso Stendhal, egli non è mai certissimo, ma anche il profondo senso religioso che prova nei confronti della sua fanciullezza e di quel poco che gliene resta.
Ancor più brillante è l’impostazione del personaggio di Ferrante Palla, figura che merita tutte le lodi prodigate da Balzac. Fare dell’unico liberale efficiente di Parma un poeta un po’ folle ed un brigante da strada maestra, un Robin Hood completamente tagliato fuori dal popolo e tuttavia difensore fermissimo dei suoi diritti - questo è un tratto di finissimo umorismo politico. Quando tutti i liberali tradizionali falliscono e si vendono, l’artista pazzo resta all’opposizione. Sfrenato, impetuoso, prodigo, egli fa qualsiasi pazzia per l’amore (amore e liberalismo sono la stessa cosa ai suoi occhi), scrive grandi sonetti e nel mondo di Parma è solo ad essere veramente felice (forse perché è un po’ pazzo, insinua furbescamente Stendhal).


mercoledì 21 aprile 2021

[Recensione] Le avventure di Peter Pan - J. M. Barrie

 


LE AVVENTURE DI PETER PAN || J. M. Barrie || Newton Compton || 227 pagine

«Nel momento in cui dubiti di poter volare, perdi per sempre la facoltà di farlo». È questa la ragione che spiega il mistero, semplice eppure profondo, del fascino di Peter Pan. La magia dei personaggi e delle atmosfere deriva da un’incrollabile fiducia nella forza dei sogni: con la sua freschezza e vitalità, questo strano ragazzo vola, insieme con i lettori, «dritto fino al mattino». Nel primo racconto, "Peter Pan nei giardini di Kensington", Peter è un bambino fuggito dalla culla che vive nel grande parco, tra saggi pennuti, fate e creature di sogno. In "Peter e Wendy" ha invece già raggiunto la famosa “Isolachenoncè”, e affronta bizzarre avventure in quella terra fantastica, popolata da pirati, sirene, pellerossa e da un feroce coccodrillo divoratore di uomini e sveglie... 

RECENSIONE

Finalmente riesco a leggere la storia originale di Peter Pan, il bambino che non voleva diventare adulto. E chi di noi non è un po' Peter Pan? Penso tutto gli adulti lo nascondono ma chi non desidererebbe tornare bambino e fantasticare mille avventure? Chi non vorrebbe volare? Chi non vorrebbe lottare con i pirati? Un libro che esplora i nostri desideri più nascosti e dove l'autore in fondo ci dice chiaramente che tutti noi vogliamo tornare bambini, anzi, in realtà lo siamo sempre (anche da adulti) solo che ci vergogniamo ad ammetterlo.

martedì 20 aprile 2021

[Recensione] La signora delle camelie - Alexandre Dumas figlio

 


LA SIGNORA DELLE CAMELIE || Alexandre Dumas figlio || Newton Compton || 128 pagine

Camelie profumate: sono i fiori che accompagnano sempre Margherita Gautier e che diventano il perfetto simbolo di un personaggio mitico.
Margherita: mantenuta del duca, amore impossibile di Armand, fragile donna malata e vittima dei suoi vizi, eppure misteriosamente forte. Un personaggio indimenticabile, che donò al suo giovanissimo autore (nel 1848, quando uscì la prima edizione, il figlio del grande Alexandre Dumas non aveva che ventiquattro anni) un successo clamoroso e ininterrotto, capace di superare i confini del tempo e dell’arte. L’autore stesso ne realizzò una versione teatrale; pochi anni dopo, Giuseppe Verdi saprà farne una trasposizione sublime, in musica, con La Traviata. Margherita Gautier, alias Violetta, è diventata così una figura a sé stante: un mito appunto, con il quale si sono confrontate dive come Eleonora Duse, Greta Garbo, Maria Callas.

RECENSIONE

La signora delle camelie (titolo originale La dame aux camélias) è un romanzo del 1848 di Alexandre Dumas figlio, romanzo che gli permise di farsi conoscere dal pubblico e gli aprì le porte del successo.
Il libro è ispirato alla vita di una cortigiana realmente esistita, Marie Duplessis (pseudonimo di Alphonsine Plessis), che come la protagonista Marguerite morì giovane di tisi. La scelta di narrare fatti incresciosi quasi come una denuncia della società fece sì che Dumas venisse catalogato come scrittore scandaloso. Ad ogni modo, grazie alla pubblicazione di quest’opera viene considerato il padre del teatro realista (e, più nello specifico, verista), dato che egli stesso decise di realizzarne un adattamento teatrale che ebbe molto successo. In più anche Giuseppe Verdi, qualche anno dopo, ne fece una trasposizione brillante creando quella che oggi conosciamo come La Traviata, la cui protagonista, che non è Marguerite ma Violetta, è diventata una figura mitica, interpretata da grandi attrici come la Duse o la Garbo.
Questa è la storia di due persone che non possono stare insieme e che tentano di agire l’una per il bene dell’altra ma vanno incontro solamente ad un mucchio di incomprensioni e segreti. E’ la storia triste di una donna che pensa di poter cambiare la sua sorte e iniziare una vita dignitosa con un uomo che realmente ama e dal quale non vuole nulla, solo un sentimento disinteressato. Ma in questo tipo di romanzi il binomio amore-morte è inscindibile, tanto che seppur narrata con una immensa delicatezza di parole, la vicenda ha comunque un epilogo tragico e straziante.


martedì 13 aprile 2021

[Recensione] Letteratura palestra di libertà - George Orwell

 


LETTERATURA PALESTRA DI LIBERTÀ || George Orwell || Mondadori ||  1 ottobre 2013 || 272 pagine

Che cosa spinge gli uomini a scrivere? Leggere è davvero un hobby costoso, destinato alle élite e non alle masse? E ancora: qual è il legame tra linguaggio e azione politica, quale il confine tra arte e propaganda? Letteratura palestra di libertà raccoglie numerosi scritti degli anni Trenta e Quaranta - alcuni tradotti per la prima volta in italiano - nei quali Orwell affronta, da un originalissimo punto di vista, il senso della letteratura e del rapporto con i libri: dalla propria "vocazione" per la scrittura ai ricordi di un'esperienza di lavoro in libreria, all'analisi dell'opera di grandi scrittori quali Dickens, Kipling, Eliot, Greene. In queste pagine Orwell unisce l'esegesi dei testi alla rievocazione di episodi personali, a riflessioni più generali sulla propria opera e quella di altri artisti, regalandoci tra l'altro un non convenzionale ritratto di sé e dei propri gusti. Con uno stile inimitabile, tra il saggio e il giornalismo, che sa essere insieme limpido e brillante, piano e profondo, mostra al lettore l'inestricabile connessione che lega la letteratura alla vita e alla libertà dell'individuo. 

RECENSIONE

Questo libro è stato il mio primo acquisto libresco del 2016. Entrato (per caso) in una libreria, dopo aver analizzato quasi ogni angolo del luogo stipato di libri, stavo per acquistare Il ballo della Némirovsky quando il mio sguardo è stato colpito dal titolo vicino Letteratura palestra di libertà (chiaramente si capiva che era un saggio e non un romanzo). Quando poi scoprii che era una raccolta di articoli di George Orwell su libri, librerie e scrittori, la scelta è stata immediata e senza ripensamenti (cara Irène Némirovsky non avercela a male, tanto ti leggerò presto, e poi ho da poco divorato Suite francese). Ecco perché mi piace entrare in libreria, non sono io a scegliere i libri, sono loro che scelgono me, ricordatevelo!
Ho passato delle piacevoli ore nel leggere questi saggi di Orwell, tra l'altro da poco avevo riletto e ri-gustato 1984.
In "Ricordi di libreria" l'autore ci narra il suo breve periodo da aiutante libraio nel 1934 a Londra alla Booklovers' Corner di South End Road, Hampstead (tutt'oggi visitabile). Ciò che colpisce, oltre le descrizioni delle bizzarrie dei clienti della libreria, è scoprire che anche nel '34 i classici erano poco considerati e acquistati, mentre si preferivano le cosiddette "letture leggere" come racconti polizieschi e romanzi rosa.
In "Charles Dickens" Orwell critica la letteratura dello scrittore inglese e notiamo che lo conosce anche troppo bene, visto che ci riempie, anzi, ci valanga di tutti i suoi personaggi tanto che nelle note è stata necessaria una sorta di legenda per capire tale personaggio a quale opera di Dickens facesse parte (soprattutto per me che fino ad oggi ho solo letto Grandi Speranze e Canto di Natale). Mentre scriveva questo saggio apprendiamo che Orwell ha finalmente capito di essere un socialista democratico e che aborrisce le strategie staliniste, e per questo è stato messo al bando da molta sinistra britannica. Le critiche che rivolge a Dickens hanno un'impostazione di tipo politico - sociologica cui si accompagna una grande tensione morale. Traspare il suo amore per questo autore, ma nel frattempo ci mostra tutti i suoi difetti dai quali emerge il suo forte senso morale che gli consente di travalicare le ideologie e arrivare così diritto al cuore della gente "popolare".
In "Dentro la balena" Orwell critica Henry Miller, autore del romanzo Tropico del Cancro. Lo considera uno scrittore atarassico ed egocentrico, icona della passività e del disimpegno. E per capire il motivo per cui lui ami questo autore ci presenta, in breve, tutta la storia letteraria inglese che abbraccia circa un periodo di quarant'anni. Uno dei saggi di questa raccolta più importanti e interessanti.
In "Rudyard Kipling" Orwell analizza la poesia della difficile figura di Kipling (interessante la sua idea sull'onestà che deve avere un critico letterario e, in primis, uno scrittore).
In "T. S. Eliot" Orwell recensisce delle poesie di Eliot, autore col quale ha un rapporto conflittuale. In lui non condanna l'opzione religiosa in sé quanto l'elemento volontaristico e inautentico che essa comporterebbe riflettendosi negativamente sul prodotto artistico.
In "Recensione di Graham Greene - Il nocciolo della questione" Orwell lo critica similmente a come fece con il gruppo di Auden: la presenza di una "tesi" preconcetta che prevarica gli aspetti artistici, ovvero lo scrupolo di assecondare un'ortodossia (qua religiosa) che mutila la libertà dello scrittore.
In "Buoni brutti libri" Orwell definisce tal genere di libri come "gradite oasi nella memoria, angoli di quiete in cui la mente va a vagare in momenti liberi".
"Libri contro sigarette" vuole essere una simpatica risposta che Orwell darà a un suo amico che disse: "Quelli come noi non possono permettersi di spendere dodici e sei per un libro!". E dimostrerà come leggere possa essere anche un'attività totalmente gratuita (vedi biblioteche pubbliche).
In "La politica e la lingua inglese" Orwell si muove su due linee: nella prima affronta opzioni di gusto e nell'altra l'autonomia intellettuale del singolo.
In "Confessioni di un recensore" Orwell, in modo evidentemente umoristico, ci narra della pesante routine giornaliera del suo lavoro da scrittore.
"Perché scrivo" è un autoritratto di Orwell ricco di spunti. Egli ci parla della politica come di una sgradevole ma ineluttabile costrizione dei tempi, cui lo scrittore contemporaneo deve assoggettarsi. Interessanti le due asserzioni su cui si dovrebbe riflettere: la qualità idiosincratica delle scelte politiche di Orwell e la discriminazione finale tra l'agire politico e la difesa della propria "integrità estetica e intellettuale".
Infine in "Gli scrittori e il Leviatano" troviamo un Orwell malato e che ha completato la prima stesura di quello che sarà il suo più celebre romanzo ovvero 1984. In questo suo ultimo saggio l'autore esprime una fiera rivendicazione della libertà dell'artista.
Concludo con una frase del mitico Orwell: "la scrittura è potere".


lunedì 12 aprile 2021

[Recensione] Il diario di velluto cremisi - Sarah Jio

 


IL DIARIO DI VELLUTO CREMISI || Sarah Jio || Nord || 11 ottobre 2012 || 336 pagine

È ormai notte quando Emily sale sul traghetto per Bainbridge Island, poche miglia al largo di Seattle. Davanti a sé, le luci dell’isola la accolgono come un abbraccio. Quel luogo è sempre stato il suo rifugio, la sua oasi di tranquillità, ed è quindi il posto ideale per dimenticare, per lasciarsi alle spalle le carte del divorzio appena firmate, il romanzo che il suo editore attende con ansia, ma che lei non ha ancora scritto, e l’oceano di rimpianti che la opprime. Così, per qualche tempo, sarà di nuovo ospite dell’anziana zia Bee, nella casa in cui, da ragazzina, ha trascorso lunghe estati luminose e spensierate. E proprio in quella grande casa, piena di fotografie in bianco e nero e di stanze chiuse a chiave, Emily scopre qualcosa che cambierà per sempre il suo destino: un diario con una consunta copertina di velluto cremisi, in cui una donna di nome Esther racconta la sua storia d’amore con Elliot, una storia che risale al 1943, avvincente e tragica, esaltante e impossibile.
Ma chi sono Esther e Elliot? Sono esistiti davvero? E perché quel diario si trova lì, in casa di zia Bee? Nessuno sembra disposto ad aiutare Emily a far luce sul mistero; anzi, di fronte alle sue domande, tutti si chiudono in un ostinato silenzio. Ma, per Emily, capire cosa sia accaduto a quella donna – così lontana eppure così simile a lei – diventa una ragione di vita. Come se dipanare quell’antica rete di passioni e tradimenti fosse l’unico modo per ricominciare a sperare. Come se il segreto nascosto tra le pagine di quel diario la riguardasse molto da vicino…

RECENSIONE

Due stelle solo per la suggestione del luogo, una bella isola dove potersi ritirare a riflettere sulla propria vita. Storia debole, scrittura piatta ed escamotage e risoluzioni che sfiorano il clownesco, davvero, fin dall'inizio si intuiscono tante cose e la stessa storia d'amore è troppo melensa e noiosa. Peccato davvero, aveva delle potenzialità questa storia, tutte disattese nel peggiore dei modi.


sabato 10 aprile 2021

[Recensione] Olive Kitteridge - Elizabeth Strout

 


OLIVE KITTERIDGE || Elizabeth Strout || Fazi editore || giugno 2009 || 383 pagine

In un angolo del continente nordamericano c'è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull'Oceano Atlantico c'è una donna che regge i fili della storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un'insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell'animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima abbandonata sull'altare, ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex-insegnante: Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi».

Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. È il fragile, sottile miracolo di un'altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009.

RECENSIONE

Un insolito romanzo perché strutturato in racconti chiusi ma fra loro tutti collegati e ambientati nella piccola contea di Crosby (immaginaria) nel Maine (dove l'autrice ha vissuto) e dove la protagonista è quasi sempre Olive Kitteridge, un'anziana insegnante ormai in pensione di matematica (in alcuni vi appare, in altri fa una breve comparsata o viene ricordata, in altri è la protagonista). Olive è burbera, ha un'intelligenza critica, nulla le sfugge dell'animo di chi le sta accanto. Ha un caratterino tagliente, così forte che suo marito e suo figlio Christopher ne subiscono gli effetti (il primo quasi tradendola, il secondo allontanandosi da lei).

Mi sono molto affezionato ad Olive e a suo marito Henry, mi hanno ricordato i miei nonni (purtroppo scomparsi entrambi). Il bello di questo romanzo in racconti è proprio questo: l'autrice è riuscita a delineare così bene la psicologia e i comportamenti (esteriori e soprattutto interiori) dei suoi personaggi che ognuno di noi può benissimo rispecchiarsi in loro, in un'azione, in una scelta, in un loro comportamento avventato o determinato dalla paura o dall'amore. E poi le varie ferite, i vari avvenimenti degli abitanti di Crosby li vediamo mutare nello scorrere del tempo implacabile (altro grande protagonista di questo romanzo).


venerdì 9 aprile 2021

[Recensione] Sotto la pelle - Michel Faber

 


SOTTO LA PELLE || Michel Faber || Einaudi || 1 luglio 2004 || 268 pagine

Una macchina percorre più volte al giorno una statale deserta nelle Highlands scozzesi. Alla guida c'è una donna, Isserley. Sembra che stia cercando qualcosa. All'improvviso nota sul ciglio della strada un giovane robusto seduto sul suo zaino, gli fa cenno di salire a bordo. Il ragazzo la ringrazia del passaggio, non ha motivo di diffidare di una bella ragazza dall'apparenza inoffensiva. La fattoria in cui Isserley lo conduce è una base sotterranea, un labirinto di cucine, camere frigorifere e gabbie in cui altre prede attendono di essere macellate. Isserley appartiene a un'altra specie, che si definisce umana per distinguersi da quella dei "vodsel", la razza inferiore che riempie le strade e le città e che il suo popolo usa come cibo. I Vodsel siamo noi.

RECENSIONE

Un' aliena, Isserley, dopo essere stata chirurgicamente modificata per assomigliare a una femmina umana, si aggira in automobile per la campagna scozzese per rapire ignari autostoppisti maschi. 
Romanzo d'esordio di Michel Faber, scrittore olandese, pubblicato nel 2000, romanzo che si potrebbe definire sicuramente di genere fantascientifico tendente all'orrorifico, ma con una sapiente dose di thriller. Faber ci fa riflettere su molte paure che noi umani viviamo ogni giorno, ma mette l'accento anche su temi come l'insicurezza, l'incomunicabilità, il non essere compresi, e getta una forte accusa verso chi si nutre di carne animale dove ci fa comprendere che i veri mostri sono coloro che allevano e poi uccidono animali solo per il gusto di cibarsene.
Faber ci presenta la razza umana dall’esterno, dipingendola con l’approssimazione tipica di uno sguardo altro, che si sofferma, per lo più, sui difetti caratteriali evidenti, e sulle doti fisiche. A Isserley occorrono, infatti, buoni esemplari maschili, in perfetta salute.
Un lavoro logorante, il suo, molto simile a quegli esseri umani che di mestiere lavorano in un mattatoio. Nessuna pietà per la merce. Solo lavoro e soldi, e segretezza assoluta.
Faber è molto efficace nel proporci, facendocelo subito familiare, un linguaggio semplice e spigoloso, infarcito di pensieri e ricordi e riflessioni, pur restando fisso nell’azione presente e risultando chiarissimo.
Ne è stato tratto anche un film che è uscito nel 2013, Under the Skin, di Jonathan Glazer, protagonista Scarlett Johansson nei panni dell'aliena Isserley.


giovedì 8 aprile 2021

[Recensione] La furia di Maigret - Georges Simenon

 


LA FURIA DI MAIGRET || Georges Simenon || Adelphi || 1 luglio 2002 || 145 pagine

«La matassa era ingarbugliata, senza dubbio. Ernest Malik aveva ragione a guardare Maigret con quel sorrisetto tra il sarcastico e lo sprezzante. Quella faccenda non faceva per lui. Si sentiva a disagio. Era un mondo a lui estraneo, che stentava a ricostruire.«Anche l’ambiente gli dava ai nervi per quel tanto di artificioso che vi avvertiva. Ville imponenti con parchi deserti e persiane chiuse, giardinieri che andavano e venivano per i viali, e il pontile, le barche minuscole dalla vernice impeccabile, le auto lucide come specchi ferme nei garage...«E quei tipi pieni di sussiego, quei fratelli e quelle cognate che probabilmente si detestavano ma che, fiutato il pericolo, facevano quadrato contro di lui».

RECENSIONE

Il commissario Maigret è in pensione da due anni e passa le giornate a curare il suo orticello. Un giorno una facoltosa signora gli chiede di indagare sulla misteriosa morte di sua nipote: con questo pretesto il nostro ritorna ad indagare, ritrovando i suoi vecchi e sempre fedeli colleghi.

Ritroviamo un Maigret più anziano, stanco, ma il suo fiuto non scompare mai.


mercoledì 7 aprile 2021

[Segnalazione] Fiorire tra le rocce - Marianna Corona

A Erto, il paese delle Dolomiti friulane segnato dalla tragedia del Vajont e amato dai climber per le sue magnifiche falesie, c’è una via di roccia che si chiama “Mari’s Bad Rock Day”: è dedicata a Marianna Corona, in ricordo del giorno in cui lei proprio su quella parete si bloccò, senza riuscire più a salire né a scendere. Ma Marianna ancora non sapeva che quella era solo una sorta di prova generale, in vista del passaggio ben più duro che la vita le avrebbe riservato nel 2017: la malattia, di fronte alla quale non c’è allenamento o tecnica che venga in soccorso, ma bisogna cercare dentro di sé le risorse per farcela. Sì, perché la vita ha molto in comune con la montagna: è bellissima ma anche piena di rischi, ci chiede l’umiltà di mettere un passo dopo l’altro, di cercare gli appigli giusti, e soprattutto ci costringe a conoscere noi stessi, a dosare il respiro di fronte alle salite, a trovare un equilibrio prima di godere del panorama… In questo libro, che unisce una toccante testimonianza narrativa a una originalissima rivisitazione dei fondamenti della pratica yogica, una giovane donna coraggiosa ci racconta la sua infanzia in una famiglia molto speciale, l’incanto e la durezza del crescere tra le montagne, l’avvicinamento allo yoga e il suo grande respiro, la malattia come momento doloroso ma al tempo stesso capace di rivelare cosa conta davvero. Come osserva Mauro Corona, che di queste pagine è al tempo stesso lettore e protagonista, “sotto le foglie di una scrittura ironica si percepisce l’alito fresco della malinconia, humus positivo che nutre la speranza. […] Quando il mondo ci crolla addosso e tutto sembra perduto, esce la speranza nascosta in ciò che vedevamo ma non conoscevamo. Per fiorire tra le rocce serve quel tipo di humus”.Con un testo e le illustrazioni di Mauro Corona.

L'AUTRICE

Pratica yoga dal 2010. Ha conseguito la laurea specialistica in Linguaggi e tecnologie dei nuovi media, approfondendo poi l’esperienza lavorativa nella creazione di contenuti web. La sua passione per la vita all’aria aperta a contatto con la natura, le camminate, lo sport, l’arrampicata e la curiosità di imparare l’hanno portata a studiare alcune discipline orientali legate alla consapevolezza del corpo e alla coordinazione di respiro e movimento. È diventata insegnante di yoga nel 2017.

Sito dell'autrice: Marianna Corona 

martedì 6 aprile 2021

[Recensione] Podkayne, ragazza di Marte - Robert A. Heinlein

 


PODKAYNE, RAGAZZA DI MARTE || Robert A. Heinlein || Mondadori || giugno 1988 || 167 pagine

Chi è Podkayne di Marte? Una ragazza del futuro, decisa e intraprendente, che viaggia verso la Terra su un'immensa astronave, insieme ad un fratello pestifero e all'anziano zio Tom. Ma la tranquilla vacanza si trasforma ben presto in una pericolosa avventura: persa tra le nebbie e le giungle di Venere Podkayne affronterà rischi incredibili e farà addirittura amicizia con una fata. Un romanzo che si legge d'un fiato, scritto per i ragazzi dal grande Robert Heinlein, uno dei piu celebri autori di fantascienza.

RECENSIONE

Tradotto anche come Una famiglia marziana questo romanzo fu pubblicato per la prima volta tra il novembre 1962 e il marzo 1963 sulla rivista Worlds of If (conosciuta anche semplicemente come If) e come libro nel 1963.
Il racconto è narrato in prima persona dalla protagonista: una ragazza adolescente di nome Podkayne "Poddy" Fries che lascia la sua casa su Marte (che è stata colonizzata dall'uomo, assieme alla Luna e a Venere) e parte con una nave spaziale per visitare la Terra, insieme al suo geniale ma asociale fratello minore Clark e al loro zio.
In questo romanzo ci sono alcuni elementi tipici di Robert A. Heinlein: un rifiuto assoluto di ogni forma di razzismo è dato dal fatto che la famiglia della protagonista sia di etnia mista in un’epoca in cui gli eroi dei romanzi erano normalmente bianchi. La protagonista è anche di sesso femminile ed è una ragazza intelligente e piena di risorse, un fatto anomalo nel mondo della fantascienza dell’epoca. 

Cuorisità: nel finale originale, dopo essere sfuggita ai rapitori ad una distanza di sicurezza, Podkayne si ricorda che una piccola "fata" venusiana semi-intelligente è stata lasciata indietro e torna a salvarla, quando la bomba che Clark ha lasciato per i rapitori esplode, Podkayne resta uccisa mentre protegge la piccola "fata" con il suo corpo.

Opera scritta per adolescenti ma che contiene molti elementi adulti.


giovedì 1 aprile 2021

[Recensione] La strada - Cormac McCarthy

 


LA STRADA || Cormac McCarthy || Einaudi || 2014 || 220 pagine

Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene piú prezioso: se stessi e il loro reciproco amore. Nell'insuperabile creazione di McCarthy, la post-apocalisse assume il volto realistico di un padre e un figlio in viaggio su un groviglio di strade senza origine, dentro una natura ridotta a involucro asciutto, fra le vestigia paurosamente riconoscibili di un mondo svuotato e inutile. 

RECENSIONE

Ho letto per la terza volta questo romanzo e riconfermo quello che pensavo nelle due letture precedenti: capolavoro!

la storia ci narra di un padre e di suo figlio che cercano di sopravvivere in un mondo distrutto da un misterioso cataclisma apocalittico (forse prodotto dall'uomo in una guerra atomica, non viene mai specificato o detto chiaramente) e affronteranno tanti pericoli, rischiando più volte di essere uccisi dai predoni che, accecati dalla fame, non disdegnano di diventare cannibali. L'ombra della morte è presente in ogni pagina del romanzo, i due protagonisti percorrono strane deserte, deturpate, grigie, foreste morte e bruciate, cenere ovunque, acqua quasi sparita, nessun tipo di animale vivo ma solo scheletri bruciati. Le poche persone ancora vive che incontreranno sono tutte (o quasi) ostili e non c'è spazio per la pietà. Ma ci sono le eccezioni: quando ad esempio incontrano un vecchio cieco lo invitano a cenare insieme attorno al fuoco, segno che l'umanità, quella buona, esiste ancora nonostante tutto.
Il padre sa di essere malato, sputa sangue, ma farà di tutto per proteggere suo figlio e di portarlo a una chimerica salvezza impersonata nel raggiungere la costa. 

Cormac McCarthy utilizza uno stile duro e semplice, diretto, dove i dialoghi sono scarni. Tutta la storia è pregna di una drammaticità incredibile, dove ogni pagina temi che qualcosa di brutto possa accadere ai nostri protagonisti. L'amore che ha il padre verso questo figlio è forse il tema centrale del racconto, un amore quasi viscerale che sostituisce quello materno, visto che la madre li ha abbandonati preferendo fuggire via da quel brutto destino. 

Ce la caveremo, vero, papà?
Sì. Ce la caveremo.
E non ci succederà niente di male.
Esatto.
Perché noi portiamo il fuoco.
Sì. Perché noi portiamo il fuoco.


[Recensione] Charlie Chan e il cammello nero - Earl Derr Biggers

  CHARLIE CHAN E IL CAMMELLO NERO || E. Derr Biggers || Newton Compton || 2012 || 188 pag. Shelah Fane, celebre star del cinema, viene uccis...