giovedì 7 maggio 2020

[Recensione] L'assassinio del commendatore - Haruki Murakami

Titolo: L'assassinio del commendatore
Autore: Haruki Murakami
Traduttrice: Antonietta Pastore
Editore: Einaudi
Libro Primo: Idee che affiorano
Libro Secondo: Metafore che si trasformano
Pubblicazione: 16 ottobre 2018 (primo libro); 19 gennaio 2019 (libro secondo)
Pubblicazione originale: primo libro 2017, secondo libro 2018
Genere: romanzo
Pagine: 412 (primo libro); 430 (secondo libro)
Prezzo: 20 euro (a libro)

Quarta di copertina
Una borsa con qualche vestito e le matite per disegnare. Quando la moglie gli dice che lo lascia, il protagonista di questa storia non prende altro: carica tutto in macchina e se ne va di casa. Del resto che altro può fare? Ha trentasei anni, una donna che l'ha tradito, un lavoro come pittore di ritratti su commissione che porta avanti senza troppa convinzione dopo aver messo da parte ben altre aspirazioni artistiche, e la sensazione generale di essere un fallito. Cosí inizia a vagabondare nell'Hokkaidō, tra paesini di pescatori sulla costa e ryōkan (le tipiche pensioni a conduzione famigliare giapponesi) sulle montagne. Finché un vecchio amico gli offre una sistemazione: potrebbe andare a vivere nella casa del padre, lasciata vuota da quando questi è entrato in ospizio in preda alla demenza senile. Il giovane ritrattista accetta, anche perché il padre dell'amico è Amada Tomohiko, uno dei pittori piú famosi e importanti del Giappone: abitare qualche tempo nella casa che fu sua, per quanto isolata in mezzo ai boschi, è una tentazione troppo forte. Quando si trasferisce lí, il nostro protagonista capisce che la sua decisione ha dato il via a una serie di eventi che cambieranno per sempre la sua vita… anzi, la sua realtà. Prima lo intuisce quando scopre un quadro che Amada Tomohiko aveva nascosto nel sottotetto subito dopo averlo dipinto, molti decenni prima: è una scena misteriosa e apparentemente indecifrabile, che però trasuda una violenza maligna e indicibile. Poi ne avrà la certezza quando, una notte, sente il suono flebile eppure inconfondibile di una campanella provenire dal folto del bosco. Facendosi coraggio decide di seguire quel suono che sembra aver attraversato dimensioni sconosciute: dietro un piccolo tempio abbandonato, in mezzo agli alberi, c'è un tumulo di pietre. C'è davvero qualcuno - o qualcosa - che agita una campanella lí sotto?

Recensione
Dopo aver apprezzato L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio e, naturalmente, 1Q84: Libro 1 e 2. Aprile-Settembre - 1Q84. Libro 3: Ottobre-Dicembre (per citare solo le ultime due fatiche del Maestro Murakami che, sapete, io adoro,) ho potuto finalmente divorare la sua ultima fatica, L'assassinio del Commendatore. Libro primo: Idee che affiorano, anche in questo caso divisa in due libri, il secondo è uscito a fine gennaio di questo anno: L'assassinio del Commendatore. Libro secondo: Metafore che si trasformano.

Un pittore in crisi - sta divorziando dalla moglie e non trova più la sua vena artistica - decide di tagliare i ponti col passato e si isola in una casa in montagna precedentemente abitata da un famoso artista, il padre del suo amico, del quale ritrova, nascosto, un suo quadro inedito che da il titolo al romanzo: L'assassinio del Commendatore. In questo luogo senza tempo conosce il vicino di casa, un misterioso e ricco signore che gli chiede di fargli il ritratto (personaggio che ricorda il Gatsby di Fitzgerald), dietro un lauto compenso. Da quel momento in poi, di notte, il nostro pittore inizierà ad udire suonare una campanella fino a giungere ad un misterioso tempietto buddista. E noi seguiremo tutta l'evoluzione psicologica del protagonista, fino ad un evento surreale.

L'autore termina questo primo libro lasciando in sospeso molti nodi da sbrogliare (uno tra tutti: cosa ha ispirato l'autore nel dipingere L'assassinio del Commendatore?) e molti misteri da svelare, col suo tipico stile che armonizza eventi surreali con altri realistici. Bellissime le descrizioni della creazione artistica, di come ognuno di noi percepisce la vena creatrice, la vena divina che abbiamo dentro e che non aspetta altro che uscire fuori.
Come in ogni opera di Murakami, la storia è un pretesto per scavare dentro di noi, dentro le nostre coscienze, i nostri traumi, le nostre paure, le nostre ansie, le nostre gioie e i nostri dolori, e in effetti alla fine del romanzo non si è più come prima: Murakami ti accende dentro mille domande e ti mette in discussione, ti "smuove dentro".

“Quel quadro l’avevo dipinto io, d’accordo. Eppure si era staccato da me, era diventato una proprietà di Menshiki, e adesso che era appeso a una parete del suo studio, non potevo piú toccarlo. Ormai era suo, non mio. Se per qualche motivo avessi voluto prenderlo, sarebbe scivolato via dalle mie mani guizzando come un pesce.”

E si conclude con questo volume la seconda e ultima parte dell'assassinio del Commendatore.
Se nella prima parte Murakami era rimasto più ancorato alla realtà, tranne per le veloci apparizioni del Commendatore, in questo secondo volume ritroviamo il Murakami surreale in cui avvengono varie cose irreali e fiabesche, ma il vero escamotage, il fil rouge di questo libro sarà la misteriosa sparizione di Marie, la ragazzina che stava posando per il quadro del nostro pittore protagonista, sparizione che porterà il nostro artista all'azione (tra i diversi avvenimenti, che evito di citare per non spoilerare, mi ha divertito l'omaggio a Caronte, il traghettatore di anime che noi tutti conosciamo dalla mitologia greca, che per Murakami diventa l'uomo senza volto).
Il nostro pittore affronterà un vero e proprio viaggio che ci ricorda quello di Dante, un viaggio metafisico che lo trasformerà completamente, gli farà affrontare le sue paure fino a prendere delle decisioni che aveva rimandato dal primo libro.

Preferisco non aggiungere altri particolari della trama, ma confermo che anche in questa opera ritroviamo lo stile di Murakami che continua ad incantarmi, che mi fa divorare pagine e pagine o interi capitoli senza accorgermi del tempo che trascorre, avvinto dalla trama e dalla bellissima imprevedibilità dell'autore.
La scelta di parlare dell'arte, della creazione di un quadro, quindi di un'opera artistica, è stata davvero un'idea geniale: provare ad immedesimarsi nel processo creativo dell'artista, capire quanto sia bello e nello stesso tempo difficile trovare l'ispirazione per il soggetto da raffigurare, lasciarsi plasmare da quello che si prova nel dipingere (vedi il messaggio misterioso nel quadro di Amada Tomohiko) ha reso la trama davvero interessante e piacevole.
Mi ha colpito, inoltre, un tema che Murakami aveva già affrontato in L'uccello che girava le viti del mondo è che è un marchio di fabbrica dell'autore, se così posso dire: l'uomo solitario che riflette dentro una buca (ma che mi fa soffrire tremendamente di claustrofobia, incluso il passaggio nel pertugio al buio).


Nessun commento:

Posta un commento