mercoledì 6 maggio 2020

[Recensione] Ma gli androidi sognano pecore elettriche? - Philip K. Dick

Titolo: Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
Titolo originale: Do Androids Dream of Electric Sheep?
Autore: Philip K. Dick
Traduttore: Riccardo Duranti
Editore: Fanucci
Serie: Blade Runner #1
Pubblicazione: 1 marzo 2012
Prima pubblicazione: 1968
Genere: fantascienza
Pagine: 256
Prezzo: 16 euro

Quarta di copertina
Nel 1992 la Guerra Mondiale ha ucciso milioni di persone, e condannato all'estinzione intere specie, costringendo l'umanità ad andare nello spazio. Chi è rimasto sogna di possedere un animale vivente, e le compagnie producono copie incredibilmente realistiche: gatti, cavalli, pecore... Anche l'uomo è stato duplicato. I replicanti sono simulacri perfetti e indistinguibili, e per questo motivo sono banditi dalla Terra. Ma a volte decidono di confondersi tra i loro simili biologici e di far perdere le loro tracce. A San Francisco vive un uomo che ha l'incarico di ritirare gli androidi che violano la legge, ma i dubbi intralciano spesso il suo crudele mestiere, spingendolo a chiedersi cosa sia davvero un essere umano...

Tragico e grottesco assieme, il romanzo di Philip Dick racconta il panorama desolato della San Francisco del futuro, il desiderio di amore e redenzione che alberga nei più umili, trasformando il genere fantascientifico in un noir cupo e metafisico. Un'opera che ha influenzato la visione della metropoli futura e ha anticipato i dilemmi della bioetica contemporanea.

Recensione
Non posso che confermare che si tratti di un capolavoro della fantascienza moderna, e confermo che Dick era uno scrittore di fantascienza filosofica.

Seconda lettura di questo straordinario romanzo di Philip Dick (purtroppo la prima volta l'ho letto con molta disattenzione).
Dalla rilettura (che mi son deciso di fare anche per meglio prepararmi alla doppia visione del sequel filmico Blade Runner 2049) ho compreso molte cose che mi erano sfuggite alla prima lettura. E anche per questo ho compreso l'importanza di questo capolavoro di Dick, difatti l'ho anche aggiunto ai miei libri preferiti e ho dato la massima votazione (5 stelle su 5).

Emerge, in questa opera, la tematica dell'EMPATIA (dal tedesco simpatia simbolica), termine filosofico che contraddistingue le emozioni umane (come ad esempio la capacità di amare) da quelle di un replicante (considerato, nel romanzo di Dick, un elettrodomestico che pensa).
L'empatia è un genere di atti nei quali si coglie l'esperienza vissuta altrui. A differenza del giudizio che è rivolto ad afferrare e comprendere argomenti, idee e concetti mentali di un altro (o le conseguenze causali di un fatto nella natura e nella storia), l'em-patia (Ein-Fühlung) indica un atto conoscitivo ­ oppure la somma di atti percettivi -, che è rivolto alla percezione soggettiva dell'altro, alla sua "esperienza" interiore e perciò anche alla sua stessa personalità. Questa la definizione secondo la filosofa Edith Stein, quindi provare empatia per una persona significa sentire l'altro, penetrare nel suo modo di vedere o di vivere.
Nel romanzo di Dick il nostro protagonista, un cacciatore di replicanti, riversa questa empatia verso gli animali, seppur sintetici, artificiali, perché non può permettersi quelli veri (in realtà aveva una pecora vera, ma si era ammalata ed è morta). Fino a quando questa empatia non si riversa verso una bella donna, Rachel, che ben presto scoprirà - tramite un test - essere un replicante, ovvero un robot umanoide. Se prima l'agente Deckard considerava i replicanti semplici robot come qualunque altra macchina o elettrodomestico utile all'uomo, quando si innamora di Rachel cambia prospettiva e inizia a riflettere dicendo: "ma gli androidi ce l'hanno un'anima?", inizia appunto ad empatizzare verso una struttura artificiale, creata dall'uomo. Questo, secondo me, è il tema centrale che ci vuole portare in superficie Dick (accanto alle altre tematiche presenti nel romanzo).
"Chissà se gli androidi sognano", si chiese Rick. Dopo aver ucciso gli androidi il nostro agente, depresso e stanco, ritorna a casa sua, da sua moglie, e riflette così: "Che razza di mestiere mi tocca fare. Sono un flagello, come la carestia o la peste. Dovunque vado l'antica maledizione mi segue. Come ha detto Mercer, mi si chiede di fare quel che è sbagliato. Tutto quel che ho fatto è sbagliato, sin dall'inizio."
Nel romanzo emerge una Terra del futuro devastata da inquinamento e radiazioni residue di un conflitto forse mondiale che non ha avuto ne vincitori ne vinti. Tale tragedia ha portato delle brutte conseguenze oltre che a livello psicologico anche di salute: gli animali sono praticamente estinti, gli esseri umani (coloro che per motivi economici non sono emigrati su Marte sulle colonie extra-mondo per motivi economici) contraggono delle malattie degenerative (tra l'altro lo slogan che martellava il governo diceva: "Emigrate o degenerate! A voi la scelta!"). La moglie di Deckard, ad esempio, soffre di depressione ed utilizza il modulatore di umore Penfield, una sorta di droga che ti fa passare lo stress. Praticamente è come se gli umani non avessero più sentimenti e dipendono da droghe e dalla scatola empatica di Mercer (una sorta di simulacro grottesco della figura del Redentore, un Sisifo di una mitologia televisiva) per risultare, in un certo senso, vivi.
Philip Dick ci regala un'opera per niente positiva, anzi, una storia che ci porta a riflettere su una probabile decadenza dell'umanità che rischia addirittura di portarla all'estinzione. Egli ci porta quasi ad empatizzare per gli androidi, gli unici che hanno avuto il coraggio di ribellarsi a questo mondo infernale e senza senso, privo di ogni tipo di emozione o sentimento umano. Gli androidi hanno paura di morire, e Deckard dopo averli uccisi, quasi si vorrebbe gettare giù dal burrone, ha empatizzato con loro, cioé le macchine hanno avuto delle parvenze di umanità al contrario degli esseri umani che diventano sempre più artificiali come gli animali che acquistano per farsi compagnia.
Un'ultima cosa prima di terminare: se sei venuto a conoscenza di questa opera di Dick solo perché hai visto il film Blade Runner (sia il primo che il sequel del 2017) allora ti avverto, non è la stessa cosa: questa non è la sceneggiatura del film, quindi leggilo. Ne vale la pena.

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