martedì 29 dicembre 2020

[Recensione] Redenzione immorale - Philip K. Dick

 


REDENZIONE IMMORALE | Philip K. Dick | Mondadori | luglio 1998 | 206 pagine

Nel Ventesimo secolo un conflitto di proporzioni inimmaginabili rischiò di distruggere per sempre la civiltà. A prezzo di enormi sacrifici l'umanità riuscì a riprendersi, ma per regolare la sopravvivenza fu ideato uno spietato codice di comportamento noto con l'ipocrita formula di Redenzione Morale. L'unica possibile evasione dalla tirannide puritana del ReMo era la fuga nello spazio. Ma Allen Purcell cerca un altro mezzo per sopravvivere, un mezzo addirittura rivoluzionario...

RECENSIONE

Ho trovato per caso questo romanzo e, amando Philip Dick, non potevo non essere incuriosito e così l'ho letto. Scritto a 38 anni, si può definire tra i suoi romanzi di esordio e poco conosciuti ma che già contiene le tematiche che meglio svilupperà nei suoi romanzi più celebri.


Nel 2114, dopo un catastrofico conflitto avvenuto più di un secolo fa, nel mondo c'è un regime politico chiamato ReMo (per esteso Redenzione Morale), un governo che esaspera i valori etici e morali rendendoli sempre più oppressivi nei confronti dei singoli individui. Infatti ci sono dei robot, gli Avanguardisti, che spiano e registrano il comportamento di ogni singolo cittadino (come non pensare agli occhi del Grande Fratello di George Orwell!) e tra le trasgressioni più frequenti affiorano tradimenti extra-coniugali, uso di alcolici in pubblico, e anche un semplice abbraccio o bacio è considerato un reato. Il simbolo di questo regime autoritario è il maggiore Steiner, il fondatore di questa nuova società. In questa società distopica vive il nostro protagonista, Allen Purcell, che è a capo di un'agenzia di informazione e comunicazione pubblica connessa con gli organi di governo. Egli produce degli sceneggiati (dai contenuti strettamente morali) che il regime attraverso la Telemedia trasmette a livello mondiale su ogni tipo di mass media. Allen una sera, finito il lavoro, di ritorno a casa decide di ubriacarsi e vandalizza una statua di Steiner. Anche lui non sa spiegarsi di quel gesto di ribellione e si affida a una clinica psichiatrica, su consiglio di una ragazza conosciuta al parco. Ma viene narcotizzato dal dottor Malparto e portato su un altro pianeta dove si ritrova in un mondo opposto al suo, in cui i valori sono ozio ed edonismo.

In questo romanzo di Philip Dick vengono affrontate diverse tematiche: il controllo e la censura governativa (a un certo punto il protagonista inizierà a leggere l'Ulisse di Joyce e ne rimarrà sconvolto perché i libri sono spariti e sopravvivono in luoghi nascosti, così come quelli erotici), la moralità (si viene spiati sia in pubblico che in privato e le assemblee di condominio diventano veri e propri processi), l'immoralità (la vita nell'Altro Mondo, completamente opposta a quella della Terra), il lavoro (che produce grande stress ma il nostro protagonista lo userà a suo favore), il senso dell'umorismo e l'irrisione (Allen riuscirà a sbeffeggiare in mondo visione la sua società dissacrandone i suoi ideali).

Ciò che colpisce di questa storia è la voglia del protagonista che, ad un certo punto, esce fuori: la voglia di sentirsi libero davvero, di uscire dall'oppressione che la sua società ha creato per evitare nuove violenze, esagerando. Allen sembra uscire da uno stato di trance e l'immagine di lui che fugge via dal parco tenendo tra le braccia la testa della statua del maggiore Steiner ben descrive questo suo nuovo stato d'animo. Dick così come Orwell e Bradbury ci vogliono dire che per quanto la libertà individuale venga soffocata dai regimi totalitari, la natura umana non permetterà mai che essa venga totalmente distrutta.

Risulta evidente che Dick si sia ispirato a due grandi romanzi della letteratura mondiale nello scrivere questo romanzo: 1984 di Georges Orwell e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury.


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