venerdì 15 maggio 2020

[Recensione] Lontano dal pianeta silenzioso - C. S. Lewis

Titolo: Lontano dal pianeta silenzioso
Titolo originale: Out of the Silent Planet
Autore: Clive Staples Lewis
Traduttrice: Germana Cantoni De Rossi
Editore: Adelphi
Collana: Biblioteca Adelphi #251
Pubblicazione: 22 gennaio 2014
Prima pubblicazione: 1938
Genere: fantascienza
Pagine: 212
Prezzo: 12 euro

Quarta di copertina
Lontano dal pianeta silenzioso racconta l’avventura di Elwin Ransom, professore di filologia in vacanza, che due scienziati rapiscono per un loro losco disegno e trasportano sul pianeta Malacandra. Sfuggito ai rapitori il giorno stesso dello sbarco, solo in un mondo dalle tinte di acquerello, dove le foreste sono labirinti di fragili steli violetti alti dodici metri, Ransom incontra Hyoi, del popolo dei hrossa, agricoltori e poeti dal nero corpo lucente, e gli altri abitanti del pianeta: gli altissimi e sapientissimi sorn e i pfifltriggi simili a ranocchi, maestri di tutte le arti della pietra e del metallo. Scoprendo, con il loro aiuto, i segreti del pianeta Malacandra, Ransom scoprirà anche il segreto della Terra, il «pianeta silenzioso» che da millenni ha cessato di conversare con gli altri mondi. Lontano dal pianeta silenzioso (1938), già apparso in Italia nel 1951, viene qui riproposto in una nuova traduzione.

Recensione
«La storia, per un lettore intelligente, ha un gran numero di implicazioni filosofiche e mitologiche tali da attrarre fortemente, senza nulla togliere alla caratteristica più immediata, quella dell’avventura» commenta J. R. R. Tolkien riferendosi a questo romanzo scritto dal suo caro amico e collega filologo C. S. Lewis, conosciuto da tutti per aver scritto Le cronache di Narnia.

Un professore viene rapito da due loschi individui e viene portato in un pianeta misterioso, in cui incontrerà degli strani abitanti. Questo, molto sinteticamente, è il riassunto del romanzo fantascientifico di Lewis, una storia avventurosa piena di un alto senso morale. Mi sono imbattuto per caso in questo testo, che si stava accumulando nelle pile di libri ancora da leggere. Il mio criterio di scelta non ha un criterio: scelgo quello che voglio leggere guidato una volta dalla copertina, un'altra dal titolo, un'altra da un suggerimento di un amico. Di Lewis ho letto Le cronache di Narnia (belli i primi tre romanzi, poi la saga è andata peggiorando a mio giudizio). Mi ha colpito (e non lo sapevo) il fatto che Lewis avesse anche scritto libri di fantascienza, e questo ne è un chiaro esempio.
Parlare di questo libro o comunque provare a darne una mia recensione mi viene difficile: capisco subito che questo testo non è quello che sembra, ma è molto molto di più. Come ha già detto Tolkien, contiene molte implicazioni filosofiche e mitologiche. Mi ha lasciato stranito, se dovessi dare una descrizione del mio stato d'animo che ho in questo momento non appena ho terminato l'ultima pagina del libro. Il professore incontra, in questo pianeta, che poi scopriremo essere Marte, tre razze diverse di extraterrestri: la cosa strana - per noi terrestri, guerrafondai di natura - è che essi vivono in pace e ognuno di loro ha un suo ruolo ben preciso. L’Arte, la Conoscenza, la Tecnologia sono i tre grandi filoni della civiltà di Malacandra, riassunti e vivificati dalla conoscenza mistica dell’Ente Supremo del pianeta, il «Grande Spirito» (Oyarse) che idealmente costituisce l’Unità e la Guida di un mondo felice, nel quale ogni differenza e ogni diversità contribuiscono a realtà più ricca e degna di essere vissuta.
La storia mi ha ricordato I primi uomini sulla luna di Wells (tra l'altro autore stra-citato dallo stesso Lewis) in cui appunto uno scienziato si porta un amico nella sua navicella spaziale e atterrano su un pianeta a loro ignoto (il satellite Luna per la precisione, mentre il nostro Ransom atterra, come già detto, su Marte) ma anche il ciclo marziano di John Carter (John Carter di Marte di Edgar Rice Burroughs. In un certo senso i primi marziani che incontra il nostro protagonista ricordano, per la loro spontaneità e sincerità, gli indiani d'America. Colpisce poi il personaggio dello scienziato "cattivo" che decide di catturare il nostro tranquillo professore: egli bene incarna il Maschio Bianco Occidentale, braccio destro di Dio nel migliorare il Creato, fino all'intolleranza culturale e al disprezzo per le etnie a bassa tecnologia.
Questo che ho letto non è semplicemente un romanzo di fantascienza, ma soprattutto un romanzo filosofico e filologico, antropologico e sociologico, tocca diverse tematiche tra le quali quelle dell'intolleranza. Ci troviamo al cospetto di un'opera matura, pregna di concetti non sempre facili da comprendere e che urgono approfondimento.
Questa opera è la prima di una trilogia, difatti è seguita da Perelandra e da Quell'orribile forza.

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