sabato 31 luglio 2021

[Recensione] L'età dell'innocenza - Edith Wharton

 


L'ETÀ DELL'INNOCENZA || Edith Wharton || Newton Compton || 28 maggio 2015 || 284 pagine

L’età dell’innocenza è un mirabile affresco della borghesia newyorchese di fine Ottocento, contro il cui ottuso moralismo Edith Wharton si scaglia coraggiosamente difendendo l’autenticità di un amore sincero. La storia sentimentale tra Newland Archer, brillante avvocato dell’aristocrazia cittadina, e la contessa Ellen Olenska, cui inflessibili convenzioni impediscono di divorziare dal marito, è lo specchio di una società che l’autrice conosce e contesta profondamente. Una società ipocrita e perbenista, in cui pregiudizi atavici, tradizionalismi ormai svuotati di significato, princìpi ingiusti e falsamente morali impongono precise regole comportamentali, che cozzano contro il desiderio di affermazione del singolo. Contro tutto questo lotta con ammirevole tenacia la protagonista del romanzo, che tenta di difendere fino alla fine il suo amore e la sua libertà di scelta, cui si oppone la consapevolezza, che porterà Archer alla rinuncia finale, dei suoi doveri sociali.

RECENSIONE

Grazie a questo romanzo Edith Wharton vinse il Premio Pulitzer nel 1921, dopo esattamente un anno dalla sua pubblicazione.

Newland Archer è un avvocato newyorkese che si innamora di May Welland che vorrebbe sposare. Sembra andare tutto per il meglio quando, un giorno, irrompe nelle loro vite l'affascinante madame Ellen Olenska, cugina di May e separata. E il nostro Archer se ne innamorerà perdutamente.

Sinceramente non mi ha colpito più di tanto questo romanzo, da molti considerato addirittura un capolavoro da leggere assolutamente. La critica che la Wharton fa alla società americana è evidente, si viveva in una società spesso ipocrita, provinciale e bigotta, cosa che anche oggi non è cambiata più di tanto. Lo stesso Archer è stato un codardo, permettetemi il termine, perché se amava davvero la Olenska avrebbe mollato tutto davvero. Facile preferire le comodità a un amore cieco e selvaggio. Il capitolo finale è di una tristezza quasi stupida, perché sembra dire che lui non ha fatto che pensare a lei tutti quegli anni (trenta, se non ricordo male) struggendosi nel fatto che non è scappato con lei. Mah.
Lo stile della Wharton mi è piaciuto, molto raffinato e delicato.


venerdì 30 luglio 2021

[Recensione] Sherlock Holmes e il caso del giocatore di scacchi - Enrico Solito

 


SHERLOCK HOLMES E IL CASO DEL GIOCATORE DI SCACCHI || Enrico Solito || Delos Digital || dicembre 2013 || 31 pagine

In uno dei momenti più gravi per l'Inghilterra, la guerra boera con i suoi terribili rovesci, uno dei più titolati membri dell'aristocrazia viene assassinato in casa sua. La polizia sospetta la giovane moglie, italiana e dunque avvelenatrice per antonomasia, ma non riesce a trovare le prove. Sherlock Holmes al meglio delle sue capacità affronta uno dei casi più subdoli della sua carriera.

RECENSIONE

Sherlock Holmes deve scoprire chi ha ucciso un appassionato giocatore di scacchi, e sarà proprio la scacchiera e un particolare di essa a contribuire a scovare il colpevole. Un altro racconto sull'investigatore Sherlock Holmes piacevole da leggere, peccato che finisca subito.

giovedì 29 luglio 2021

[Recensione] Le avventure di Sherlock Holmes - Arthur Conan Doyle


LE AVVENTURE DI SHERLOCK HOLMES || Arthur Conan Doyle || Mondadori || 5 dicembre 2012 || 220 pagine

Una foto compromettente minaccia il trono del re di Boemia. L’affiliazione a una lega di uomini accomunati dalla capigliatura rossa nasconde una diabolica macchinazione. Un anziano proprietario terriero viene assassinato e ogni evidenza accusa il figlio, ma qualcuno è convinto della sua innocenza. Una ragazza vuole la verità sulla morte sospetta della sorella, che dopo le imminenti nozze avrebbe ricevuto una cospicua rendita. Tra una serie infernale di decessi legata a cinque semi d’arancio e il mistero di un gioiello rubato, dodici sfide al limite dell’impossibile per le capacità di qualsiasi investigatore. Non per l’ingegno sovrumano di Sherlock Holmes. Anche perché, una volta scartato l’impossibile, ciò che rimane è la sorprendente soluzione. Per la prima volta nel Giallo Mondadori, una delle più famose raccolte di storie brevi del re degli investigatori.

RECENSIONE

Dodici racconti (alcuni lunghi altri brevi) dove conosciamo meglio il grande Sherlock e dove vengono affrontati anche casi cosiddetti "minori" ma sempre intriganti e spiazzanti, ma scopriremo che non sempre Holmes riesce a spuntarla, ed è umano come noi.

 

mercoledì 28 luglio 2021

[Recensione] Racconti - Guy de Maupassant

 


RACCONTI || Guy de Maupassant || 2004 || 474 pagine

Contiene i seguenti racconti:

La casa Tellier, Sull'acqua, L'amante di Paul, Mia moglie, La signorina Fifì, La signora Baptiste, Il ciocco, La Reliquia, Pazzo?, Parole d'amore, La beccaccia, Quel porco di Morin, Pierrot, Minuetto, La paura, Beffa normanna, L'impagliatrice, La campagna, Un figlio, Chiar di luna, Un colpo di stato, Racconto di Natale, Le sorelle Rondoli, Il barilotto, Mio zio Sostene, Yvette, L'abbandonato.

RECENSIONE

La raffinatezza di Maupassant non ha eguali: ci pennella dei racconti di gente normale, che vive le gioie e i dolori di tutti i giorni, nonostante siamo nella fine dell'800 a Parigi e dintorni. Ci sono le vite dei ricchi e dei poveri, in entrambi i casi gli stessi problemi: gelosie, invidie, fughe, scappatelle, amori e odi. E la dotta delicatezza del narratore francese che è sempre un piacere da leggere e assaporare.


martedì 27 luglio 2021

[Recensione] Storie di libri - Giovanni Casalegno

 


STORIE DI LIBRI || Giovanni Casalegno || Einaudi || 2011 || 350 pagine

I libri possono essere la causa di efferati delitti: si può uccidere per la prima edizione aldina del libro piú bello del Rinascimento o anche per odio verso i libri, per invidia e gelosia. I libri possono essere pericolosi e maledetti: è il caso del famigerato e terribile Necronomicon, o di uno strano manoscritto che sembra avere il potere di far sparire le persone. I libri possono essere poi la causa di una delle malattie piú terribili e insieme piacevoli: la bibliofilia. I libri possono sostituire la vita vera e occupare lo spazio di tutta un'esistenza. Ma i libri sono soprattutto piacere. Chi li ama sa quali soddisfazioni sanno regalarci.
Da Flaubert a d'Annunzio, da Nerval a Hesse, da Pirandello a Cortázar, da Lovecraft ad Asimov, un'originale antologia in cui i libri diventano oggetti di voluttà e di mistero, oggetti pericolosi e maledetti, oggetti che danno la vita, ma anche la morte

RECENSIONE

Interessante raccolta di racconti sulla tematica del libro: dai bibliofili ai delitti libreschi, grandi nomi ben selezionati. Consigliato a chi ama... i libri!


lunedì 26 luglio 2021

[Recensione] Il weekend - Peter Cameron

 


IL WEEKEND || Peter Cameron || Adelphi || 20 marzo 2013 || 177 pagine

John e Marian, coppia di facoltosi quarantenni, attendono nella loro villa di campagna l'arrivo di Lyle, critico d'arte di New York, nell'anniversario della morte di Tony, fratello di John e compagno di Lyle per nove anni. Quest'ultimo si presenta però insieme a Robert, ventiquattrenne pittore di origini indiane: circostanza fatalmente destinata a trasformare il placido soggiorno che i tre avevano programmato in una sequenza di momenti imbarazzanti e carichi di tensione. Ma se l'ansiosa Marian sem­bra essere l'unica ad accorgersene e John si chiude in un laconico riserbo, Lyle fa di tutto per apparire disinvolto. Il suo ultimo libro, in cui descrive la pittura contemporanea come «un'arte moribonda», ha avuto un successo di pubblico inaspettato, e grazie all’adorazione del giovane Robert si è di nuovo attaccato «alla speranza, al­l’at­tesa, al­l’idea che la sua vita stia per cambiare». Eppure, come Lyle imparerà a proprie spese, «lo scorrere dei giorni leviga il dolore ma non lo consuma: quello che il tempo si porta via è andato, e poi si resta con un qualcosa di freddo e duro, un souvenir che non si perde mai». È infatti nelle situazioni più ordinarie – una cena in giardino, una nuotata nel fiume accanto alla casa – che l'assen­za di Tony si fa insopportabile, costringendo i tre amici a sollevare il velo di falsa naturalezza che maschera ansie ine­spresse e antichi dolori. Anche in questo romanzo avvolgente Cameron si mostra come pochi capace di dosare satira e introspezione, per condurci fino a quel luogo della coscienza dove si celano le domande più dure, sull’im­possibilità di conoscere una persona come sulla incerta base dei rapporti sociali.

RECENSIONE

In questo romanzo breve ci addentriamo nel weekend di John e Marian e di Lyle e Robert, due coppie diverse che si incontrano nella villa in campagna dei primi, e si scoprirà il legame che univa Lyle ai due coniugi e le imprevedibili (e traumatiche) conseguenze che la presenza di Robert porterà soprattutto a Lyle e Marian, visto che la figura del defunto Tony, ex compagno di Lyle, continua ad essere presente se non il protagonista dell'intera storia.

sabato 24 luglio 2021

[Recensione] Il deserto dei Tartari - Dino Buzzati

 


IL DESERTO DEI TARTARI || Dino Buzzati || Mondadori || febbraio 1977 || 256 pagine

Giovanni Drogo, un sottotenente, viene mandato in una lontana fortezza. A nord della fortezza c'è il deserto da cui si attende un'invasione dei tartari. Ma l'invasione, sempre annunciata, non avviene e l'addestramento, i turni di guardia, l'organizzazione militare, appaiono cerimoniali senza senso. Quando Drogo torna in città per una promozione, si accorge di aver perso ogni contatto con il mondo e che ormai la sua unica ragione di vita è l'inutile attesa del nemico. Tornato alla fortezza, si ammala e proprio allora accade l'evento tanto aspettato: i tartari avanzano dal deserto. Nell'emozione e nella confusione del momento, senza che lui possa prendere parte ai preparativi di difesa, Drogo muore, dimenticato da tutti. 

RECENSIONE

C'è chi leggendo Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati ci ha visto similitudini a Kafka e a Poe, soprattutto per i personaggi prigionieri della propria illusione, che si consumano in un'attesa che non ha fine. Sì, può darsi, visto che Buzzati ci descrive l'eterno (e rassegnato) dolore del tempo che pervade tutta la solitaria vita del tenente Giovanni Drogo. Solitudine e infinita attesa dell'arrivo del nemico da sconfiggere, un nemico che non arriva mai. E così è semplice leggere nelle pagine dell'autore il non senso della nostra solitaria vita piena di speranza in gioventù che, mano a mano passa il tempo, si infrange e si arriva al punto di attendere una morte che, forse, da un vero senso alla vita. Più che pessimista lo vedo realista, Drogo capisce che la vita può illuderci tutti, prima o poi ognuno di noi dovrà accettare una vita mediocre, senza colpi di fortuna, senza carriera, senza chissà cosa. Una vita normale, anche troppo, spesso, molto spesso noiosa.

venerdì 23 luglio 2021

[Recensione] Uomini senza donne - Haruki Murakami

 


UOMINI SENZA DONNE || Haruki Murakami || Einaudi || 24 maggio 2016 || 232 pagine

E se un demone dalle fattezze femminili facesse di tutto per venire a letto con noi? E se un marito decidesse di diventare amico dell'amante della moglie? E se Gregor Samsa si svegliasse una mattina trasformato in un essere umano? Che cosa strana l'amore degli uomini, e quali vie trova Murakami per arrivare dritto al cuore dei lettori, intrecciando a ogni pagina il fantastico che irrompe nel quotidiano con la nostalgia per ciò che non è stato. L'inafferrabile verità, sembra volerci dire, è che le donne «offrono un tempo speciale che annulla la realtà, pur restandovi immerse». Per questo gli uomini, senza di loro, si sentono persi. Sette storie d'amore e di mistero. Perché d'amore e mistero è fatta la vita, e nessuno sa raccontarla come Murakami Haruki.

RECENSIONE

Riprendo con piacere una nuova opera di uno dei miei scrittori preferiti, Haruki Murakami, e mi gusto stavolta questa raccolta di racconti.

Drive my car - Un uomo assume un'autista donna e fanno amicizia. Storia godibile.
Yesterday - un'amicizia che risale ai tempi della scuola.
Organo indipendente -Una storia d'amore.
Sharazad - Lei racconta storie.
Kino - Il barista solitario. Il racconto che mi è piaciuto di più.
Samsa innamorato - Una metamorfosi alla rovescia. Bruttino e noioso.
Uomini senza donne - Un suicidio.

Non lo so, stavolta mi sono sentito deluso da Murakami, forse non era in stato di grazia quando scrisse alcuni di questi racconti. Ribadisco che io lo preferisco ai romanzi piuttosto che ai racconti, mio personale gusto. Spero che la prossima opera mi stupisca.


giovedì 22 luglio 2021

[Recensione] Amrita - Banana Yoshimoto

 


AMRITA || Banana Yoshimoto || Feltrinelli || 17 ottobre 2010 || 312 pagine

Una famiglia insolita, "allargata", che sembra nascere dalle ceneri dell'istituto tradizionale; due fratelli con percezioni del reale diverse da quelle usuali; un gruppo di amici che, come sempre nella vita, deve venire a patti con mutamenti, felicità, sofferenza. Una volta di più Banana Yoshimoto illumina in modo sottile la dimensione magica dell'esistenza.

RECENSIONE

Il più lungo romanzo della Yoshimoto letto fino ad ora. Le tematiche sono la solitudine, la separazione, il rapporto col fratellino più piccolo e l'onnipresenza della sorella morta in un incidente stradale. Non mi ha colpito molto, ma la sua scrittura mi ammalia sempre.


mercoledì 21 luglio 2021

[Recensione] I Templari - Barbara Frale

 


I TEMPLARI || Barbara Frale || Il Mulino || 2004 || 194 pagine

Formato dopo la prima crociata da cavalieri cristiani votati al Santo Sepolcro di Gerusalemme, quello del Tempio divenne l'ordine religioso-militare più potente della cristianità. Professionisti della guerra a cavallo e insieme uomini di religione, i Templari avevano inizialmente il compito di proteggere i pellegrini che si recavano ai Luoghi Santi dagli attacchi dei predoni islamici. In breve, il favore dei papi, dei re cristiani e della gente comune fece di quest'ordine un grande organismo sovranazionale presente in tutto il Mediterraneo e oltre. Fino agli inizi del Trecento, quando il re di Francia Filippo il Bello, pressato dalla crisi economica, attaccò i Templari per impadronirsi dei loro beni e li mise sotto processo con l'accusa di eresia. Papa Clemente V, dopo una lunga battaglia diplomatica e giudiziaria, dovette scegliere se sacrificare la sopravvivenza dell'ordine o rischiare uno scisma che avrebbe separato la chiesa di Francia dall'obbedienza romana. Il Tempio fu così sospeso nel concilio di Vienne del 1312. Una storia gloriosa e una fine tragica avvolta nel mistero e circondata di sospetti hanno alimentato per secoli, e ancora alimentano, curiosità e leggende sui Templari; questo libro dipana l'intrigo in una narrazione limpida e avvincente, basata su ricerche originali che hanno portato l'autrice ad alcune sorprendenti scoperte.

RECENSIONE

Ottima sintesi della nascita, vita e morte dell'affascinante Ordine dei Templari, nato inizialmente per difendere i pellegrini che si recavano a Gerusalemme dai saraceni predoni, poi mano a manp diventato vero esercito contro gli invasori arabi e poi tramutato in banca per poi decadere per intricati motivi politici reliosi ed economici, ma soprattutto per una sfortunata serie di eventi (in ultima la grande sete di potere del re di Francia che addirittura voleva diventare papa). La dottoressa Frale ha studiato per anni il processo dei Templari ed è ufficiale dell'Archivio Segreto Vaticano. Credo sia la studiosa piú competente in Italia sul tema delle Crociate e dei Templari. Attenzione alla letteratura di fantasia che, negli ultimi decenni, ha dato all'ordine del Tempio un volto esoterico esageratamente artefatto: la Frale consiglia il volume di Peter Partner "The Murdered Magicians: the Templars and Their Myth" che smaschera simili montature ricostruendone la genesi e rivelando anche gli interessi economici (onnipresenti) che a volte nascondono. Vi stra-consiglio questo libro se volete approfondire la storia dei Templari come essa è stata senza false fantasie esoteriche.

martedì 20 luglio 2021

[Recensione] Diario di un parroco di campagna - Georges Bernanos

 


DIARIO DI UN PARROCO DI CAMPAGNA || Georges Bernanos || Mondadori || 1 luglio 2002 || 239 pagine

« L'uomo che ha accettato una volta per sempre la terribile presenza del divino nella sua povera vita », cosi Bernanos definisce il protagonista del suo Diario di un curato di campagna: questa disarmata figura di prete cattolico che si consuma fino al limite della tentazione nell'impari lotta con il male impersonato dalla tragica opacità del mondo borghese di uno sperduto villaggio della Fiandra. Egli non deve salvare soltanto se stesso ma anche le anime dei suoi parrocchiani che gli sono ostili, o lo accettano passivamente trascinandolo nelle loro ipocrisie. Giunge fin quasi al punto di abiurare, ma proprio sull'orlo della perdizione la coscienza della morte vicina lo salva. « Un corpo a corpo fra il soprannaturale e il mondo; ma il mondo non è mai stato sentito da Bernanos con una comprensione più potente e più tenera », cosi scrisse André Rousseaux del Diario di un curato di campagna, un romanzo che ha in sé fin dalle prime pagine una carica drammatica che si va facendo via via sempre più febbrile e compressa ed esplode poi, ad un tratto, in tutta la sua pienezza dinnanzi all'illuminazione.

RECENSIONE

Dopo sei anni ho riletto con piacere questo bel romanzo di Bernanos, dove ci descrive la vita e i turbamenti di un povero prete di campagna ammalato. E proprio la malattia sta al centro della storia: essa si presenta in varie forme: come noia esistenziale; come malattia in sé; come inettitudine. Il sacerdote protagonista non è capace di integrarsi in un mondo dominato dal denaro, dalla borghesia, dall'idea che la ricchezza equivalga al potere. Ma questa malattia è anche nell'anima: egli non si sente mai integrato. E la forma di diario che ci presenta Bernanos è una scelta voluta, perché sottolinea la lotta interiore che questo giovane sacerdote affronta. La scrittura è vista come un processo artificiale e artificioso, che si oppone alla preghiera, vista come spirito di pura accettazione. Se pregare significa abbandonarsi totalmente a Dio, alla sua volontà, e quindi accettare qualsiasi esperienza, scrivere al contrario significa affermare il proprio valore umano, dare la parola ai demoni della rivolta e della disperazione.
"Mentre scribacchio sotto la lampada queste pagine che nessuno leggerà mai, ho il presentimento di una presenza invisibile che sicuramente non è quella di Dio - piuttosto quella di un amico fatto a mia immagine, benché distinto da me. Di un'altra essenza... Ieri sera, questa presenza mi è diventata d'un colpo così tangibile che mi sono sorpreso a sporgere la testa verso non so quale ascoltatore immaginario..." (p. 29);

 Rispetto al dottor Delbende, al dottor Laville e al signor Dufréty, il parroco di Ambicourt accetta la propria diversità, la propria condizione di diverso. Questo carattere distintivo si manifesta fin dalla prime pagine del diario: il parroco guarda la propria parrocchia e sente confusamente che essa non gli apparterrà mai completamente:

 "Quanto è piccolo un paese! E questo paese era la mia parrocchia. Era la mia parrocchia, ma non potevo niente per lei, la guardavo tristemente inoltrarsi nella notte, scomparire... Qualche momento ancora, e non l'avrei più vista. Non avevo mai sentito così crudelmente la sua solitudine e la mia (p. 6).

Nonostante questa consapevolezza ciò non gl'impedisce di dedicarsi completamente alla propria missione. È in questo che si vede, soprattutto, la grandezza del personaggio.


lunedì 19 luglio 2021

[Recensione] La città e le stelle - Arthur C. Clarke


LA CITTÀ E LE STELLE || Arthur C. Clarke || Mondadori || 1 marzo 2004 || 390 pagine

Un'immensa città del futuro. Una superciviltà arrivata all'ultimo stadio dello sviluppo sostenibile. Un pianeta deserto, ostle, "proibito": è in questo scenario che si muove Alvin, il giovane eroe del romanzo, che resta fra i più celebri di Clarke. La domanda che lo ossessiona è: come riscoprire l'antico segreto della razza umana? Come uscire dal labirinto e tornare al volo spaziale?

RECENSIONE

Diaspar, la città immobile ed eterna incastonata come un gioiello, sotto il cielo stellato, su di una Terra ormai morente, desertica e priva di atmosfera, e nella quale il tempo scorre immutabile e gli schemi che caratterizzano i circuiti cerebrali e la struttura fisica degli esseri umani vengono registrati e conservati in appositi "banchi di memoria", a partire dai quali, volendo, è possibile ricostruire l'organismo e la personalità originaria; l'affascinante situazione in cui si trova il protagonista, Alvin, il minuscolo ingranaggio dimenticato che rimetterà in moto la storia dell'umanità, l'unico uomo a vivere per la prima volta, l'unico uomo a non essere mai vissuto prima di allora; l'incontro con Vanamonde, la mente disincarnata che vaga nelle profondità dello spazio, ed attraverso la quale Clarke ci offre la possibilità di gettare lo sguardo attraverso un vero e proprio torrente di parsec di spazio e di abissi di tempo; ed infine, il ricordo dell'epica battaglia di Shalmirane, il luogo ove venne combattuta la decisiva, titanica battaglia tra la razza umana e gli Invasori venuti dalle stelle, a difesa dell'ultimo baluardo dell'umanità: la Terra.

La mia video recensione:




 

sabato 17 luglio 2021

[Recensione] Le correzioni - Jonathan Franzen

 


LE CORREZIONI || Jonathan Franzen || Einaudi || 2005 || 603 pagine

"Lo si sentiva nell'aria: qualcosa di terribile stava per succedere". Enid e Alfred Lambert, in una città del Midwest americano, trascinano le giornate accumulando oggetti, ricordi, delusioni e frustrazioni del loro matrimonio: l'uno in preda ai sintomi di un Parkinson che preferisce ignorare, l'altra con il desiderio, ormai diventato uno scopo di vita, di radunare per un "ultimo" Natale i tre figli allevati secondo le regole e i valori dell'America del dopoguerra, attenti a "correggere" ogni deviazione dal "giusto". Ma i figli se ne sono andati sulla costa: Gary, dirigente di banca, vittima di una depressione strisciante e di una moglie infantile; Chip che ha perso il posto all'università per "comportamento sessuale scorretto"; infine Denise, chef di successo con una vita privata, secondo i canoni dei Lambert, molto discutibile. Quel temporale annunciato spazzerà via molte cose di valore ma ne restituirà altre più limpide, quasi luminose.

L’incipit di Anna Karenina (di Tolstoj) cade a pennello per questo romanzo: “Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”. Quello che leggerete è un romanzo, per dirla in poche parole, che ci descrive una famiglia americana del Midwest. Tutto qua.

Premessa
Ho comprato questo libro per caso, mentre girovagavo in libreria. Notai il nome dell'autore, che avevo sentito più di una volta in tv, e decisi di leggere una sua opera. In realtà avrei preferito leggere Libertà, certamente la sua opera più celebre, ma poi ho saputo che Le correzioni veniva prima e allora mi sono deciso e l'ho acquistato. Ma non l'ho letto subito. Il romanzo è rimasto nello scaffale "libri da leggere" per mesi e mesi, fino a qualche giorno fa quando mi sono deciso ad iniziarlo. Non riuscirò mai a spiegare come faccia a scegliere i libri che ho da leggere (e sono tanti, ahimé!) ma avevo capito e sentivo che dovevo leggere proprio questo. Fa parte della categoria dei libri che ti tengono sveglio la notte, che avresti voluto leggere subito, che divori in pochi giorni nonostante la mole di pagine, che ti isolano completamente dal mondo, che non ti accorgi (e non ti importa) che il tempo scorre velocemente intorno a te.

RECENSIONE

La prima impressione che ho avuto, durante la lettura di questo lungo romanzo (600 pagine ma non le senti e divorate in pochi giorni), è la grande abilità di Franzen di riuscire ad entrare nei personaggi che ci narra: all'inizio della storia ci presenta questa coppia del Midwest, Enid e Alfred, due genitori che hanno i loro pregi e difetti e che vivono per rivedere i loro figli. E poi pian piano vivremo letteralmente nelle vite diverse e collegate di ciascun figlio e di tutta la famiglia Lambert: i genitori appunto, il figlio maggiore Gary, sottomesso dalla moglie Caroline (che ho trovato irritante), il secondogenito Chip, ex professore che vive a New York,e l'ultima nata Denise che fa la chef in un importante ristorante di Philadelphia. L'autore è abile nel "riassumerci" un poco a poco tutte le vite di queste persone, dall'infanzia fino all'età adulta ed inevitabilmente senti di provare simpatia e affetto per loro (questo è il punto forte, secondo me, del romanzo e dello stile di Franzen). Io personalmente ho trovato molto di me, come comportamenti e riflessioni personali, da ciascuno di loro, dalla più giovane Denise al più vecchio padre di famiglia, Al. E lo stesso credo accadrà o è già accaduto a chi leggerà o ha già letto questo romanzo fiume.

Il tema del libro sono le correzioni, ovvero ognuno dei protagonisti che conosceremo vive delle vere e proprie correzioni: tutti sbagliano, così come accade a ciascuno di noi. Tutti e tre i figli sono letteralmente fuggiti dai genitori. Forse perché la madre è rimasta con la morale americana degli anni '50, ancora bigotta e critica su tutto, forse perché il padre non riusciva a trasmettere affetto e dimostrava freddezza, insomma le motivazioni di questo distacco dalle radici familiari sono tante e diverse.
Enid è una collezionatrice compulsiva di roba vecchia ed inutile come i buoni della spesa scaduti da anni, candele mai utilizzate, ricette ingiallite, riviste spaiate mai lette, eccetera. Vive soltanto per accudire suo marito come se fosse uno dei suoi figli tornato bambino e per organizzare il Natale coi suoi veri figli. Enid vive accanto ad un uomo che si ostina ad immaginare diverso da quello che è. Decisa a ignorare l'evidente crollo di salute fisica e psichica di Alfred e i fallimenti lavorativi e sentimentali dei figli, ella porta avanti con quell'aggressività tipica delle personalità passivo-aggressive le piccole manipolazioni necessarie per realizzare la sua ossessione definitiva, quella di vedere riunita tutta la famiglia attorno al focolare domestico per un ultimo Natale da trascorrere tutti insieme.
Alfred non fa altro che passare le giornate seduto nella sua poltrona blu preferita (ancora incellofanata) a guardare la tv e a "schiavizzare" sua moglie. Lui è stato un ingegnere ferroviario e adesso è in pensione, soffre di Parkinson e la demenza senile comincia a farsi strada in lui. In Alfred Franzen ha fatto un lavoro eccezionale, riuscendo a descriverci e a presentarci come la malattia, la demenza senile, trasforma l'indefesso lavoratore e severo capofamiglia in un vecchio malato che perde dignità, non riuscendo neanche a lavarsi in bagno.
Gary è un impiegato di banca ed è sposato con Caroline e ha tre figli,tutti maschi, svegli e brillanti. Gary è il figlio maggiore e soffre di depressione (per causa di moglie e figli che sfuggono di continuo al suo controllo, tanto che riescono a non essere presenti alle vacanze di Natale dai nonni). Lui è il figlio meno capito dai suoi genitori ed è naturale che provi invidia verso i suoi fratelli minori, e si rifugia in un materialistico egoismo, non riuscendo a capire fino alla fine della storia i suoi genitori (infatti lui è l'unico dei personaggi che non maturano alla fine, ma rimane come era fin dall'inizio della storia, anche per questo non ho avuto molta simpatia per lui).
Chip, il più intelligente di tutti (ma marcio dentro) è stato licenziato come professore per molestie sessuali su una sua alunna e il sesso e il ribellarsi alle regole sembrano il suo stile di vita, fortunatamente ha un angelo custode di nome Denise. Chip è il mio personaggio preferito, assieme a Denise. Sono riuscito ad empatizzare con loro due, su molti aspetti. Chip è il figlio preferito di Alfred, infatti quando ha bisogno di aiuto lo chiama anche quando sa che lui non c'è. E Chip sarà il personaggio che alla fine del romanzo cambierà completamente e deciderà di prendersi cura dei suoi genitori (ciò che non farà e che ci si aspettava facesse il primogenito Gary che invece ha voltato loro le spalle). Il bello di Chip è questo: come il figliol prodigo della parabola, dovrà prima toccare il fondo per capire i suoi errori e risalire la china, riscattando il suo passato da ribelle.
Denise è il personaggio, secondo me, più positivo e simpatico, è una chef autodidatta molto brava, ma ha un difetto, ovvero non riesce a relazionarsi col prossimo, dovuto soprattutto alla sua difficoltà nel venire a patti con la propria identità sessuale.
Tutti e cinque i personaggi che conosceremo leggendo questo romanzo hanno delle personalità diverse e complesse, dove è facile riscontrare sentimenti di comprensione alternati ad altri di fastidio e disgusto. Franzen sceglie di mostrarci l'animo di loro attraverso una minuziosa descrizione del quotidiano.
Le correzioni del titolo hanno un significato ambivalente: a un livello più immediato, come spiegato dallo stesso autore nell'ultimo capitolo del libro, esse alludono alle "correzioni" verificatesi sul mercato finanziario a fine anni '90 quando il boom economico del decennio precedente inizia a dare segnali di crisi, influendo in qualche modo sulle aspirazioni coltivate da alcuni dei protagonisti. Ad esso si lega un significato più profondo ma chiaramente delineato nel corso dell'intero racconto sotto forma degli "aggiustamenti" che ognuno dei Lambert impone a se stesso e ai suoi familiari per aderire il più possibile ai valori tradizionali e conservatori che hanno costituito il fulcro della società americana del dopo-guerra.

Il romanzo è diviso in cinque capitoli (più una breve premessa, St. Jude e la conclusione con "le correzioni"):
1- Il fallimento (ci parla di Chip)
2- Più ci pensava, più si arrabbiava (ci parla di Gary)
3- In mare (ci parla di Enid e Alfred)
4- Il Generator (ci parla di Denise)
5- Un ultimo Natale (ci parla di tutti insieme e li mette a confronto)
Ci accorgiamo che, ad ogni personaggio e/o protagonista, l'autore ci mostra come partendo da una situazione ideale e apparentemente sotto controllo, piano piano ci accorgiamo invece che inizia lentamente a sgretolarsi mostrandoci la miseria (e la debolezza) in cui è sprofondata la loro vita. Tutti toccano il fondo, come si suol dire, e in modo differenti - quando si riuniranno, a Natale, però, per alcuni di loro la vita sembra riprendersi e migliorare.
E questo lo fa in modo magistrale, che potrebbe ricordarci autori del calibro di Salinger (l'impeccabilità stilistica), Dos Passos (l'universo narrativo) e John Cheever (la visionarietà domestica).
In conclusione credo che sia un buon romanzo, seppur risente di un pessimismo di fondo. Franzen si sforza di dissacrare i valori della società borghese e della famiglia tradizionale, il tutto condito dal binomio letterario americano di famiglia disfunzionale e tardo capitalismo. Se amate le famiglie del Mulino Bianco, allora non leggete questo romanzo, potreste rimanerne altamente sconvolti.
Non per caso all'inizio di questa recensione ho citato Tolstoj, e devo concludere nel dire che Franzen non è il nuovo Tolstoj che ha salvato la letteratura americana, o almeno non ancora. Ma è anche vero che Franzen sa scrivere, è uno scrittore di talento e di alta intelligenza. E non vedo l’ora di leggere Libertà, consapevole che trascorrerò delle piacevoli nottate di lettura.


venerdì 16 luglio 2021

[Recensione] Pace eterna - Joe Haldeman

 


PACE ETERNA || Joe Haldeman || Mondadori || febbraio 2011 || 419 pagine

Anno 2043: guerre sub-nucleari devastano la Terra e i robot telecomandati che massacrano con implacabile efficienza militari e civili preparano il genocidio. Ma due giovani scienziati - Julian Class e Amelia Harding - stanno per fare la scoperta che cambierà tutto. L'arma assoluta, l'arma capace di distruggere non solo il pianeta, ma l'universo intero. Deterrente che tutti aspettavamo o terribile incubo? Il romanzo, ispirato ai temi di Guerra eterna, ha vinto il premio Hugo nel 1998 e ritorna qui in una nuova, accurata traduzione.

RECENSIONE

Rispetto a Guerra Eterna (del quale questo non è il prequel e nemmeno il sequel, seppur il protagonista, anche qua, è un soldato) Haldeman ci narra ancora una volta di un futuro non troppo lontano dove si vive in guerra continua. Rispetto al suo capolavoro, Guerra Eterna, questo Pace Eterna è molto inferiore, ma non è da buttare. Anche se l'autore, come si suol dire in questi casi, c'ha perso la mano, e ad un certo punto avevo quasi deciso di interromperlo.
Cosa accade in questo romanzo? Siamo nel 2043 dove si sta infatti combattendo un conflitto definito subnucleare. I paesi ricchi usano guerrieri meccanici definiti "Unità Combattente Remota di Fanteria" o, più comunemente Soldierboy, enormi armature controllate a distanza da un operatore mediante un collegamento neurale. L'assenza di umani sul campo di battaglia permette di ridurre le perdite pur operando sul territorio, mentre i ribelli, eterogeneo fronte definito collettivamente "Ngumi" (pugno in swahili), impiegano tattiche di guerriglia e terrorismo. Nonostante la superiorità tecnologica occidentale il conflitto non sembra essere prossimo alla fine, anzi si allarga ogni giorno di più e il numero di vittime continua ad aumentare, perlomeno tra i ribelli. Julian Class è uno dei tanti operatori di soldierboy, il suo è un lavoro quasi privo di rischi fisici (perlomeno all'inizio del romanzo), ma le tensioni psicologiche a cui è sottoposto sono terribili. Julian riesce comunque a condurre un'esistenza normale, ha una relazione con Amanda Harding, ma tiene nascosto questo rapporto in quanto lei è bianca e lui di colore, cosa che potrebbe creare dei problemi, dato il risorgere del razzismo nel sud degli Stati Uniti. Julian e Amanda sono scienziati, nonostante lui sia stato richiamato, entrambi insegnano fisica e lei è impegnata nel ciclopico Progetto Giove, un ambizioso esperimento che si propone di indagare le fasi iniziali della creazione dell'universo. Non si può dire che la loro sia un'esistenza tranquilla, ma le cose peggiorano improvvisamente quando due straordinarie scoperte, una relativa al Progetto Giove e l'altra alla connessione degli operatori di soldierboy, li mettono in una situazione di estremo pericolo: stretti tra una catastrofe globale e una setta di pericolosi fanatici Julian e Amanda dovranno lottare per la propria vita e per quella di tutta l'umanità.
Lo consiglio solo agli appassionati.


giovedì 15 luglio 2021

[Recensione] Guerra eterna - Joe Haldeman

 


GUERRA ETERNA || Joe Haldeman || Mondadori || novembre 2003 || 302 pagine

La guerra, ci insegna l'autore, non è mai una cosa piacevole. E in una guerra che dura 1200 anni, le probabilità di sopravvivenza sono prossime allo zero. E parallelamente all'inglorioso svolgersi della Guerra Eterna, vediamo i cambiamenti della società terrestre: mutamenti di abitudini e di prospettive culturali. Il romanzo ha vinto nel 1973 il Premio Nebula e il Premio Hugo.

RECENSIONE

La tematica della guerra affrontata alla Haldeman, ovvero con una visione più disincantata e dolorosa del conflitto rispetto al romanzo Fanteria dello spazio di Heinlein, utilizzando le parole di Giuseppe Lippi. In questo romanzo si sente la ferita sporca del Vietnam, visto che l'autore ne ha preso parte come geniere. E il suo continuo messaggio, sottinteso, che le guerre fanno solo male e distruggono l'essere umano, continua a rimbombare in ogni capitolo, e ci mostra l'orrore di cotal barbare decisioni prese dall'alto: il voler sterminare il "nemico", colui che, come si scoprirà nel finale, in realtà non si conosce e si decide di annientare per paura di conoscerlo per come è davvero. A tratti mi ha ricordato "Il gioco di Ender" di Orson Scott Card, soprattutto nelle parti in cui i soldati si allenavano.


mercoledì 14 luglio 2021

[Recensione] In viaggio con la morte - Oppenheim - Downing - Whitechurch

 


IN VIAGGIO CON LA MORTE || Oppenheim, Downing e Whitechurch || Mondadori || 4 marzo 2021 || 364 pagine

Il nuovo speciale presentato da Mauro Boncompagni risponde alla voglia di evasione e ci porta in viaggio con l’assassino.
Nel volume troverete tre storie, due romanzi e un racconto, dedicati al tema del viaggio, che sia in compagnia di celebrità sportive, durante una tempesta, nelle assolate terre del Messico o su un treno diretto a Londra.
Tra deragliamenti, pluriomicidi e misteriose sparizioni, preparatevi a salire a bordo di uno speciale carico di colpi di scena. In fondo, per citare Miss Marple, «Si sa ben poco delle persone che si incontrano in un viaggio, se non quello che scelgono di dirci».
Nel primo romanzo, “Il corriere scomparso” (The Vanished Messenger) di Edward Phillips Oppenheim, un uomo sfida le tempesta e le avversità per recapitare un messaggio di importanza vitale, chiuso dentro la sua valigetta. Ma durante il viaggio il treno deraglia, e un ragazzo che viaggia con lui, un famoso golfista, si offre di portarlo con sé nella villa di un parente aristocratico. Il corriere è un ospite irrequieto: deve consegnare a ogni costo il messaggio… peccato che il padrone di casa abbia in mente tutt’altri piani per lui.
In “La luce gialla” (Murder on the Tropic) di Todd Downing, l’agente del dipartimento del Tesoro americano Hugh Rennert riceve l’incarico di recarsi in una hacienda messicana per agevolare una transazione. Al suo arrivo, tuttavia, Rennert si ritrova coinvolto in sparizioni, imbrogli e una serie di efferati omicidi. L’enigma si infittisce quando si scopre che tutte le vittime, prima di morire, hanno scorto una misteriosa luce gialla.
E per finire… “Il treno dei misteri” (The Affair of the Corridor Express) di Victor L. Whitechurch, completa lo speciale con un avvincente racconto. Un ragazzo, unico figlio di un milionario, sparisce in maniera inspiegabile da un treno in corsa mentre viaggiava sotto la custodia di un suo docente. L’accompagnatore, disperato, si rivolge a Thorpe Hazell e gli racconta l’accaduto nei minimi dettagli. Starà all’investigatore risolvere l’enigma e ritrovare il… bagaglio perduto!

RECENSIONE

Questo volume contiene due romanzi e un racconto di genere giallo. Li recensirò uno per uno.

Il corriere scomparso (The Vanished Messenger, 1914), E. Phillips Oppenheim
La storia inizia alla fermata del treno dove un corriere, Dunster, dopo un incidente ferroviario, viene portato dal cattivo della storia: Miles Fentolin, personaggio che ricorda i cattivi di James Bond, come il Dottor No, il quale vuole carpirgli un segreto di vitale importanza. Vive arroccato nel suo castello e da lì comanda tutto e tutti, come se fossero marionette nelle sue mani. Ma dovrà fare i conti con l'agente Hamel, vero protagonista di questo thriller un po' datato ma piacevole. L'autore, Oppenheim, era uno scrittore molto prolifico, tanto è vero che nei suoi ultimi quarant'anni di vita scrisse ininterrottamente tutti i giorni. Quasi tutte le sue storie erano di tipo avventuroso - spionistico, che ricordano i film di James Bond. La storia ti tiene incollato alle pagine, l'autore è riuscito molto bene a dosare una crescente dose di suspense di capitolo in capitolo.

La luce gialla (Murder on the Tropic, 1935), Todd Downing
Il detective Rennert accetta di investigare sulla sparizione dell'acqua potabile in una hacienda messicana sperduta nel deserto ma il suo incarico è anche quello di capire cosa c'è dietro all'acquisto della medesima: mentre si trova là scopre che alcune persone vengono avvelenate da qualcuno che forse vuole mettere le mani sulla casa. I protagonisti sembrano tutte brave persone, ma come si sa proprio le apparenze possono ingannare. Un giallo che scende liscio come l'olio, abbastanza godibile.

Il treno dei misteri (The Affair of the Corridor Express, 1899), Victor L. Whitechurch
Unico racconto presente in questa raccolta, mi ha subito fatto pensare a Sherlock Holmes, e infatti in quel periodo venivano scritti tanti racconti che si ispiravano alle celebri gesta dell'investigatore creato da Conan Doyle (Sherlock aveva molti emulatori). Questo racconto ci narra un enigma impossibile: un ragazzo scompare da un treno in corsa e il nostro detective dovrà risolvere il caso basandosi solo sull'osservazione e sulla sua deduzione investigativa.


martedì 13 luglio 2021

[Recensione] Madre notte - Kurt Vonnegut

 


MADRE NOTTE || Kurt Vonnegut || Feltrinelli || novembre 2017 || 206 pagine

Madre notte è il racconto in prima persona di Howard W. Campbell, un americano trasferitosi con la famiglia in Germania dopo la prima guerra mondiale che vi resta anche dopo la presa del potere di Hitler e diventa la voce della propaganda nazista di Goebbels per gli Stati Uniti. All'inizio e alla fine del libro il protagonista si trova in una prigione israeliana, in attesa di processo per crimini di guerra, lì ripensa alla propria vita e decide di scrivere le sue memorie. Nella cella accanto alla sua è rinchiuso anche Eichmann, l'artefice della soluzione finale degli ebrei. Entrambi sono accusati di propaganda nazista e genocidio. Campbell in una serie di flashback e narrazioni secondarie ripercorre gli anni del nazismo, l'arresto, il trasferimento a New York e la decisione di tornare in Israele per farsi processare. Alla fine potrà dimostrare di essere stato un agente dello spionaggio americano, ma se non lo si può più accusare di crimini contro l'umanità, nondimeno su di lui pesano i crimini contro se stesso. Infatti si finisce per essere chi si finge di essere e il confine tra giusto e sbagliato, bene e male, rischia di diventare labile. Campbell arriva anzi ad affermare che occorre a tutti un po' di follia per non sentire il dolore di vivere. Il racconto, presentato come un autentico documento storico, risulta un'attualissima riflessione sulla guerra, la violenza e le loro cause. Dal libro, pubblicato nel 1961, è stato tratto anche un film interpretato da Nick Nolte nel 1996.

RECENSIONE

Un uomo è quel che finge di essere, sicché deve stare molto attento a quel che fa finta di essere

Finalmente riesco a leggere un'altra opera di Vonnegut, che ho apprezzato tantissimo nel suo celebre Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini. Se in Mattatoio veniva affrontata la tematica della guerra, in questa opera si affronta il nazismo e la sua folle propaganda. In entrambe le opere è chiaro il messaggio dell'autore: la guerra è sempre una pessima idea, meglio non farla. E in questo romanzo scritto sotto forma di memorie, ha una morale come ci ricorda all'inizio lo stesso Vonnegut: questo è l'unico dei miei racconti di cui conosca la morale. Noi siamo quel che facciamo finta di essere, sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere.

La genialità di Vonnegut è quella di riuscire a narrarci eventi tragici e complessi come la seconda guerra mondiale in modo diretto e semplice, e soprattutto ironico, cosa non facile per tutti. Anzi, per pochi. E poi il suo stile è davvero inimitabile.

Il protagonista è una spia nazista addetta alla propaganda antisemita che si pente di quello che ha fatto e decide di auto accusarsi facendosi arrestare. Quindi, in carcere, in attesa di sapere se verrà condannato o meno, decide di scrivere un libro di memorie, formato da brevi capitoli che riassumono tutto quello che ha vissuto. E Vonnegut ci farà riflettere proprio su questo: è lecito perdonare una persona che ha fatto tanto male? Quali sono i confini che ci fanno determinare se una persona è buona o cattiva?

Dite quel che volete del sublime miracolo di una fede senza dubbi, ma io continuerò a ritenerla una cosa assolutamente spaventosa e vile.

Questa opera ci fa riflettere sul lato umano delle persone, naziste o meno che siano state. Howard può essere contemporaneamente un eroe e un mostro, un buono e un cattivo.

Curiosità: il protagonista del romanzo, Howard W. Campbell, è ispirato alle figure realmente esistite di William Joyce e di Ezra Pound.


lunedì 12 luglio 2021

[Recensione] Il re, il cuoco e il buffone - Daniel Kehlmann

 


IL RE, IL CUOCO E IL BUFFONE || Daniel Kehlmann || Feltrinelli || aprile 2021 || 320 pagine

L'Europa si è lasciata andare al sonno della ragione. Imperversano ovunque caos e dissoluzione. L'invenzione della stampa ha sconvolto le menti e il continente. Il veleno della propaganda alimenta il fanatismo religioso. Nato in un piccolo villaggio nella Germania del Seicento, il piccolo Tyll scappa, con la fedele amica Nele, dopo che suo padre, appassionato di astri ed erbe, viene mandato al rogo con l'accusa di stregoneria. Malgrado la Guerra dei trent'anni, la fame e il cattivo tempo, prima come saltimbanco che balla in bilico sulla fune e incanta e irride gli astanti, poi come buffone alla corte del tragicomico Re d'inverno, Tyll non muore, anzi. Tra boschi stregati, pentacoli e quadrati magici, incontra molte celebrità della sua epoca, come il gesuita egittologo Athanasius Kircher, alla ricerca di un drago con il cui sangue vuole creare una medicina contro la peste, o il re di Svezia Gustavo Adolfo Vasa, circondato dai suoi rudi soldati sul campo di battaglia. Tyll sopravvive alla storia e ai potenti, e diventa testimone eccellente di un passato europeo denso di parallelismi con i nostri tempi, mostrandoci con la comicità disperata della rassegnazione l'immenso orrore e la grande bellezza di cui siamo capaci.

RECENSIONE

Era da tempo che non compravo un libro a caso, senza conoscere né l'autore né la storia. Sarò sincero: l'ho scelto perché mi aveva attirato il titolo, che mi ricordava un film di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ma dopo ho capito perché non compro più libri alla cieca: per il motivo che al 90 % mi deludono, come in questo caso, purtroppo. Anzi, devo ammettere che questo è, fino ad ora, il peggiore libro che ho letto nel 2021. Quando sento il bisogno di interrompe la lettura di un libro e di non finirlo più, è grave per me. Significa che mi sta annoiando a morte. Non mi sono piaciuti i personaggi, men che meno il protagonista principale (una sorta di giullare acrobata giocoliere), né la trama, né lo stile, né le battute. Infine i salti temporali tra un capitolo e l'altro non aiutano la lettura ma ti confondono soltanto.

sabato 10 luglio 2021

[Recensione] La donna del fango - Joyce Carol Oates

 


LA DONNA DEL FANGO || Joyce Carol Oates || Mondadori || 26 febbraio 2013 || 432 pagine

"Devi essere preparata" dice la donna con voce calma, e nel silenzio della notte lungo una strada tortuosa estrae dalla borsa di tela delle forbici. Preparata a cosa? Le sue parole risultano incomprensibili alla bambina che tra poco verrà abbandonata sulle rive melmose del Black Snake River, sotto un cielo cupo dove i corvi volano alti.
Preparata lo è sempre, Meredith "M.R." Neukirchen.
La prima donna rettore di un'università della Ivy League non è tipo da lasciarsi cogliere alla sprovvista.
La sua dedizione alla carriera e il fervore morale con cui vi si dedica sono esemplari, e finora le hanno fatto affrontare ogni ostacolo, ogni nemico senza timori, uscendo trionfante da tutti i conflitti. Adesso però i molti fili, più o meno segreti, della sua vita rischiano di intrecciarsi in un groviglio che potrebbe mettere a dura prova la sua sicurezza: un amore da tenere nascosto, il clima politico negli Stati Uniti che stanno per scendere in guerra contro l'Iraq, le insinuazioni imprevedibili di uno studente. E poi c'è un incauto viaggio in macchina che la spinge in luoghi remoti, al contempo intimamente familiari e irriconoscibili: quella strada tortuosa lungo il fiume melmoso, la bimba del fango, il Re dei Corvi, un'intera vita che M.R. Neukirchen crede di essersi lasciata alle spalle...
Joyce Carol Oates dà vita a un mondo dove il passato bussa implacabile alle porte del presente, pronto a mettere in questione ogni divisione pacificata tra il mondo dell'infanzia e quello dell'età adulta, tra il presente di successo costruito con fatica e i demoni di un passato tenuto a distanza, tra la perfetta apparenza pubblica e una tumultuosa vita interiore.
E ci pone di fronte a domande cruciali: quanto è labile, nelle nostre vite, il confine tra realtà e immaginazione? Può una donna perdersi nel proprio passato e trovare nei suoi fantasmi la forza per nascere un'altra volta? 

RECENSIONE

Prima opera della Oates che leggo, un'autrice americana scoperta per caso in tv su Rai 5. In questo romanzo le tematiche che ricorrono, che si inseguono, sono: il passato, la memoria, la ricerca di sé, la violenza e l'incomunicabilità. Inizialmente mi sono smarrito fra le sue pagine, ero completamente frastornato, soprattutto dopo aver letto i primi capitoli, visto quello che accade alla povera piccola bambina abbandonata da sua madre. Onnipresente la morte, l'oppressione, il sentirsi rifiutati, il trovare un senso a una vita che era stata gettata via come un rifiuto. Il difficile rapporto di questa donna, ormai matura e rettrice di un importante università, che non riesce ad avere un rapporto stabile con gli uomini, che si chiude in se stessa, che prova ad avere compassione degli altri, ma che invece continua a ricevere violenze su violenze. Il suo passato triste e oscuro, pieno di dolore e di trauma, continua a bussare al cuore di M. R. fino ad arrivare ad un punto in cui sarà lei, in automatico, a ribellarsi (ma non posso dire cosa fa altrimenti spoilerizzo troppo). La capacità dell'autrice consiste nel riuscire a farti sentire, dentro la pelle, il dolore di questa povera donna, e tifi per lei affinché si possa riprendere, e perché possa finalmente rinascere e rispolverare il proprio passato per migliorare il suo presente.
Ci sentiamo incompleti come la Meredith, anzi, direi fatti in mille pezzi, incapaci di giudicarla, o comunque capaci di schierarci a suo favore. Ma l'importante è che la protagonista, dal passato che può portare ad un vortice di follia, riesca lentamente a risalire alla vita e riesce a ritrovare suo padre (e non solo), ormai vedovo, e così prova a riconciliarsi col suo tenebroso passato.

Quella che ci presenta, senza censure, la Oates, è una storia sulla nostra identità: La nostra verità più profonda sta nel nostro sé originario e la ri-creazione di noi stessi è solo un carapace? O l’autenticità sta in una nuova ed evoluta identità e la nostra storia passata è inutile come la vecchia pelle di un serpente?
La bellezza dello stile di questa autrice è che riesce a passare dal mito e dalla favola ad emozioni e brividi del noir macabro e dell’horror psicologico. È un romanzo fiume, lessicalmente ricco, sintatticamente complesso. Per il traduttore Costigliola, una delle maggiori difficoltà nel tradurla, «è la scansione della prosa che si allarga per cerchi concentrici. Bisogna fare molta attenzione a non perdere il filo».


venerdì 9 luglio 2021

[Recensione] Nascita del superuomo - Theodore Sturgeon

 


NASCITA DEL SUPERUOMO || Theodore Sturgeon || Mondadori || Giugno 2003 || 200 pagine

Sei esseri soli al mondo scoprono di avere ognuno un meraviglioso talento: mettendosi insieme possono formare un tutto unico d'infinita potenza. Il primo è un'idiota, un erculeo bambino che non sa nè pensare nè parlare, ma che ha la facoltà di leggere i pensieri negli occhi degli altri. La seconda è una ragazzina che può far muovere gli oggetti al comando del pensiero. Poi ci sono due gemelle nere che possono teletrasportarsi a piacere, un bambino mongoloide che vive nel silenzio, il cui cervello funziona però come un calcolatore elettronico, e infine un ragazzo di otto anni che ha gli istinti di un giovane delinquente, ma un'intelligenza e una forza di comando quasi sovrumane. Unendosi, questi esseri fanno parte come di un unico organismo che acquista una sua potente, devastante personalità.

RECENSIONE

Iniziamo male con la traduzione: correttamente il titolo non doveva essere reso "Nascita del superuomo" (ricorderebbe un certo Nietszche) ma "Più che umano".
I protagonisti del romanzo non sono affatto dei Superuomini, ma anzi, al contrario - ritorna ancora il tema caro all'autore, già emerso in Cristalli sognanti e che rivivrà in Scultura lenta ed altre narrazioni -, addirittura i diversi, i reietti, coloro che noi, esseri umani normali, nella nostra convinta certezza di superiorità e perfezione, che ci impedisce di scorgere più in là della superficie delle cose, consideriamo dei minorati fisici o psichici. Una bimba in grado di operare prodigi di telecinesi, due gemelle nere con un handicap di fonazione ma in grado di apparire e scomparire a volontà, un neonato mongoloide confinato in una culla, il povero idiota del villaggio: rispettivamente il cuore, gli arti, il cervello e la coscienza morale ed etica dell'Homo Gestalt, l'iniziale piccolo gradino da cui muoverà i primi passi una nuova e migliore forma di umanità.

Il libro è in realtà la fusione di tre racconti scritti da Sturgeon separatamente.
- L'idiota da favola (1953): vengono introdotti i singoli individui: un idiota, un vagabondo minorato mentale con la capacità di leggere nel pensiero; una ragazzina con il dono della telecinesi; due gemelle che possono teletrasportarsi dove vogliono; un bambino mongoloide, silenzioso ma con un cervello paragonabile ad un calcolatore elettronico; e per finire un ragazzo intelligente e con fortissime attitudini al comando. Tramite un'affascinante e struggente sotto-trama narrativa, all'interno della quale sono anche esplorate le più elementari necessità primordiali, viene narrata la loro lenta presa di coscienza di far parte di un organismo unico ma che allo stesso tempo garantisce l'individualità di chi lo compone.
- Il bambino ha tre anni (1952): il periodo di gestazione della nuova specie, quello di "attività ancora non completamente consapevole" se vogliamo. L'espediente narrativo usato da Sturgeon in questo capitolo è quello della digressione (la storia si svolge interamente nello studio di uno psichiatra), e l'intrecciarsi tra sensazioni e pensieri presenti e passati delinea l'idea di un organismo potente, in grado di fare cose indicibili, sovrumane.
- Moralità (1953): splendido capitolo finale in cui prende il sopravvento la netta consapevolezza che un qualcosa di così unico possa risultare instabile, pericoloso e non rispondere ad alcuna regola morale, proprio perché facente parte di una comunità che non esiste e di cui lui è l'unico esemplare. Grazie ad un lento lavoro di recupero, l'evoluzione culmina e si completa nelle ultime, stupende pagine del libro in cui l'Homo Gestalt si rende infine conto di essere anch'egli parte di un gruppo di individui, con tutto ciò che ne consegue.

Non male, ma pecca di un finale stupido (a mio avviso) visto che Gerry aveva assassinato la sua "madrina" e poi dopo un breve sermone del soldato scienziato (quello che è) sulla morale/etica diventa di colpo un bravo ragazzo. Al di là di queste ingenuità è davvero stato un romanzo notevole negli anni '50 che ha rivoluzionato l'intera scena della fantascienza (ci trovavamo nella mitica età dell'oro, mica cotica).


giovedì 8 luglio 2021

[Recensione] L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello - Oliver Sacks

 


L'UOMO CHE SCAMBIÒ SUA MOGLIE PER UN CAPPELLO || Oliver Sacks || Adelphi || 23 giugno 2001 || 320 pagine

"Sono un appassionato lettore di storie cliniche... ma non ho mai letto dei racconti psicologici così intensi come quelli narrati da Oliver Sacks nell'Uomo che scambiò sua moglie per un cappello... È un libro che vorrei consigliare a tutti: medici e malati, lettori di romanzi e di poesia, cultori di psicologia e di metafisica, vagabondi e sedentari, realisti e fantastici. La prima musa di Sacks è la meraviglia per la molteplicità dell'universo." (Pietro Citati)

RECENSIONE

Semplicemente questo libro è una raccolta di alcuni dei casi clinici che il neurologo Oliver Sacks ha affrontato nella sua vita.
Oliver Sacks è un neurologo, ma il suo rapporto con la neurologia è simile a quello di Groddeck con la psicoanalisi. Perciò Sacks è anche molte altre cose: «Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse anche sono insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall’aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l’uomo cade radicalmente in preda alla malattia». E anche questo va aggiunto: Sacks è uno scrittore con il quale i lettori stabiliscono un rapporto di tenace affezione, come fosse il medico che tutti hanno sognato e mai incontrato, quell’uomo che appartiene insieme alla scienza e alla malattia, che sa far parlare la malattia, che la vive ogni volta in tutta la sua pena e però la trasforma in un «intrattenimento da Mille e una notte». Questo libro, che si presenta come una serie di casi clinici, è un frammento di tali Mille e una notte – e ciò può aiutare a spiegare perché abbia raggiunto negli Stati Uniti un pubblico vastissimo. Nella maggior parte, questi casi – ma Sacks li chiama anche «storie o fiabe» – fanno parte dell’esperienza dell’autore. Così, un giorno, Sacks si è trovato dinanzi «l’uomo che scambiò sua moglie per un cappello» e «il marinaio perduto». Si presentavano come persone normali: l’uno illustre insegnante di musica, l’altro vigoroso uomo di mare. Ma in questi esseri si apriva una voragine invisibile: avevano perduto un pezzo della vita, qualcosa di costitutivo del sé. Il musicista carezza distrattamente i parchimetri credendo che siano teste di bambini. Il marinaio non può neppure essere ipnotizzato perché non ricorda le parole dette dall’ipnotizzatore un attimo prima. Che cosa vive, se non sa nulla di ciò che ha appena vissuto?
Rispetto alla normalità, che è troppo complessa per essere capita, e tende a opacizzarsi nell’esperienza comune, tutti i «deficit» o gli eccessi di funzione, come li chiama la neurologia, sono squarci di luce, improvvisa trasparenza di processi che si tessono nel «telaio incantato» del cervello. Ma queste storie terribili e appassionanti tendono a rimanere imprigionate nei manuali. Sacks è il mago benefico che le riscatta, e per pura capacità di identificazione con la sofferenza, con la turba, con la perdita o l’infrenabile sovrabbondanza riesce a ristabilire un contatto, spesso labile, delicatissimo, sempre prezioso per i pazienti e per noi, con mondi remoti altrimenti muti. Questo è il libro di un nuotatore «in acque sconosciute, dove può accadere di dover capovolgere tutte le solite considerazioni, dove la malattia può essere benessere e la normalità malattia, dove l’eccitazione può essere schiavitù o liberazione e dove la realtà può trovarsi nell’ebbrezza, non nella sobrietà».
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è stato pubblicato per la prima volta a Londra nel 1985.


mercoledì 7 luglio 2021

[Recensione] Gli zii di Sicilia - Leonardo Sciascia

 


GLI ZII DI SICILIA || Leonardo Sciascia || Adelphi || 31 dicembre 1992 || 241 pagine

Pubblicato nel 1958 nei «Gettoni» di Vittorini, poi di nuovo nel 1961 con l’aggiunta di un importante racconto, L’antimonio, che è un po’ un romanzo interrotto, Gli zii di Sicilia è la prima apparizione di Sciascia come narratore puro, fabulatore di storie che qui sono della Sicilia e della Spagna (la guerra civile nell’Antimonio). Con voce sommessa e ferma, con una sorta di energia compressa, raccolta in sé, lo Sciascia narratore disegna il suo primo territorio. E subito si riconoscono certi suoi tratti essenziali: l’attenzione alle cose e al dettaglio, il confronto perenne fra la Sicilia e il mondo (il libro si avvia con quell’evento subito favoleggiato che fu lo sbarco degli Alleati), la lucidità nel cogliere i paradossi, gli inganni e le beffe della storia (nella Morte di Stalin come anche nell’Antimonio). Mentre, dalla bocca di uno dei suoi personaggi, ascoltiamo una confessione che, letta oggi, potrebbe valere da epigrafe per tutta l’opera di Sciascia: «E mi sentivo come un acrobata che si libra sul filo, guarda il mondo in una gioia di volo e poi lo rovescia, si rovescia, e vede sotto di sé la morte, un filo lo sospende su un vortice di teste umane e luci, il tamburo che rulla morte. Insomma, mi era venuto il furore di vedere ogni cosa dal di dentro, come se ogni persona ogni cosa ogni fatto fosse come un libro che uno apre e legge: anche il libro è una cosa, lo si può mettere su un tavolo e guardarlo soltanto, magari per tener su un tavolino zoppo lo si può usare o per sbatterlo in testa a qualcuno: ma se lo apri e leggi diventa un mondo; e perché ogni cosa non si dovrebbe aprire e leggere ed essere un mondo?».

RECENSIONE

Leonardo Sciascia, coltissimo e celebre scrittore siciliano, in questa raccolta ci presenta alcuni suoi racconti molto belli e tutti ambientati in Sicilia:
1) La zia d'America, dove ci narra l'arrivo degli Americani in un piccolo paesino siciliano e dell'amicizia tra il fanciullo protagonista della storia e un soldato americano;
2) La morte di Stalin, dove conosciamo un ciabattino comunista fin nel midollo che non si da pace nel difendere l'operato del suo idolo, Stalin appunto, ma dovrà presto ricredersi;
3) Il quarantotto (per me il racconto migliore del libro) dove Sciascia ci narra le vicende del barone Garziano, fervente monarchico che ben presto vedrà l'arrivo di Garibaldi (siamo nel 1848 appunto);
4) L'antimonio, un romanzo incompiuto qui presentato come un racconto, dove il protagonista, un ex zolfataro, decide di partire per la guerra in Spagna e dove capirà che la guerra è una gran brutta cosa.
Che dire, Sciascia ha uno stile davvero alto, riesce a interessarti ai movimenti politici delle epoche che ci narra, soprattutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, e ti fa scoprire con grande maestria la storia della nostra cara Sicilia, terra che da sempre è stata invasa, conquistata, ha visto troppo sangue versarsi nelle sue calde terre. E poi riesce con grande lucidità a cogliere i numerosi paradossi, gli inganni e le beffe della Storia.
Assolutamente uno dei miei autori italiani preferiti, e del quale leggerò tutte le sue opere.


martedì 6 luglio 2021

[Recensione] La leggenda di Sigurd e Gudrún - J.R.R. Tolkien

 


LA LEGGENDA DI SIGURD & GUDRUN || J.R.R. Tolkien || Bompiani || 1 ottobre 2009 || 436 pagine

II libro racconta due leggende intrecciate, quella di Sigurd e quella di Gudrun, presenti anche nella saga dei Nibelunghi. Di Sigurd (Sigfrido), vengono narrate le imprese eroiche, volute dalla madre per vendicare la morte di Sigmund, fino alla conquista della valchiria Brynhildr (Brunilde), che Sigurd "risveglia" dal suo sonno simbolico. Sarà proprio per amore di Brunilde che Sigurd morirà, ucciso per volere di un suo altro pretendente. Di Gudrun, inconsolabile vedova di Sigurd, leggiamo invece la storia di vendetta; Gudrun, infatti, straziata dal dolore per la perdita di Sigurd, giura di vendicarne la morte. Sposa quindi Affila (Atli), re degli Unni, e attira i fratelli e il loro uomo di fiducia Hagen (Hogni) in una trappola mortale: dopo una feroce battaglia, riesce a catturarli e li uccide, poi li da in pasto al marito, che assassina dopo questa orribile punizione.

RECENSIONE

Scusate la prolissità.
Il materiale che Christopher Tolkien, figlio terzogenito di John Ronald Reuel Tolkien ed esecutore testamentario scelto dal padre, ha dato alle stampe in oltre tre decenni, a partire dalla versione de Il Silmarillion (1977), quattro anni dopo la morte dell'autore, è enorme: è incredibile quanto materiale il caro Tolkien sia riuscito a scrivere (ma non a pubblicare), una quantità così alta che ancora non siamo giunti alla fine e che il figlio Christopher sta attualmente continuando a catalogare e a ordinare per darlo alle stampe. Quindi oggi è grazie a Christopher che abbiamo la possibilità di poter leggere (e che goduria) Il già citato Silmarillion, una sorta di Bibbia della Terra di Mezzo, I figli di Hurin (una storia che ci descrive la prima Era della Terra di Mezzo e che ha molte somiglianze, tra l'altro, con la Leggenda di Sigurd e Gudrun), Sir Gawain e il Cavaliere Verde (Edizioni Mediterranee, 2009), Racconti perduti, Racconti ritrovati, Racconti incompiuti e tanta altra roba. E tra queste perle inedite pubblicate dopo la morte di Tolkien fino ad oggi, possiamo ritrovarci tra le mani il non meno importante, rispetto a Il Signore degli Anelli, La Leggenda di Sigurd e Gudrun, che ci svela l'altra faccia di Tolkien, dai più ignorata o sconosciuta da quella del Tolkien narratore, ovvero quella del Tolkien studioso, medievalista, filologo e mitologo. Egli ad un certo punto della carriera universitaria entrò in contatto con E.V. Gordon, esattamente nel 1922, col quale scoprirà l'epica medievale studiando il Sir Gawain and the Green Knight, che riprese tale poema in inglese moderno pur effettuandone una versione poetica straordinaria. Ma adesso focalizziamoci sulla nostra opera: ora che l'ho letta ho compreso come Tolkien svilupperà le idee per Lo Hobbit e per il Signore degli Anelli, nati grazie appunto agli studi che egli fece sia di quest'opera che dei miti nordici. Grande studioso della poesia norrena, conosciuta come Edda antica o Edda poetica, egli scrisse due opere poetiche in cui riprendeva la leggenda dei Volsunghi (o dei Nibelunghi): opere scritte in inglese moderno ma con la metrica norrena. Tali poemi erano "Il nuovo lai dei Volsunghi" e "Il nuovo lai di Gudrun", che attingono alla sua profonda conoscenza dell'Edda poetica e della lingua norrena (un islandese antico). Secondo Christopher Tolkien si dedicò allo studio e alla stesura di questi due poemi non più tardi del 1935 (ma non ne è sicuro), dopo aver interrotto Il lai di Leithian (la leggenda di Beren e Luthien, che potete leggere ne Il Silmarillion) verso la fine del 1931. E il figlio ritrovò un'annotazione del padre che, datata 29 gennaio 1968, diceva: "Credo di avere da qualche parte un lungo poema inedito chiamato Volsungakvida en nyja, scritto in fornyrdislag, in stanze di otto versi, in inglese. Un tentativo di organizzare il materiale dell'Edda che tratta di Sigurd e Gunnar." Purtroppo la lettura di questi due poemi non è per niente facile, soprattutto se non siamo esperti studiosi di leggende nordiche in lingua originale, e Christopher ne è ben consapevole al punto che ha deciso di inserire, oltre al testo originale, i commenti e le note personali di Tolkien, seppur incompleti e non sempre facili da comprendere. La poesia dell'antico norvegese si basa sulle antiche mitologie e religioni locali, risalenti a non si quando né dove; leggende e racconti popolari, storie d'eroi, nate nel corso di parecchi secoli e prospettivamente schiacciate insieme dal teleobiettivo del tempo, alcune locali e preistoriche, altre echeggianti eventi storici del Sud, altre, locali anch'esse, ma risalenti all'epoca vichinga o a poco dopo. Dai Goti vennero le rune e dai Goti venne Odin (Gautr), il dio della saggezza runica, dei re e dei sacrifici. Odin era considerato il più grande degli dèi nordici. Si può dire che lo spirito di queste composizioni è stato considerato un ramo del comune spirito germanico e si ritrova il Godlessness, "assenza di Dio": porre la fiducia unicamente in sé stessi e nella propria indomabile volontà. Comunque in Islanda si raccolsero in forma scritta le opere poetiche. L'Edda minore e Edda in prosa di Snorri Sturluson è una devota raccolta di frammenti, scritta allo scopo di aiutare a capire e a scrivere la poesia che richiedeva una conoscenza del mito. Ma di questa Edda tanto citata cosa ne è rimasta oggi? Un solo manoscritto è rimasto, il numero 2365-4° della Collezione Reale di Copenaghen, noto col nome Codex Regius, esso contiene 29 composizioni, del quale ne rimangono solo 45 fogli. Purtroppo sono andate perdute 16 facciate. L'Edda poetica è una raccolta di composizioni di grande diversità, scritte da poeti vissuti anche a secoli di distanza tra loro. Gran parte dei canti eroici parla della storia dei Volsunghi, ma i canti sono disordinati e lacunosi, e la quinta segnatura del Codex Regius è scomparsa molto tempo fa, con la perdita di tutta la trattazione centrale della leggenda di Sigurd. Allora ci può venire in aiuto la leggenda nordica dei Volsunghi, la Volsunga Saga, dove ci viene narrata il destino dell'intera razza dei Volsunghi, a partire dall'antica origine di Sigmund, padre di Sigurd, e proseguendo fino alla caduta dei Nibelunghi e alla morte di Attila (Atli) e oltre. Ma torniamo al nostro Tolkien: egli così rispose alla domanda circa lo scopo delle sue composizioni sulla falsariga di quegli antichi poemi in norreno: "Come presente poeta, ho inteso che l'antica leggenda simboleggiasse la prudenza e la saggezza umane e come esse siano accompagnate ogni volta dalla follia e dal male che finiranno per sconfiggerle, ma solo per far nascere un eroismo ancora più grande, una saggezza più profonda."
Quella che leggerete è un'antica leggenda del Nord, dove c'è un drago da sconfiggere, lotte tra popoli diversi, matrimoni e promesse infrante, magie, dei ed eroi, entrerete in un universo tragico e in balia del Fato, un universo (parafrasando Gianfranco De Turris) ancestrale indoeuropeo le cui tracce sono rimaste in molte culture delle origini. Passioni violente, giuramenti traditi, folli vendette, omicidi terribili, parricidi, incesti, suicidi, lotte familiari, guerra per la conquista di una donna, morti atroci, spietatezza, crudeltà, riti pagani, disprezzo dei pavidi e dei vigliacchi, e tanta tanta altra roba. Ripeto, non è una lettura per niente facile, ma ve la straconsiglio: ne uscirete fuori davvero cambiati. E capirete cosa significa davvero epica, leggenda e mito. E non le schifezze innominabili che vengono pubblicate a palate e che si definiscono storie mitiche e leggendarie. Si vede che alcuni autori non conosceva l'epica norrena, e peggio per loro (e per i lettori che gli vanno dietro). Ricordate: la cultura va coltivata, continuate a cercare e a studiare, soprattutto sui testi antichi.


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