mercoledì 31 marzo 2021

[Recensione] Harry Potter e la camera dei segreti - J. K. Rowling

 


HARRY POTTER E LA CAMERA DEI SEGRETI || Salani || J. K. Rowling || 28 ottobre 1999 || 307 pagine

Harry Potter è ormai celebre: durante il primo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ha sconfitto il terribile Voldemort, vendicando la morte dei suoi genitori e coprendosi di gloria. Ma una spaventosa minaccia incombe sulla scuola: un incantesimo colpisce i compagni di Harry uno dopo l'altro, e sembra legato a un antico mistero racchiuso nella tenabrosa Camera dei Segreti. 

RECENSIONE

Harry stavolta dovrà affrontare un pericoloso mostro che si cela nella cosiddetta Camera dei Segreti. Seconda avventura del giovane maghetto Harry Potter, si legge con scorrevolezza e piacere.

lunedì 29 marzo 2021

[Recensione] La casa senza tempo - A. E. van Vogt

 


LA CASA SENZA TEMPO || A. E. van Vogt || Mondadori || 23 gennaio 1966 || 176 pagine

«Qualcuno ha costruito la Grand House, è ovvio», disse la donna. «Ma chi?» Questa domanda (aggiunge Van Vogt ) irritò Stephens, perché lo riportava ancora una volta in un mondo di fantasia che ormai non gli interessava più. Quanto a noi non crediamo che l'irritazione. di Stephens sarà condivisa dai lettori. Tanto più che nella domanda in questione c'è la chiave non solo di tutto il romanzo, ma - per così dire - di tutto Van Vogt: il quale ha la specialità di saper «riportare in un mondo di fantasia» anche chi crede che un simile mondo, ormai, non possa interessargli più.

RECENSIONE

Allison Stephens scopre una strana setta antica, forse di origine Azteca, composta da enigmatici personaggi che nascondono tutti lo stesso segreto: vivere per sempre!
Si sente il peso della storia, molto statico e arrugginito nella narrazione, ma l'idea di una casa che rende le persone che la abitano immortali (e viene spiegato il perché) è certamente affascinante.


venerdì 26 marzo 2021

[Recensione] Musica per organi caldi - Charles Bukowski

 


MUSICA PER ORGANI CALDI || Charles Bukowski || Gennaio 2013 || 256 pagine

Musica per organi caldi raccoglie trentasei racconti di un Bukowski familiare e nuovo al contempo. Familiare perché, dopo essersi cimentato con le strutture del romanzo, torna al passo narrativo del racconto, che gli è particolarmente congeniale, ma anche nuovo, perché in queste pagine, spregiudicate e anche feroci, crea le sintesi più felici del proprio repertorio formale e contenutistico. Se da una parte, infatti, ci troviamo di fronte ai personaggi che tradizionalmente popolano queste storie di ordinaria follia, a un'umanità sbracata e litigiosa, sfrenata e beona, dall'altra Bukowski mette a fuoco con maggiore intensità ed essenzialità le gesta dei suoi eroi, che diventano tanto più straordinari quanto più si muovono nelle dimensioni di una ostentata banalità. Della musica che accompagna le tragicommedie della vita quotidiana Bukowski sa cogliere in modo impareggiabile i sottofondi umoristici e poetici, le note patetiche e inquietanti.

RECENSIONE

Questa raccolta di racconti di Bukowski non mi ha coinvolto come le precedenti due lette in queste giornate estive. Anzi alcuni racconti li ho trovati anche fastidiosi. Per il resto nulla di nuovo. Peccato. (recensione scritta ad agosto 2016)

mercoledì 24 marzo 2021

[Segnalazione] Abbandonare un gatto - Haruki Murakami

Nei suoi romanzi e racconti Murakami ha creato un’infinità di mondi, e ne ha svelato ogni segreto ai lettori. Ma c’è una dimensione in cui la sua penna non si è quasi mai avventurata: la sua vita. Con Abbandonare un gatto, Murakami scrive per la prima volta della sua famiglia, e in particolare di suo padre. Ne nasce un ritratto toccante, il racconto sincero del «figlio qualunque di un uomo qualunque ». E forse proprio per questo speciale. A tradurre in immagini questo delicato racconto autobiografico, le invenzioni di uno dei piú importanti illustratori contemporanei, Emiliano Ponzi, che con i suoi colori aggiunge poesia alla poesia in un’edizione unica al mondo. Il primo memoir del grande autore giapponese: un racconto inedito per un Murakami inedito.



L'AUTORE

Murakami Haruki è nato a Kyoto nel 1949 ed è cresciuto a Kobe. È autore di molti romanzi, racconti e saggi e ha tradotto in giapponese autori americani come Fitzgerald, Carver, Capote, Salinger. Con La fine del mondo e il paese delle meraviglie Murakami ha vinto in Giappone il Premio Tanizaki. Einaudi ha pubblicato Dance Dance Dance, La ragazza dello Sputnik, Underground, Tutti i figli di Dio danzano, Norwegian Wood (Tokyo Blues), L'uccello che girava le Viti del Mondo, La fine del mondo e il paese delle meraviglie, Kafka sulla spiaggia, After Dark, L'elefante scomparso e altri racconti, L'arte di correre, Nel segno della pecora, I salici ciechi e la donna addormentata, 1Q84, A sud del confine, a ovest del sole, Ritratti in jazz (con le illustrazioni di Wada Makoto), L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Sonno, Uomini senza donne, La strana biblioteca (con le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti), Vento & Flipper, Gli assalti alle panetterie (illustrato da Igort), Il mestiere dello scrittore, Ranocchio salva Tokyo (con le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti), L'assassinio del Commendatore. Libro primo e L'assassino del commendatore. Libro secondo. Einaudi ha anche pubblicato in uniform edition nei Super ET, con le copertine di Noma Bar: L'arte di correre, L'elefante scomparso, L'uccello che girava le Viti del Mondo, Norwegian Wood, Dance Dance Dance, La ragazza dello Sputnik, Nel segno della pecora, Kafka sulla spiaggia, I salici ciechi e la donna addormentata, La fine del mondo e il paese delle meraviglie, Tutti i figli di Dio danzano, After Dark, Underground, A sud del confine, a ovest del sole, Uomini senza donne, L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Vento & Flipper, Il mestiere dello scrittore e, con Ozawa Seiji, Assolutamente musica.

lunedì 22 marzo 2021

[Recensione] L'avvoltoio - Franz Kafka

 


L'AVVOLTOIO || Franz Kafka || Ricci || giugno 1978 || 133 pagine

L’Avvoltoio è un breve racconto pubblicato da Kafka nel 1920, esso descrive una vicenda surreale e con un finale tragico che venne suggerita a Kafka da un sogno fatto nel 1911. Il volume, oltre a questo racconto, ne contiene altri dieci, che consentono di entrare nell'inquietante mondo kafkiano da una prospettiva non meno affascinante di quella dei grandi romanzi. Preziosa l'introduzione di J. L. Borges.

RECENSIONE

Questo libro è una raccolta di racconti di Franz Kafka, scrittore boemo. Ne contiene esattamente 11. Ben noto è che tutta l'opera di Kafka è caratterizzata da atmosfere tetre, angoscianti, dove l'individuo lotta contro il destino avverso e da dove ne esce sempre sconfitto. Non a caso egli è considerato un acuto interprete delle paure della società europea del primo Novecento.

Il racconto più breve di questa raccolta è il primo, L'avvoltoio (1920), dove il protagonista racconta di essere tormentato da un avvoltoio che gli becca con violenza i piedi. Un passante, che giunge quando ormai i piedi sono lacerati, chiede al protagonista perché mai non reagisse per scacciare il feroce volatile: nonostante il tormento sembra essergli indifferente e costretto ad accettarlo. Allora il passante va a procurarsi un fucile per eliminare il volatile: e l’avvoltoio lo capisce e subito si slancia in un affondo attraverso la bocca dell’inerme, spingendosi dentro le sue viscere: “sentii, liberato, che nel mio sangue straripante, di cui erano piene tutte le cavità, l’avvoltoio affogava irrimediabilmente”. Questo brevissimo racconto è certamente ispirato alla leggenda di Prometeo che viene tormentato da un aquila. Il protagonista per liberarsi dalla tortura deve pagare con la vita.

Nel secondo racconto, Il digiunatore (1922), narra una sorta di esperimento umano: una persona decide di digiunare e tutti i passanti possono osservarlo giorno dopo giorno. Qua Kafka ci da una visione del darsi dell'arte, della scrittura nel suo caso. Questo racconto lo scrisse negli ultimi anni di vita, roso dalla tubercolosi e costretto a spostarsi da un sanatorio all'altro fino all'insorgere di una laringite tubercolare che lo inchioderà a un progressivo silenzio e, appunto, digiuno.

In Primo dolore (1922) troviamo un giovane trapezista di abilità straordinaria che non vorrebbe mai scendere dalla corda. il titolo sembra alludere al primo momento di un cammino di crescita: il dolore di cui si parla è una raggiunta consapevolezza, il primo grado di una cognizione che si realizza pian piano, come il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Per il trapezista ogni residuo, ogni frammento di comunicazione fra il mondo normale degli uomini e lo spazio trascendente a cui tendono ne impedisce l’assoluta giustificazione e realizzazione.

Un incrocio (1917) è una bestia, un incrocio tra un gatto e un agnello. In una delle sue ultime lettere a Felice Bauer, Kafka aveva scritto di se stesso che non poteva avere “né famiglia né amici; parla altresì del coltello del macellaio ebreo come mezzo per la sua redenzione. Possiamo quindi concludere che, narrando della bestia, Kafka parla di se stesso, affermando di non avere familiari e di desiderare la morte. Si tematizza la problematica dell’identità e del ruolo di un essere strano all’interno dei sistema familiare. Il “gatto”, con la sua vitalità e la sua aggressività, potrebbe simboleggiare l’eredità da parte della famiglia paterna, l'”agnello”, invece, la famiglia materna Löwy, più pacifica e di tradizione più spirituale.

Lo stemma cittadino (1920) ci riporta alla leggenda narrata nella Bibbia in Genesi 11: la costruzione della Torre di Babele. Kafka però ci dice che non fu ultimata non perché gli uomini non riuscivano a capirsi, quindi per mancanza di comunicazione, ma per scelta: una volta concordata l’idea essenziale di costruire una torre celeste – idea che, «una volta concepita nella sua grandezza, non potrà più scomparire» – non c’è fretta di procedere. Dato lo stato attuale dell’architettura, non si può sperare di finire la Torre nell’arco di una generazione, e chiunque vi lavorasse lo farebbe sapendo che non la vedrà mai compiuta; non è più sensato rimandare finché le conoscenze non si siano perfezionate, così da garantire di portare a termine il lavoro nel tempo di una vita umana? Nell’attesa si abbellisce la città nata attorno al cantiere. Sorgono liti per faccende di proprietà; i capi prendono a pretesto le liti per rimandare ulteriormente l’inizio dei lavori; ci si distrae arricchendo i quartieri, originando nuove contese. In questo modo si prosegue per generazioni, incapaci tuttavia di abbandonare la città.

Kafka ci parla ancora della Torre di Babele nell'ultimo racconto della raccolta, Durante la costruzione della muraglia cinese (1917), dove possiamo indovinare cosa intende egli per Babele: la direzione che coordina i lavori ha deciso di costruire la Muraglia per frammenti isolati, così che gli operai non fossero sconfortati dall’immensità dell’impresa; questo ha fatto sì che in essa restassero dei vuoti, destinati tuttavia a non essere colmati, perché non c’è chi possa percorrerla tutta e ripararli. La Muraglia è quindi difettosa fin dalla progettazione. è inutile, perché concepita come difesa contro i barbari del Nord, troppo lontani per costituire un pericolo; eppure essa sola è in grado di fornire «fondamenta sicure per una nuova Torre di Babele».

Si tratta di due Babeli differenti, perché differente è ciò che rappresentano. Nella Costruzione della Muraglia Cinese, la Babele eternamente rinviata non è Babele; è l’Impero. Ma anche questo è inesatto: perché quel che Babele e l’Impero significano, quel che hanno in comune, è precisamente il fatto che non possono significare alcunché. Ne Lo stemma della città la Torre, a suo modo, c’è: l’essenziale di tutta l’impresa non è la Torre fisica, ma l’idea di costruirla, la quale è tanto grande che non potrà mai venir meno; «finché esisteranno uomini esisterà anche lo strenuo desiderio di ultimare la costruzione della Torre». Similmente esiste per il popolo l’Imperatore presente: com’è illustrato dal Messaggio dell’Imperatore, parabola contenuta all’interno del racconto, ogni suddito crede che l’Imperatore in punto di morte abbia affidato a un messaggero un messaggio indirizzato a lui; ma tanto grande è l’Impero che il messaggero non riuscirà mai a raggiungere il destinatario, e se lo raggiungerà il messaggio non sarà più quel che era in partenza – sarà la parola di un re morto, mentre quel che il suddito aspetta è la parola di un re vivo. Ogni costruzione umana, alla luce di questo altrove, è provvisoria.

In Prometeo (1918) Kafka riferisce le variazioni del mito sull’eroe che rubò il fuoco, la luce, agli dei. Quattro leggende riassunte in poche righe, come appunti interrotti. La prima è quella tradizionale: “…fu inchiodato al Caucaso, …e gli dei gli mandavano aquile a divorargli il fegato sempre ricrescente”. Le ultime tre non sembrano diversi epiloghi del suo supplizio, ma la concatenazione dello stesso evento.
Prometeo per il dolore si ritrae sempre più nella parete di pietra, fino a diventare roccia egli stesso. Prometeo è dimenticato da tutti, dagli dei e dalle aquile. E’ dimenticato il suo tradimento.
Tutti si stancano di lui che non ha più motivo di essere; anche la sua ferita si stanca di sanguinare e così si richiude.
L’enigma rimane per Kafka la montagna rocciosa. La leggenda contiene sempre un fondo di verità, scrive, e riesce a spiegarsi solo nell’inspiegabile: anche lui vuole dimenticare Prometeo, senza permettergli salvezza. E’ del tutto trascurato, infatti, l’epilogo della storia, raccontato da Eschilo: Eracle libera il titano. Il semidio si fa tramite degli dei e degli uomini e riconduce l’equilibrio perduto.

Sciacalli e arabi (1917): in questo racconto, uno sciacallo si spinge sotto il braccio del narratore che sta dormendo accampato in un'oasi in mezzo agli arabi. Gli parla del conflitto tra sciacalli ed arabi. Questi ultimi sono da disprezzare, nonostante la loro fredda superbia, perché uccidono le bestie per mangiarle e disprezzano le carogne. Essi, gli arabi, solo con la loro presenza infettano l'aria. Sudicia è la loro barba orrenda, i loro occhi e il cavo delle loro ascelle è l'inferno. Per questo gli sciacalli amano il deserto. Vogliamo "purezza, soltanto purezza", dice il vecchio sciacallo, mentre gli altri singhiozzano e piangono, per cui sarà lui, l'uomo del Nord, tanto atteso, a compiere giustizia e gli offrono una forbice per uccidere gli arabi. Ma il capo degli arabi si sveglia e li frusta, poi porta loro in dono un cammello appena morto. "Bestie meravigliose non è vero? E come ci odiano!" afferma l'arabo. Addomesticare l'odio con la forza della necessità è il gioco dell'arabo, secondo Kafka.

Nel racconto Relazione per un'accademia (1917) il professor Rotpeter ci racconta la sua vicenda personale di scimmia che ha dovuto reprimere la propria natura per adeguarsi a quella da uomo pur di avere una via di fuga dalla condizione di cattività in cui era caduto. Come ci tiene a ribadire durante l’esposizione, non è stata la voglia di libertà a fargli trovare la soluzione per uscire dalla gabbia in cui lo avevano rinchiuso gli uomini che lo avevano catturato, ma la necessità di trovare una via di fuga. La libertà, infatti, sebbene puntasse a riconquistare lo status quo contemplava numerosi rischi, e soprattutto metteva in pericolo la propria vita, la via di fuga, invece, puntando solo ad uscire dalla condizione in cui era – su una nave rinchiuso in una gabbia con la faccia verso un baule – comportava meno rischi. Questa scelta, presa con la pancia, così come fanno le scimmie, segna l’inizio di una nuova vita per Rotpeter: la sua rinascita come uomo. La commistione uomo-animale è ancora più plausibile perché ciò che si verifica in Rotpeter è solo una sorta di accelerazione del concetto darwiniano di evoluzione: la scimmia che si ingegna per trovare una soluzione a un problema e, una volta giunta allo stadio più avanzato, è impossibilitata dal tornare indietro.

In Undici figli (1917) un padre ci descrive i suoi undici figli, che in realtà sono gli undici racconti che Kafka sta o ha scritto. 

Un fatto di ogni giorno (1917) è un altro racconto presente in questa raccolta. 


venerdì 19 marzo 2021

[Recensione] Caino dello spazio - Sandro Sandrelli

 


CAINO DELLO SPAZIO || Sandro Sandrelli || Mondadori || novembre 2008 || 334 pagine

Caino dello spazio, il racconto più lungo della raccolta, per la sua complessità può essere considerato un vero e proprio romanzo: durante la guerra contro gli spaventosi hurok, la gravità della missione fa scoppiare un caso di coscienza. Accanto ai temi avventurosi ma dai risvolti drammatici dei due romanzi brevi (l'altro è I ritorni di Cameron Mac Clure), un ventaglio di scenari sorprendenti. Quelli de "La falce", con la sua allucinante città deserta e viva, o l'enigmatico inferno del "Ladro trascendente": Completano il volume "Nuovo viaggio per Cithera", "La selva oscura", "Le ultime trentasei ore di Charlie Malgol" (il primo racconto di Sandrelli, pubblicato nel 1949) e "Avventura di due nobili cuori".

RECENSIONE

Caino dello spazio è una raccolta di sei racconti e di due romanzi brevi di Sandro Sandrelli, autore italiano di fantascienza.
Sandrelli ha un gusto innegabile per l'avventura ed è l'elemento che si riscontra in tutti i suoi lavori. Il paesaggio extraterrestre, la pazzesca invenzione scientifica, l'avvenimento paradossale sono temi che si ritrovano nei suoi racconti. In ogni racconto egli utilizza due registri di scrittura: il grottesco e il tragico. Ogni suo lavoro è sempre intriso di un forte pessimismo forse conseguenza del suo pensiero personale.
Nei due romanzi brevi (Caino dello spazio, che da il titolo all'opera, e I ritorni di Cameron Mac Clure) i protagonisti si ritrovano da soli a lottare contro una realtà tanto vasta quanto indefinibile: in loro c'è la traccia di quell'eroicismo romantico, ottocentesco, che ama procedere per forti contrasti e tinte tragiche. L'umanità che ci pennella Sandrelli, come ci dice lo studioso Vittorio Curtoni in un saggio finale presente nell'antologia, sia dal punto di vista del singolo individuo che a livello di razza, appare stanca, sfiduciata; altre creature sono destinate a prendere il nostro posto. L'uomo, ci dice Sandrelli, ha due grossi difetti: da un lato è ambizioso, e quindi cerca di piegare la scienza a scopi egoistici; dall'altro è megalomane, e quindi ama rischiare oltre il lecito.

Vi consiglio la lettura delle opere di questo autore italiano, anche se non siete amanti della fantascienza, autore purtroppo poco conosciuto.


giovedì 18 marzo 2021

[Segnalazione] Una rabbia semplice - Davide Longo

Vincenzo Arcadipane ha cinquantacinque anni, un matrimonio fallito alle spalle e un futuro che non promette granché. In più, negli ultimi tempi, si è convinto di avere smarrito l’istinto che lo guidava nelle indagini. Ma quando una donna viene picchiata fuori da una stazione della metropolitana di Torino e il colpevole rintracciato in poche ore, è proprio l’istinto a suggerirgli che qualcosa non torna in quel caso dalla soluzione elementare. Decide quindi di approfondire, con l’aiuto di Corso Bramard, vecchio capo e mentore, e dell’irrequieta agente Isa Mancini: una squadra collaudata cui si aggrega uno strano ex poliziotto dai tratti ossessivi. Insieme si troveranno a scoprire le regole di un gioco folle e letale, una discesa nel mondo sotterraneo della Rete che, girone dopo girone, li porterà là dove «si sbrigano le faccende che non hanno bisogno di occhi».



L'AUTORE

Davide Longo è nato a Carmagnola, non lontano da Torino, nel 1971. Nel 2014 ha scritto il primo romanzo della serie che ha come protagonisti Arcadipane-Bramard Il caso Bramard (Feltrinelli 2014, Einaudi 2021), cui è seguito il secondo Le bestie giovani (Feltrinelli 2018, Einaudi 2021) e il terzo episodio della serie Una rabbia semplice (Einaudi 2021). Vive a Torino e quando può nella sua casa di montagna in Valle Varaita, dove ha creato il progetto di ospitalità e scrittura AlfaBaita (www.alfabaita.com – coming soon). Da tempo insegna scrittura presso la Scuola Holden e tiene corsi di formazione per gli insegnanti su come utilizzare le tecniche narrative nelle scuole di ogni grado.

lunedì 15 marzo 2021

[Recensione] Sull'amore - Hermann Hesse

 


SULL'AMORE || Hermann Hesse || Mondadori || Gennaio 1992 || 190 pagine

La felicità è amore, nient'altro.
Felice è chi sa amare.
Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa senta se stessa e percepisca la propria vita.
Felice è dunque chi è capace di amare molto.
Ma amare e desiderare non è la stessa cosa.
L'amore è desiderio fattosi saggio;
l'amore non vuole avere;
vuole soltanto amare.

RECENSIONE

Questa è una raccolta di fiabe, racconti brevi, estratti, citazioni, poesie e riflessioni di Hesse sull'amore. Per Hesse non è mai interessante la "storia d'amore" in quanto tale, ma l'esperienza amorosa rappresenta di norma solo una delle tante possibili vicende del complesso percorso di costruzione/decostruzione dell'identità individuale che i suoi protagonisti attraversano. L'esperienza amorosa è sempre concepita come esperienza squisitamente interiore. L'esperienza amorosa dell'età matura si presenta, oltre che come transito verso la riconquista dell'elemento materno, del doppio aspetto o della sofferenza dovuta a un amore fedele ma impossibile, o della libertà consentita da un amore possibile perché infedele. Se vuole vivere l'amore non deve "voler avere", non deve mirare al possesso. L'essenziale è che colui che ama non si fissi mai su un oggetto fortuito come di una "molla" che permetta all'amore sia di nascere, sia di rivolgersi ben presto ad altri oggetti. Il vagabondaggio, per l'autore, è la cifra stessa di un'esistenza degna di essere vissuta: l'incessante ricerca, il coraggio di rischiare e di perdersi, la tensione infinita a un'autenticità che solo nel profondo dell'anima è raggiungibile sono elementi che costituiscono il tema centrale e permanente della sua opera.
Per Hesse l'amore universale è il culmine dell'amore, che si riassume nella massima evangelica "ama il prossimo tuo". Ciò che possiamo e dobbiamo trasformare siamo noi stessi. L'amore è un'esperienza esclusivamente interiore: lo stato di amore equivale a uno stato di grazia dello spirito e dei sensi. Chi ama è più vivo, la sua vita ha più significato, il suo spirito è in fermento, i suoi sensi sono acuiti e gli trasmettono emozioni più forti.

Vi lascio con una sua massima: il male nasce sempre dove l'amore non basta.


venerdì 12 marzo 2021

[Recensione] Alba di fuoco - Clive Cussler

 


ALBA DI FUOCO || Clive Cussler || Longanesi || 1 giugno 2011 || 522 pagine

Le affascinanti profondità marine celano tesori e misteri meravigliosi e inimmaginabili, che sfidano il tempo e la memoria. Nessuno lo sa meglio di Dirk Pitt, direttore della Numa, e del suo braccio destro Al Giordino, che al mare hanno dedicato la vita e la professione. Ma questa volta c’è un inspiegabile filo rosso che lega una galera romana affondata nel Mediterraneo da un attacco di pirati nel 327 d.C. e una nave da guerra britannica, misteriosamente scomparsa nel 1916 al largo delle isole Orcadi. Un filo rosso di sangue che porta fino ai giorni nostri, a una serie di violenti attentati a danno di moschee al Cairo e a Istanbul, che rischiano di far precipitare la situazione già molto tesa del Medio Oriente.
Solo Dirk Pitt può venirne a capo, aiutato dai suoi figli Dirk jr e Summer, in un’avventura senza respiro che li porterà dai vicoli di Gerusalemme ai castelli della campagna inglese, allo splendido palazzo del Topkapi, in fuga da un’oscura e terribile organizzazione capeggiata da un criminale sadico che cova un folle sogno di grandezza. Fino a una scoperta sensazionale, che potrebbe rimettere in discussione la Storia e le sue verità. Ma il prezzo da pagare per gli eroi della Numa sarà molto alto. 

RECENSIONE

In questa ventunesima avventura del direttore della NUMA, Dirk Pitt, tutta ambientata nel Mediterraneo (quindi a due passi da casa mia) ritroviamo un Pitt che, nonostante i suoi 64 anni ben portati, riesce ancora a salvarsi dai guai causati, stavolta, da veri e propri terroristi pronti a tutto pur di restaurare il vecchio impero ottomano. Ma è anche - e soprattutto - un'avventura degna di Indiana Jones, con scavi, ritrovamenti leggendari (i sandali e un ritratto di Gesù), fughe al cardiopalma, ricerche teologiche e, a tratti, potrebbe anche ricordare il Dan Brown de Il codice Da Vinci. Stavolta la presenza dei figli di Pitt, Dirk e Summer, ci stava, anche se i momenti vissuti assieme sono sempre pochi. Bello l'inizio, degno del miglior film di James Bond, con Pitt e la relativa consorte Loren che fuggono inseguiti dai terroristi (e Pitt ha pure il tempo per guidare un'auto d'epoca).
Spero di leggere presto le altre due nuove avventure di Dirk Pitt, ovvero La freccia di Poseidone e Havana Storm.


mercoledì 10 marzo 2021

[Segnalazione] Il mistero della pittrice ribelle - Chiara Montani

Firenze 1458. Lavinia, ferma davanti alla tela, immagina come mescolare i vari pigmenti: il rosso cinabro, l’azzurro, l’arancio. Ma sa che le è proibito. Perché una donna non può dipingere, può solo coltivare di nascosto il sogno dell’arte. Fino al giorno in cui nella bottega dello zio arriva Piero della Francesca, uno dei più talentuosi pittori dell’epoca. Lavinia si incanta mentre osserva la sua abile mano lavorare all’ultimo dipinto, La flagellazione di Cristo. L’artista che ha di fronte è tutto quello che lei vorrebbe diventare. E anche l’uomo sembra accorgersene nonostante il contegno taciturno e schivo. Giorno dopo giorno, Lavinia capisce che la visita di Piero nasconde qualcosa. Del resto sulle sponde dell’Arno sono anni incerti: il papa è malato e sono già cominciate le oscure trame per eleggere il suo successore. E Piero sa più di quello che vuole ammettere. Il sospetto di Lavinia acquista concretezza quando lo zio viene ingiustamente accusato dell’uccisione di un uomo e Piero decide di indagare. Ma Lavinia questa volta non vuole restare in disparte. Grazie alla vicinanza dell’artista, che fa di tutto per proteggerla, per la prima volta comincia a guardare il mondo con i propri occhi. Perché lei e Piero sono entrati in un quadro in cui ogni pennellata è tinta di rosso sangue e ogni dettaglio è un mistero che arriva da molto lontano. Perché la pittura è un’arte magnifica, ma può celare segreti pericolosi. 

Chiara Montani trascina il lettore per le vie della Firenze rinascimentale e tra le opere di Piero della Francesca, un artista che ha fatto la storia della pittura. Lo immerge nella vita di una giovane donna che vede le sue ambizioni soffocate dalle leggi non scritte del tempo. Lo cattura in un vorticoso susseguirsi di eventi in cui le ragioni dell’arte si intrecciano con quelle della politica e della religione. Un esordio che rimbomba come un tuono.

L'AUTRICE

Chiara Montani, architetto di formazione, ha lavorato nel campo del design, della grafica e dell’arte, esplorando varie tecniche e materiali, e partecipando a esposizioni in Italia e all’estero. Specializzata in arteterapia, conduce da anni atelier sulle potenzialità terapeutiche del processo creativo.

Ecco il suo sito internet: CHIARA MONTANI 

martedì 9 marzo 2021

LA PICCOLA FIAMMIFERAIA - fiaba di Andersen

Oggi vi narro una delle più celebri fiabe di Hans Christian Andersen: la piccola fiammiferaia. È l'ultimo giorno dell'anno. La Piccola Fiammiferaia è una bambina che si trova in strada, al freddo, a tentare di vendere fiammiferi. Non sta riuscendo a venderne neppure uno, in quanto la gente rifiuta sempre i suoi fiammiferi trattandola in malo modo, e sta soffrendo terribilmente il freddo, ma non osa tornare a casa perché teme la reazione che il padre avrebbe vedendola rientrare senza un soldo di incasso...




lunedì 8 marzo 2021

[Recensione] Cleopatra - Alberto Angela

 


CLEOPATRA || Alberto Angela || Harper Collins || 27 novembre 2018 || 480 pagine

Il mondo di oggi non sarebbe lo stesso senza Cleopatra, una donna di potere, intelligente e abile che appartiene all’immaginario collettivo universale, ma la cui figura storica è ancora per molti aspetti avvolta nel mistero e non priva di risvolti enigmatici.
Alberto Angela ha deciso di ricostruire le vicende della regina che in un certo senso ha conquistato Roma, rintracciando fonti storiche e accompagnandoci per mano, con il suo stile inimitabile, tra le caotiche strade della capitale del mondo antico, l'esotico porto di Alessandria d'Egitto e i sanguinosi campi di battaglia, alla scoperta di persone, storie, usi e costumi.
Solo un autore come lui è in grado di farci rivivere in prima persona il ventennio che ha segnato un cambio epocale nella storia romana, dall'uccisione di Giulio Cesare, che decreta la fine della Repubblica, alla morte di Antonio e Cleopatra (la cui tomba non è ancora stata ritrovata) fino alla nascita dell'Impero con Augusto al potere.
Un viaggio nel tempo in bilico tra Occidente e Oriente, per riscoprire con uno sguardo nuovo un periodo storico affascinante e convulso, ricco di intrighi e guerre che hanno segnato il nostro presente e contribuito a rendere il mondo il luogo che oggi tutti noi conosciamo.

RECENSIONE

Alberto Angela ha voluto ricostruire gli anni più importanti vissuti dall'ultima regina di Egitto, Cleopatra, partendo dall'assassinio di Giulio Cesare fino al suo ultimo amore, Marco Antonio. Se cercate un saggio incentrato solo sulla figura di Cleopatra allora avete sbagliato libro, perché si parla anche di lei ma non solo di lei: l'autore parla soprattutto delle vicende politiche di Roma soffermandosi soprattutto su Giulio Cesare, Marco Antonio e Ottaviano. Non saprei come definire il genere di questo saggio, potremmo definirlo una ricostruzione romanzata e ipotetica delle vicende di Cleopatra nei suoi ultimi nove anni di vita, con descrizioni dei palazzi e degli usi che si facevano a quel tempo. Potrei definirlo un interessante libro divulgativo che approfondisce, in modo leggero e appassionato, quegli anni di vita di Cleopatra tra Cesare e Marco Antonio.


venerdì 5 marzo 2021

[Recensione] Il sosia - Fëdor Dostoevskij

 


IL SOSIA || Fëdor Dostoevskij || Feltrinelli || Gennaio 2015 || 240 pagine

A differenza del tradizionale sdoppiamento del protagonista in un personaggio buono e uno cattivo, come in Stevenson, o dello sdoppiamento della personalità in base a contraddittorie proprietà in essa contenute, Dostoevskij crea un sosia, per così dire, mobile, cioè che muta e varia continuamente insieme con lo stesso Goljàdkin. Infatti, quando troviamo per la prima volta Goljàdkin-junior in ufficio, egli ci appare ancora timido e umile, e la sera stessa chiede aiuto a Goljàdkin-senior recitando la parte di chi chiede umilmente compassione, il che risulta molto gradito a Goljàdkin-senior. Ma il giorno seguente, dimentico dei giuramenti di amicizia, egli dà inizio alla sua subdola scalata del mondo impiegatizio, privando in tal modo l'originale di tutto ciò che quello vorrebbe ottenere, e cioè il rispetto dei colleghi, le lodi dei superiori, l'amicizia del suo antico benefattore. È notevole il fatto che Goljàdkin-junior raggiunga il suo successo grazie alla furberia e all'inganno, e cioè proprio quelle qualità che Goljàdkin-senior ama condannare negli altri. Il signor Goljàdkin-junior è allo stesso tempo simile e dissimile dal suo originale: è simile per la sua appartenenza al piccolo e arido mondo impiegatizio, per la sua brama di far carriera, di essere il migliore di tutti; invece è dissimile perché è 'un altro', un 'non io', un rivale... - Oga Belkina.

RECENSIONE

Ammetto che di Dostoevskij ho solo letto Delitto e castigo e questa è la seconda opera che leggo di questo autore russo, che scrisse in età giovanile (aveva 25 anni). Il tema principale di questo romanzo breve è quello del doppio. Un modesto impiegato di San Pietroburgo di nome Goljadkin è goffo e impacciato al lavoro e in breve si vedrà crollare tutto quanto perché, scopriremo presto, soffre di manie di persecuzione (vede nemici ovunque) soprattutto quando viene rifiutato e gettato fuori dalla casa della donna di cui è innamorato perdutamente: da quel momento, da solo in mezzo alla neve, conoscerà il suo sosia, in realtà una sua proiezione immaginaria (diremmo una sua allucinazione), che lo porterà progressivamente a impazzire.

Da una parte abbiamo un Goljadkin timido, insicuro, privo del saper comunicare, dall’altra un Goldjakin spavaldo, irrispettoso, diabolico, ribelle. Il doppio scaturisce dalla psicosi dissociativa di cui soffre il protagonista, quindi nel romanzo è presente anche il tema della malattia mentale che porta l’uomo all’annientamento della sua personalità. Altri temi sono la solitudine e l’emarginazione, infatti il protagonista è povero, misero e solo, e può solo confidare a se stesso le proprie pene.

Nonostante il tema sia affascinante la lettura di questo romanzo breve non è stata scorrevole ma un po' confusa, disordinata, a tratti non riuscivo a comprendere quello che stava accadendo, anche perché lo stesso autore utilizza molto la tecnica dei monologhi interiori, metodo molto efficace per descriverci l'aumentare della confusione mentale del protagonista. L'autore comunque è bravo nel descriverci questa malattia, questa insofferenza che cresce sempre di più nel protagonista fino all'epilogo in cui viene spedito dal suo medico al manicomio. E poi l'ambientazione è cupa, nevica sempre, umida, aiuta a far smarrire ancora di più la follia del povero Goljadkin.


mercoledì 3 marzo 2021

[Segnalazione] La direttrice d'orchestra - Maria Peters

Tutti la chiamano Willy, ma lei si chiama Antonia come ha voluto la donna che l'ha messa al mondo e subito abbandonata in un istituto di Rotterdam, in Olanda. Siamo agli inizi del Novecento e la famiglia che l'ha adottata si trasferisce negli Stati Uniti in cerca di fortuna. A New York, Antonia viene indirizzata giovanissima alla carriera sicura di dattilografa da una madre adottiva assai poco amorevole. Ma le sue mani, che battono rapide sulla tastiera, nascondono ben altre doti. Perché nella Terra delle grandi opportunità, anche Antonia ha un sogno da realizzare: diventare una direttrice d'orchestra. E quando lascia l'ufficio, corre al suo secondo lavoro di maschera in una sala da concerti, per pagarsi le lezioni di pianoforte. Nel 1926, dopo un durissimo esame di selezione, Antonia viene ammessa (unica donna) al più maschile dei corsi di una maschilissima istituzione: la classe di direzione d'orchestra al Conservatorio della città. E sarà solo l'inizio di un percorso solcato da innumerevoli ostacoli e pregiudizi. L'incontro fortuito con il rampollo di una famiglia di aristocratici non le sarà d'aiuto, ma le dischiuderà le vette e gli abissi dell'amore. Quando però perde il lavoro e la madre la caccia di casa, si trova davanti a una scelta molto difficile. Partire per l'Europa e dedicarsi completamente alla carriera musicale, o restare negli Stati Uniti insieme all'uomo che ama? 

L'AUTRICE


Maria Peters è una produttrice, regista e sceneggiatrice olandese. Oltre al romanzo La direttrice d’orchestra, la vita di Antonia Brico le ha ispirato la sceneggiatura e la regia del film The Conductor (2018).

martedì 2 marzo 2021

Ritorno al futuro (1985)


Marty, simpatico ragazzotto americano, ha un amico particolare: uno scienziato il quale ha sottratto un carico di plutonio a un gruppo di terroristi libici per alimentare la sua "creatura": una macchina del tempo dentro un'auto! Da questo momento i guai inizieranno per il nostro protagonista, che verrà spedito nel passato dove conoscerà i suoi genitori che hanno la sua stessa età e dove la sua presenza metterà in pericolo il continuum temporale passato e futuro. 




La mia video recensione:





lunedì 1 marzo 2021

[Recensione] L'ispettore Cadavre - Georges Simenon

 


L'ISPETTORE CADAVRE || Georges Simenon || Adelphi || 1 aprile 1999 || 153 pagine

Per tutti, dalle vecchiette appostate dietro le tendine smosse ai ragazzini che poco prima lo avevano superato girandosi a guardarlo con insolenza, lui era l’intruso, l’indesiderabile. O, peggio ancora, era qualcuno di cui non ci si poteva fidare, venuto da chissà dove a fare chissà che cosa. Sarà stato anche per via di quegli sguardi che lo spiavano, ma il commissario, che camminava con le mani sprofondate nelle tasche del pesante cappotto, si sentiva come uno di quegli squallidi personaggi tormentati da un vizio segreto che si aggirano nei paraggi della porte Saint-Martin o altrove con le spalle curve e lo sguardo sfuggente, rasentando le case per prudenza alla vista di un agente della Buoncostume. Era forse un riflesso della triste figura di Cavre? Ebbe quasi voglia di mandare a prendere la sua valigia dai Naud, di salire sul primo treno e di andare dal giudice Bréjon per dirgli: «A Saint-Aubin non mi vogliono... Suo cognato se la sbrogli da sé...».

RECENSIONE

Il commissario Maigret si trova ad indagare fuori Parigi, in un paesino piccolo di provincia, invitato in maniera non ufficiale da un suo amico giudice: un ragazzo è stato travolto da un treno, ma ben presto il Nostro scoprirà che era stato prima ucciso e poi gettato sui binari.

Ritrovo un Maigret silenzioso, chiuso in sé, meditabondo e non pare interessargli più di tanto scoprire la verità del delitto ma preferisce, come sempre, lasciarsi assorbire dalle personalità degli abitanti e dei presunti protagonisti della sua indagine. Un Maigret che non sembra più lui, quasi si sdoppia, quasi si lascia andare. Ma dopo qualche capitolo di "sbandamento" ritorna ad essere quell'acuto investigatore che non può fare a meno di essere (ce l'ha nel sangue), spinto anche dal fatto che non è l'unico ad indagare al caso: difatti segue e incontra spesso una sua vecchia conoscenza, l'ispettore Cavre che lui ha soprannonimato Cadavre (cadavere) per il suo aspetto lugubre, doppiogiochista. Lo infastidisce il fatto che questo collega lo anticipa nelle mosse e nei ragionamenti, arrivando sempre prima di lui, ma vedremo che gli manca una dote indispensabile a un vero segugio e che ha solo Maigret: il sesto senso che ti porta a capire come si sono svolte davvero le cose. Solo il commissario riesce ad inzupparsi delle reazioni e dei ragionamenti dei protagonisti della vicenda, riuscendo a ricostruire cosa li ha spinti a compiere determinate azioni.

Riconfermo che leggere Simenon è sempre un piacere, era uno scrittore appassionato e che riesce a farti appassionare alle indagini.


[Recensione] Charlie Chan e il cammello nero - Earl Derr Biggers

  CHARLIE CHAN E IL CAMMELLO NERO || E. Derr Biggers || Newton Compton || 2012 || 188 pag. Shelah Fane, celebre star del cinema, viene uccis...