lunedì 25 marzo 2024

[Recensione] I vigliacchi - Josef Škvorecký

 


I VIGLIACCHI ||  Josef Škvorecký || Rizzoli || 1958 || 345 pagine

Siamo nel maggio del 1945, a Kostalec, una cittadina cecoslovacca. L'esercito tedesco è in rotta e le truppe sovietiche sono ormai vicine. I maggiorenti di Kostalec, che stanno organizzando la "rivoluzione", hanno formato una specie di governo provvisorio e un quasi farsesco esercito nazionale, non tanto per combattere i tedeschi, quanto per mantenere l'ordine (il proprio ordine) contro la minaccia di una rivoluzione vera. Ai momenti di euforia della popolazione, che ha già imbandierato la città e cancellato le scritte naziste, si alternano momenti di panico e anche di sangue, fino all'arrivo dei russi. Tutto ciò nelle otto giornate in cui è suddiviso il libro, che Škvorecký immagina scritto dal protagonista stesso. Questi fa parte di un gruppo di ragazzi e di ragazze i quali sono riusciti a formare un'orchestrina jazz che occupa interamente, insieme con l'amore, la loro esistenza. Soprattutto per il protagonista, Danny, il jazz e Irena sono l'unico ideale concepibile di vita per cui valga la pena di ribellarsi contro il vecchio conformismo. Trascinato anche lui nella "rivoluzione" dal proclama del governo provvisorio, puntualmente registra nel diario i suoi pensieri e le sue imprese, che lo vedono prima come obbediente pattugliatore inquadrato regolarmente nei ranghi, poi "sparatore" irregolare. Tali imprese sono tuttavia compiute non per difendere un ideale (la patria o la rivoluzione), ma semplicemente per far bella figura davanti a Irena.
Intorno ai protagonisti si muove un fitto coro di personaggi: i nobili della città, chiusi nel Castello, indaffarati nei preparativi della fuga; i prigionieri inglesi e mongoli; le SS superstiti; il generale sovietico che si presenta sorridente sulla tribuna del comitato d'onore ove è accolto dalla raffica del mitra di un attentatore sfortunato. Il generale è pronto a freddarlo, sempre sorridendo, con un colpo di pistola.

RECENSIONE

Ci troviamo in una piccola città cecoslovacca, Kostelec, alla fine della Seconda guerra mondiale, esattamente nel mese di maggio del 1945. Questo paesino è nel caos perché i tedeschi non se ne sono andati del tutto, i comunisti sono già presenti e potrebbe nascere una rivoluzione ceca. Se non bastasse, vi sono anche un gran numero di prigionieri di guerra (zingari sfollati e vittime dei campi di concentramento liberati dalla prigionia) i quali si diffondono a sciami per la cittadina alla ricerca di cibo e letti.

Il protagonista che ci narra la sua storia in una sorta di diario giornaliero (otto giorni) è un giovane sassofonista, Danny, che ha solo due pensieri: la sua cotta per Irena (non corrisposta perché lei già è impegnata con un altro) e il jazz, infatti fa parte di una piccola banda jazz. Danny ci guiderà nella sua vita quotidiana fatta di prove musicali, paura che arrivino i russi, pattugliamenti e innamoramenti.

L'autore, Josef Škvorecký, in questo romanzo ci mostra quanto la guerra sia una bestia assurda e difficile da capire e da affrontare dalle persone normali: i capi della città sono dei codardi, parlano di rivoluzione e poi al momento del bisogno hanno paura di attaccare i tedeschi o anche i comunisti (è anche vero che non sono soldati quindi rischierebbero di rimetterci la pelle!).